Sono passati ormai quasi cinque anni dall’omicidio di Gloria Pompili, la 23enne di Frosinone massacrata di botte in una piazzola di sosta di Prossedi nella notte tra il 23 e il 24 agosto del 2017, mentre stava tornano in Ciociaria dove viveva con i due figli all’epoca dei fatti di 2 e 5 anni. Un caso difficile, anche a livello giudiziario, che seppure si è chiuso in Cassazione con la condanna a 20 anni della zia e il compagno, vede attualmente imputata un’assistente sociale di 72enne accusata di non aver denunciato i maltrattamenti ai quali era sottoposta la 23enne e i suoi figli.
Le responsabilità dell’assistente sociale
Proprio nel processo a carico dei parenti è, infatti, emerso che la giovane mamma veniva costretta a prostituirsi e che insieme ai suoi due bambini era sottoposta a continue e costanti maltrattamenti. Fatti dei quali secondo la Procura di Frosinone l’assistente sociale, incaricata di seguire la 23enne e i suoi figli, era al corrente, ma non è intervenuta denunciando quanto succedeva. Per questi fatti il magistrato inquirente ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio della 72enne.
Non denuncio i maltrattamenti e lo sfruttamento della prostituzione
L’odierna imputata è chiamata a rispondere di un pesante capo di accusa, in quanto in qualità di assistente sociale della famiglia, nonostante fosse al corrente di quanto succedeva, non ha denunciato i reati di maltrattamenti ai danni della Pompili e dei suoi due figli oltre allo sfruttamento della prostituzione, visto che la 23enne – secondo le risultanze investigative – veniva costretta a prostituirsi dai familiari.
Solo ieri è stata celebrata la prima udienza davanti al giudice monocratico del tribunale di Frosinone. Un’udienza nel corso della quale sono state ammesse le costituzioni di parte civile del fratello e della mamma di Gloria, le prove e la lista dei testimoni. La prossima udienza verrà celebrata il 6 giugno prossimo.
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