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Le 7 porte dell’Inferno, perché una si trovava proprio a Roma?

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Porta dell'Inferno a Roma

Le 7 porte dell’Inferno, come tante leggende legata al mondo della religiosità e dell’occulto, vedono dei legami con la città di Roma. Le motivazioni di tali storie, tra mistero e fede, sono legate all’imponenza della Città Eterna nel corso della storiografia: qui trovò terreno fertile il paganesimo con la sua dose di occulto, i Santi che portarono la parola del Signore e quindi i primi mattoni del Cristianesimo.

Una delle 7 porte dell’Inferno a Roma

Con tutti questi elementi, tornava normale parlare di Satana all’interno dell’Antica Roma. Per quando rappresentazione del Male assoluto, la figura è trascendente anche in altre culture e religioni del globo in quel periodo storico. In un modello di globalizzazione legata al dominio del Mar Mediterraneo, non è difficile come una “porta infernale” fosse presente tra le immensità della Città Eterna e soprattutto come il Demonio fosse riconosciuto dal popolo romano in epoca remota. 

Il collegamento tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti

Per comprendere la porta che collegava il mondo de vivi a quello dei morti, dobbiamo tornare obbligatoriamente al dominio dei mari romano: non solo guerra e commercio di prodotti pregiati, ma anche città come Atene e Roma che diventano un polo d’incontro con altre culture

Per arrivare alla concezione del mondo dei morti, bisogna andare all’esperienza romana con il culto della morte del popolo egiziano. I popoli sulle sponde del Nilo non diventavano solo importanti partner nei commerci degli antichi romani, ma delle vere influenze per la concezione del culto religioso.

Porta dell'Inferno al Colosseo
Porta dell’Inferno al Colosseo

Una porta per l’Inferno nel Colosseo

Una di queste porte capaci di collegare con la dimensione della “non vita”, si riteneva potesse essere presente all’interno del Colosseo. La motivazione di una simile scelta per posizionarla lì, potrebbe avere più interpretazioni. Cominciamo da quella più semplice, ovvero di come quella fosse l’arena dove combattevano – o davano “spettacolo” – i gladiatori, persone che sapevano come quasi sicuramente non avrebbe fatto ritorno a casa dopo quell’esibizione. Una porta, quindi, che li conduceva dall’arena al mondo dell’oltretomba.

Poi una dimensione spirituale. La presenza, nei pressi del Palatino, di Santi che avrebbero portato la parola di Gesù. Tra questi Pietro e Paolo (Patroni di Roma), che potrebbero aver accennato a una loro lettura del Malefico in chiave religiosa, facendo perno sugli insegnamenti di Gesù. Di lì, probabilmente, la leggenda di una porta infernale in quei luoghi. 

La porta infernale di Roma sostenuta nel Medioevo

Che tale discorso rivenisse fuori nel Medioevo, può considerarsi scontato. I periodi dell’Inquisizione, ma anche della caccia verso tutto ciò che provava a smentire le posizioni della Chiesa o tutto ciò che essa non riusciva a spiegare coi propri dogmi. A livello di fede, uno dove i Papi arrivavano a uccidere per essere smentiti. Che una loro interpretazione abbia portato una porta infernale a Roma, è plausibilissimo. Specie se consideriamo come parliamo di un periodo passato alla storia soprattutto per la “caccia alle streghe”, ovvero donne considerate manovrate da Satana e che ubbidivano alla sua volontà su questa terra. 

Inferno dantesco
Inferno dantesco

Il mondo dei morti come l’Inferno?

È forzato sostenere come i romani interpretassero l’aldilà come l’Inferno. C‘era sicuramente una dimensione oltre la vita, ma non necessariamente doveva essere un territorio di pena o sofferenza. La dimensione di ciò, però, verrà rilanciata dalle scritture cristiane, che invece menzioneranno gli Inferi come un terreno invivibile e inospitale per chi non ha vissuto la vita secondo gli insegnamenti del Cristo. Come accennerà Dante nella Divina Commedia, un orrido territorio avrebbe ospitato gli immeritevoli del Regno di Dio, vivendo la propria esistenza “post dipartita” sotto atroci sofferenze per pagare gli errori commessi durante lo svolgimento della propria vita. 

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