In questi mesi la scuola italiana ha subito un cambiamento molto importante che ha coinvolto alunni e insegnanti. La DaD (Didattica a Distanza), un nuovo modo di “fare scuola” causato dalla emergenza sanitaria che ha coinvolto milioni di persone in tutto il mondo. Volendo fare un paragone tra il sistema scolastico del nostro paese e quello di altri paesi stranieri, ci si chiede: come funziona la didattica al di fuori dall’Italia?
Per provare a rispondere a questa domanda, tre studenti italiani che attualmente vivono all’estero, grazie al programma High School di WEP – organizzazione internazionale che promuove scambi linguistici e educativi in tutto il mondo – hanno raccontato la loro esperienza. I protagonisti di queste storie sono partiti a settembre e frequenteranno l’intero anno scolastico lontano da casa. I tre ragazzi sono Anita Velychko, di Milano, Lorenzo Xella, di Mantova e Tommaso Zanini, di Verona.
LA SCUOLA ALL’ESTERO
Anita vive a Stavern, in Norvegia: “Fortunatamente, in questo momento in Norvegia la situazione Covid-19 non è grave, perciò il sistema scolastico è organizzato in modo abituale a eccezione di qualche regola in più. Le lezioni sono svolte, il più possibile, a scuola per cercare di tenere insieme la comunità studentesca e favorire la collaborazione, vista la grandezza delle strutture e la disponibilità di ambienti veramente grandi. Tutto ciò viene messo in pratica, mantenendo le distanze e utilizzando l’igienizzante per disinfettare mani e ambienti. Tuttavia, i corsi di lingua e matematica, che nella scuola superiore norvegese sono la combinazione di studenti provenienti da classi diverse, si svolgono il più possibile a casa per prevenire il contatto fra troppe persone”.
Lorenzo studia a Worthing, in Inghilterra: “Ogni livello ed istituzione scolastica ha piena autonomia nel gestire come svolgere le lezioni; le uniche indicazioni governative dovrebbero essere sul mantenimento delle mascherine e sulla ventilazione delle aule. Nella mia scuola abbiamo, sino ad ora, fatto metà delle lezioni in classe e metà online, di modo da dimezzare il numero di persone fisicamente presenti a scuola ed in aula che, per altro, è continuamente ventilata in quanto dobbiamo tenere aperte porte e finestre. Il distanziamento sociale è stato garantito dall’introduzione di un sistema unidirezionale nei corridoi e sulle scale, segnalato da cartelli e linee sul pavimento. Ora come ora si sta cercando di riorganizzare le classi e le lezioni in modo da far passare la maggior parte degli studenti a scuola, ma sempre mantenendo tutte le misure precauzionali per evitare il contagio”.
Tommaso si trova a Redding, in California: “In questo anno molto strano, devo ammettere che la scuola americana si è organizzata molto bene, senza investire milioni per comprare banchi con rotelle, hanno ideato un metodo che prevede la creazione di un gruppo A e un gruppo B, il primo va a scuola il lunedì e il giovedì, mentre il secondo va a scuola il martedì e il venerdì. I giorni in cui non si è a scuola, si devono svolgere compiti assegnati dai professori utilizzando dei computer forniti dalla scuola stessa e, se si vuole, si può partecipare virtualmente alla lezione”.
Per WEP la sicurezza dei partenti è sempre al primo posto. Ed è per questo che è attiva una copertura medica in caso di pandemia (Covid-19) e, da parte dello staff, c’è la massima assistenza in loco per i ragazzi e le ragazze. Inoltre, è garantito il supporto in caso di rimpatrio per cause di forza maggiore, la protezione in caso di insolvenza da parte del fondo di garanzia viaggio e il rimborso integrale in caso di annullamento per forza maggiore.
IL VALORE DELL’ESPERIENZA
Anita: “Ho deciso di fare questa esperienza perchè volevo mettermi alla prova in una situazione completamente differente dalla mia realtà quotidiana. Nonostante sia un po’ preoccupata per i miei genitori che sono in Italia e che stanno vivendo la brutta e pesante emergenza sanitaria, sono contenta di dire che l’emergenza sanitaria qui ha avuto, praticamente, impatto zero. Ho la possibilità di uscire con gli amici, di frequentare la scuola e di portare avanti attività extrascolastiche senza nessuna difficoltà, solo con qualche minima precauzione in più”.
Lorenzo: “In generale devo dire che sentivo di aver bisogno di una svolta, di un ‘salto nel vuoto’, come ci piace definirlo, che potesse portare un po’ d’aria fresca e che potesse aiutarmi anche a fare chiarezza sul futuro. È un’esperienza di vita e, come tale, non può essere fermata da nulla. Nessuno ha messo in pausa la propria vita durante questa emergenza sanitaria. È impossibile, abbiamo solamente trovato modi diversi di continuare a viverla. Lo stesso è accaduto con questa avventura”.
Tommaso: “Quando ho scelto di fare questa esperienza avevo molteplici ragioni ad ispirarmi: avrei imparato l’inglese, sarei maturato ed ero sicuro che avrei vissuto un anno che mi avrebbe cambiato la vita. I miei genitori erano abbastanza spaventati da questa situazione, ma io ho spinto per partire comunque. Ero convintissimo che, nonostante il Covid 19, sarebbe stata l’esperienza più bella della mia vita, e avevo ragione”.