Lo scorso primo luglio la Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio ha approvato il documento “La violenza di genere nel periodo dell’emergenza epidemiologica da Covid-19”, che conferma come durante il lockdown, a fronte di un calo complessivo dei reati contro la persona (dati Ministero dell’Interno), la violenza di genere non si sia affatto fermata, anzi sia aumentata, soprattutto in forma sommersa, per via delle maggiori difficoltà delle donne a denunciare.
“Dal 9 marzo al 18 maggio 2020 – dichiara Alessandra Romano, Segretario Generale Aggiunto della CISL di Frosinone – molte donne hanno trascorso un periodo di isolamento e di maggior esposizione alla violenza domestica, unita molto frequentemente alla violenza assistita dei minori, dovuta alla condivisione prolungata ed obbligata di spazi, alle preoccupazioni connesse all’incertezza del domani, tra cui l’instabilità economica, per il ricorso massiccio alla cassa integrazione causa Covid-19. Elementi che hanno contribuito ad esasperare le dinamiche violente nei rapporti di convivenza familiari, e che l’elaborazione ISTAT dei dati del Ministero dell’Interno, Direzione centrale della Polizia Criminale, confermano in maniera inequivocabile.
In quei 69 giorni di distanziamento sociale e con la prescrizione di rimanere a casa, decretate con il DPCM n.18 dell’8 marzo 2020, gli episodi di violenza, esercitata da partner tra le mura domestiche, sono cresciuti, come dimostrano le chiamate nazionali al numero 1522, aumentate del 73% rispetto allo stesso periodo del 2019. A partire dal 22 marzo, la crescita delle chiamate ai centri antiviolenza ha avuto un andamento esponenziale, fatta eccezione per la strutturale diminuzione delle telefonate nel fine settimana. Ad aumentare in misura vertiginosa sono state soprattutto le richieste di aiuto nel Lazio, tante telefonate, tanti messaggi, soprattutto nella fascia oraria 9:00 – 17:00, tuttavia poche querele.
Spesso le telefonate si sono interrotte prima della conclusione del colloquio e in molti casi non si riescono ad imputare tali valori mancanti alla volontà o all’autodeterminazione di non proseguire il percorso. Nel periodo di riferimento le denunce dei reati “spia” (maltrattamenti contro familiari e conviventi art. 572 c.p. – atti persecutori art. 612 c.p. – violenza sessuale art. 609bis c.p.) sono diminuite rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, per poi risalire in corrispondenza delle prime due riaperture del 4 e del 18 maggio, arrivando a superare i numeri registrati a fine maggio 2019.
L’andamento in provincia di Frosinone – precisa Alessandra Romano – ha ricalcato quanto verificato a livello regionale e le strutture del territorio, dei veri centri di eccellenza, hanno continuato a garantire l’assistenza alle donne che hanno avuto la forza di reagire. La CISL di Frosinone è stata tra i promotori del Protocollo di Intesa per l’istituzione della rete antiviolenza della provincia di Frosinone, sottoscritto il 25.06.2015 e che nel corso degli anni ha creato un baluardo assistenziale e culturale antiviolenza nel territorio, grazie alla coesione di intenti e di azioni dei 36 partner istituzionali”.
È giunto il momento di rinverdire le sinergie, conclude il Segretario Generale Aggiunto della CISL di Frosinone e restituire un rinnovato, quanto atteso vigore a quella esemplare carovana antiviolenza della Provincia di Frosinone, affinchè nessuna donna possa restare condannata alla violenza, agli abusi, ai maltratatmenti, ai soprusi, alla sopraffazione, sia nelle relazioni, che nei luoghi di lavoro.