Sanremo 2021
Si è conclusa ieri (stamattina all’alba, per essere precisi) la kermesse canora più discussa della televisione, il festival di Sanremo 2021; ammetto di non aver avuto tempo a sufficienza per seguirne tutte le canzoni e annessi dettagli. Grazie ai social ho però potuto notare un aspetto che ha attirato la mia attenzione: il mostrarsi a tutti i costi.
Ci tengo a sottolineare che non sono un’esperta di musica o di costume, non starò a porre l’accento sugli orientamenti politici o sessuali dei cantanti, e non sono neanche interessata a farlo.
Ho seguito i vari post dei miei contatti e delle testate giornalistiche ed ammetto di non aver capito se si trattasse di uno spettacolo canoro o di un carnevale in ritardo.
Mi sono sforzata, ho provato a cercare le componenti psicologiche, ma nulla: ho fallito.
Travestimenti
La storia parla del Carnevale come di un periodo in cui le persone si davano agli eccessi (cibo, bere e piacere di ogni tipo), nascondendo la propria identità dietro a delle maschere.
Ad oggi il travestimento non è più legato solo al periodo di Carnevale o ai bambini che si divertono diventando Spiderman e Frozen; per fortuna la società ci permette di poter diventare chiunque in ogni momento e fase di vita, e i social ne sono una rappresentazione.
Nulla di strano fino a quando travestirsi non diventa uno strumento di provocazione estrema; a quel punto non è più un gioco d’espressione ma un forzare ed esasperare una componente psicologica fondamentale che si chiama: mostrarsi.
Mostrarsi non trasformarsi
Il significato del mascherarsi è quello di avere la possibilità di togliersi i propri abiti per assumere le sembianze di qualcun altro.
Il mostrarsi è invece l’opposto, significa far vedere le emozioni senza inibizione: un esempio classico è il bambino che si piazza al centro della stanza ed inizia a cantare e ballare senza curarsi delle persone che gli sono intorno.
La differenza dunque tra trasformarsi e mostrarsi è proprio nel “cosa voglio far vedere di me al mondo”.
Tutti noi ci “mascheriamo” in qualche modo quando vogliamo mostrare una parte di noi, lo facciamo inconsapevolmente ogni giorno scegliendo cosa indossare, come parlare e cosa non fare in un determinato contesto.
Il problema nasce se per comunicare noi stessi indossiamo gli abiti di qualcun altro, a quel punto cosa stiamo dicendo veramente di noi?
Chi siamo veramente?
Gli accadimenti degli ultimi tempi ci stanno profondamente cambiando, la comunicazione diventa più difficile per la disattenzione conseguente ad un forte stress economico/relazionale, in altri termini: se qualcuno ci parla facciamo fatica a tenere l’attenzione fissa, è probabile che dopo pochi minuti i nostri pensieri vadano altrove.
Per farci sentire dobbiamo “urlare”, per esprimere le emozioni stiamo alterando la normale capacità di mostrare e ci trasformiamo in qualsiasi cosa pur di provocare reazioni negli altri, che come noi, sono sotto stress.
Quello dell’Ariston è un palco che spesso si vuole utilizzare come amplificatore, non c’è niente di male nel farlo ma – come “Lo Stato Sociale” nella canzone ‘Combat pop’ – mi sono ritrovata a chiedermi ma che senso ha? Un gioco? Una provocazione?
Mostriamo noi travestendoci di noi stessi, non prendendo gli abiti di altri solo per far rumore a tutti i costi. Altrimenti rischiamo di far passare l’idea che in realtà non abbiamo nulla di nostro da dire.
Se volete raccontarmi le vostre storie per sciogliere insieme qualche nodo disfunzionale, scrivete all’indirizzo: psicologia@ilcorrieredellacitta.it
Vi aspetto.
Dott.ssa Sabrina Rodogno