Qual è il ponte più antico di Roma? In molti se lo chiedono e la risposta non è così banale come può sembrare. Come riporta il sito turistico ufficiale del Comune di Roma, il ponte più antico della Capitale d’Italia non è Ponte Milvio, bensì Ponte Fabricio.
Un po’ di storia
Simbolo universale di unione e collegamento tra l’uomo e la città, i ponti hanno rappresentato, e ancora rappresentano, nella storia di Roma, un fondamentale e potente mezzo strategico per gli spostamenti, le relazioni e i commerci.
Lungo il Tevere, fiume con cui la Capitale e i suoi cittadini intrattengono da sempre un rapporto simbiotico, se ne contano decine che, oltre a essere il collegamento tra le sue sponde, sono splendide creazioni dell’ingegno umano e una delle maggiori attrazioni della Città Eterna.
In un mix di architetture antiche, con strutture ancora percorribili dopo millenni, e ardite visioni contemporanee, i ponti di Roma ci regalano scorci di irripetibile bellezza e itinerari di visita inconsueti, dove storia, natura e romanticismo si fondono in ricordi indimenticabili, tutti da raccontare.
Qual è il ponte più antico di Roma?
Ma, fatta questa doverosa premessa, veniamo ora alla curiosità del giorno. Qual è il ponte più antico di Roma? Scopriamolo insieme attraverso l’accurata descrizione che ne fa il sito turistico ufficiale del Comune di Roma. Alcuni infatti ritengono che Ponte Milvio o Ponte Emilio siano i più antichi di Roma, ma noi ci rifacciamo a quello che è il sito ufficiale del Comune di Roma.
Insieme a Ponte Cestio, l’antichissimo Ponte Fabricio collega l’Isola Tiberina alla sponda sinistra del Tevere, più precisamente, l’Antico Ghetto ebraico con il caratteristico Rione Trastevere. Sebbene risalga al 62 a.C., è il ponte romano meglio conservato e il più antico ancora in uso. Secondo quanto racconta lo storico Tito Livio, fu edificato per sostituire un passaggio in legno già esistente nel 192 a.C.
Chi lo ha costruito?
Quattro iscrizioni a caratteri cubitali incise sulle sue arcate ci hanno tramandato anche il nome del suo costruttore: Lucius Fabricius, all’epoca curator viarum, addetto cioè alla cura e all’amministrazione delle strade. In seguito a due piene del Tevere, fu restaurato da Marco Lollio e Quinto Lepido nel I secolo a.C., come attesta una piccola iscrizione. Il poeta Orazio, invece, lo ricorda come il luogo da cui spesso si gettavano nel fiume le persone prese da disperazione.
Ponte Fabricio è noto anche come Ponte dei Quattro Capi per la presenza, sul parapetto, di alcune erme quadrifronti che sarebbero lì in ricordo dei quattro architetti incaricati da papa Sisto V di restaurarlo. Secondo una leggenda popolare, i quattro tecnici entrarono in conflitto tra loro per futili motivi e alla fine dei lavori il pontefice li fece decapitare sul posto.
Il monumento a quattro teste, scolpito in un unico blocco di marmo, li obbliga, da allora, a un eterno contatto. Una delle erme è riprodotta nella vicina fontana-monumento dedicata a Giuseppe Gioacchino Belli che mostra il poeta appoggiato al parapetto del ponte.
Quando, durante il Medioevo, la comunità ebraica occupò la zona sulla sinistra del Tevere, il collegamento fu detto anche Pons Judaeorum, dei Giudei.
A guardia del ponte si erge la Torre detta della ‘Pulzella’ per la piccola testa femminile in marmo, incastonata nella muratura. La leggenda narra che l’affascinante volto scolpito ritraesse una giovane nobildonna vissuta nel 1350, rinchiusa nella torre per essersi rifiutata di sposare un aristocratico scelto dalla sua famiglia, nell’inutile attesa del ritorno dell’amato dalla guerra. La scultura è in realtà databile all’epoca romana, anche se, con lo sguardo “di pietra” rivolto al ponte, sembra sfidare chi passa a scoprire l’identità che si cela dietro l‘enigmatico volto eroso dal tempo.