Il settore dell’olio di oliva italiano sta attraversando, ormai da parecchio/troppo tempo, problemi strutturali, organizzativi e commerciali nonostante il grande prestigio riconosciuto alle produzioni nazionali e di qualità (Dop-Igp) che però oscillano, queste ultime tra il 2 e il 4% dell’intera produzione nazionale con volumi che nel 2018 hanno superato di poco le 12 mila tonnellate su una produzione complessiva di oltre 400 mila/t. Le produzioni Dop laziali purtroppo languono, con circa 250 ton. di cui la sola Dop Sabina ne certifica 170 e come se non bastasse si attende ancora il riconoscimento dell’Igp olio di Roma, concepito come una super Dop, forse commercialmente poco attraente. Strutturalmente, inoltre, nel settore dell’olio di oliva l’Italia non è autosufficiente, le importazioni, infatti, oltre ad alimentare le industrie di imbottigliamento per l’export servono anche a soddisfare la domanda interna.
La crisi sanitaria in atto che, come in molti altri settori produttivi, sta portando molte aziende ad affrontare e non risolvere gravi problemi economici rischia di dare il colpo di grazia all’olivicoltura praticata specialmente nelle province di Latina e Frosinone, caratterizzata da piccole e medie aziende che non hanno legami diretti/indiretti commerciali con la GDO e che hanno visto azzerati gli ordini da parte dell’Horeca(ristoranti, alberghi e mense) oltre alla mancanza di domanda derivante dall’indotto del turismo anche questo annullato negli ultimi mesi e con molte incertezze di ripresa futura. L’analisi della distribuzione territoriale delle aziende olivicole individua la massima concentrazione (30,4% del totale) nella provincia di Frosinone. A seguire, le province di Roma (22,8%), Viterbo (20%), Latina (17,3%), Rieti (9,5%). Per quanto riguarda, viceversa, la superficie media delle aziende olivicole, si passa dall’estrema polverizzazione del frusinate alla relativa concentrazione del reatino, dove le aziende sono di maggiori dimensioni.
È bene ricordare che le province di Latina e Frosinone sono caratterizzate da olivi prevalentemente impiantati su terreni collinari esposti a sud-est che formano un tipico ecosistema agroforestale paesaggistico rurale del Basso Lazio circondato e coperto per circa il 70 % dai monti Ernici, Lepini, Aurunci e Ausoni. In questo contesto agroambientale di inestimabile valore naturalistico, da salvaguardare, vegetano su oltre 30 mila ettari gli olivi Pontini e Ciociari coltivati da oltre 30 mila piccoli produttori impegnati a curare particelle di terreno olivato minimali mediamente di 1 ettaro, ottenendo un olio di qualità destinato sia all’autoconsumo ma anche alla vendita delle olive o del restante olio e che complessivamente originano un fatturato medio di circa 50 milioni.
In tale contesto di forte preoccupazione, le Cia provinciali di Latina e Frosinone rivolgono un appello alle Istituzioni regionali e locali, a tutti gli operatori del settore ed in particolare alle rappresentanze olivicole delle OP-AOP( invitandole anche a porre fine ad una guerra di carte bollate e ricorsi al Tar-Consiglio di Stato), allo scopo di analizzare il sistema olivicolo del Basso Lazio e forse non solo, cercando di individuare i punti di forza e di debolezza in relazione alle peculiarità del territorio, alla reazione del sistema olivicolo nel post pandemia, alla prossima annata produttiva e i nuovi scenari per i mercati, su come coniugare le politiche ambientali con l’economia olivicola in relazione alla nuova PAC e se infine il sostegno pubblico debba subire una rivisitazione in tutte le sue forme in quanto quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi non sembra efficace.