Già, verrebbe effettivamente la pelle d’oca. Chi ha la fortuna di avere una persona amata, non può che emozionarsi a passare qualche momento in questo delizioso tempietto, con lei o con lui. L’atmosfera che si respira è magica, la scenografia inimitabile. Si trova presso Villa Sciarra, una delle Ville Storiche Urbane di Roma, situata alle pendici del Gianicolo. La sua storia, considerando le costruzioni pregresse, va molto indietro nel tempo. Ben prima dell’anno Zero.
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Le radici della struttura risalgono al II Secolo a.C.
Le radici della storia di Villa Sciarra risalgono addirittura al II Secolo avanti Cristo. All’epoca qui sorgeva il Santuario Siriaco della Ninfa Furrina, all’interno di un bosco sacro. Successivamente l’area verde fu trasformata negli Horti Caesaris, dove secondo la tradizione Giulio Cesare ospitò Cleopatra. In pieno Rinascimento, nel 1575, il quadrante fu acquistato dal Monsignor Innocenzo Malvasia che in questa sede costruì il suo Casino Malvasia. Ma i passaggi di mano non sono finiti. Ancora, in seguito il Casino Malvasia su acquisito dal noto Cardinale Barberini il quale, nel 1647, ottenne la proprietà dell’intero parco. Attorno, nella seconda metà del secolo successivo, Papa Urbano VIII fece costruire il suo storico perimetro, le Mura Gianicolensi. Questo fu il definitivo passaggio che trasformò il lesso in Villa Urbana. La villa faceva gola a molti e così, ne 1710 fu venduta al Cardinale Ottoboni, che a sua volta volle procedere con degli interventi. Realizzò tre nuovi giardini dotati di piante esotiche e da frutto da tutto il mondo. Fu anche mecenate di alcuni scavi archeologici nella parte sede dell’antico Tempio Siriaco. Nel secolo successivo, nella prima parte del 1800 la Villa passò finalmente alla famiglia Sciarra, e anche loro si attrezzarono per un ulteriore ampliamento.
Gli abbellimenti del diplomatico Wurst
Dalla seconda metà dell’800, invece, Villa Sciarra venne danneggiata dal combattimento tra le truppe garibaldine e quelle francesi a difesa dello Stato Pontificio. Ci si attivò, in seguito, ad operare delle ristrutturazioni e contestualmente la struttura venne venduta a causa di un crack finanziario della famiglia Sciarra. Il terreno, per gli stessi motivi, venne lottizzato e destinato a nuove edificazioni. Arriviamo così al 1902; un amante di Roma e dell’Italia, il diplomatico americano George Wurst decise che Villa Sciarra doveva diventare il nuovo nido d’amore per lui e sua moglie. Nuova ristrutturazione, abbellimento del già affascinante giardino e poi un’opera di personalizzazione un po’ naif, ma di rilievo estetico. Wurst inserì numerose sculture settecentesche provenienti dal Palazzo Visconti di Brignano d’Adda, un castelletto neogotico e un belvedere con loggiato.
Il ‘900 di Villa Sciarra
Il castelletto, per chi conosce Roma, è oggi sede del Museo della Matematica. Sei anni dopo, nel 1908, vennero aperti due nuovi ingressi lato via Calandrelli. Wurst morì, e la Villa passò ad uso personale di Benito Mussolini, con il vincolo però che fosse adibita a parco pubblico. C’è una cattiva notizia, però. Due nuovi restauri furono posti in essere prima nel 2004 e poi nel 2005, ma nonostante ciò ad oggi ben quattro quadranti del parco sono recintati, in quanto pericolanti. A causa dell’amministrazione romana poco attenta, il suo territorio è alla mercé dell’incuria e del degrado. Non sono stati previsti, banalmente, fondi per la sua adeguata manutenzione e pulizia. Alcuni volontari se ne stanno occupando, provvedendo a risolvere criticità contingenti e fornire attrezzature per l’area verde, oltre a sensibilizzare la cittadinanza.
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Dettagli, caratteristiche e peculiarità
Per chi fosse particolarmente incuriosito e volesse recarsi presso la struttura, consideri che superato il cancello lato via Calandrelli ci si immette in un piccolo slargo. Alla sinistra, non ci si può sbagliare, si nota una fontana ornata con motivi rupestri. Si tratta di un’opera di Enrico ed Ugo Gennari, del 1910. Da questo punto partono tre viali. A destra è presente, presso viale Klitsche, una grande uccelliera in ferro voluta da Wurst; al suo interno il diplomatico ospitava dei pavoni bianchi. Di fronte ecco la Fontana dei Satiri; una di quelle opere fatte arrivare da Wurst da Palazzo Visconti di Brignano d’Adda. È composta da motivi di satiri e satirelli che sorreggono, stile cariatidi, una grande conchiglia. Invece viale Wern costeggia la Fontana di Diana ed Endimione. Una fontana a laghetto, decorata con un gruppo scultoreo raffigurante la dea della caccia, e il caratteristico pastore cacciatore Endimione. Quando i due viali si incontrano si apprezza l’Esedra Arborea, un angolo di villa dal colpo d’occhio molto scenografico. Si tratta di una siepe di lauro disposta a semicerchio in cui, ricavate delle nicchie, sono state colloca dodici statue in arenaria. Rappresentano i dodici mesi dell’anno. Inoltre, presso viale Leducq, si apre un nuovo spiazzo in cui è situato il Casino Barberini, che è l’edificio principale della Villa. Oggi è sede dell’Istituto Italiano di Studi Germanici. Dalla torretta del terrazzo si può vedere tutta la città. Lo sguardo arriva fino ai Colli Albani.