Siamo la generazione dei telefonini. Siamo proprio noi quelli che non riusciamo a vivere senza, al punto da considerare questi aggeggi più importanti di tutto il resto. Dite di no? Lo smartphone risulta essenziale, più del portafoglio! La prova di ciò sta nel fatto che molti di noi escono da casa senza documenti – a me è successo svariate volte – e non battono ciglio, ma guai ad accorgersi che non hanno il telefono a portata di squillo. In quel momento, dovunque ci si trovi, si torna indietro; non sia mai dovesse chiamarci Papa Francesco in conference call con Obama, per svolgere un colloquio sulla pace nel mondo.
Siamo la generazione dei reality. Quelli del Grande Fratello e dell’Isola dei Famosi, che famosi non sono, a parte uno che dovrebbe essere conosciuto da pochi e invece è noto all’intera popolazione nazionale… e non per le sue capacità intellettive. Siamo la generazione di Amici di Maria, ma non abbiamo amici. Generazione che non ripone speranza nelle istituzioni politiche ma fa affidamento sui media e più che mai sulla televisione. Giovani che fanno più provini che colloqui perché il lavoro è un miraggio: se si è capaci a far qualcosa si tenta la via dei i talent, presenti sui palinsesti televisivi più dei telegiornali. Se non si ha alcun talento, la strada sulla quale si può ripiegare è quella che porta alla sedia da corteggiatrice o corteggiatore, o addirittura all’ambitissima poltrona da tronista. Sì, è il lavoro del futuro: vai in Tv, conosci uomini o donne, e se ti va bene intraprendi la carriera di tutti quei giovani che sono diventati famosi perché si sono “innamorati” davanti alle telecamere. Fisici marmorei e scolpiti, cervelli non pervenuti, ma non perché non li posseggano – così voglio credere, almeno – ma semplicemente perché allo showbiz non interessano. Qualche serate in discoteca, le conoscenze giuste che portano alle spinte perfette e zac! Diventano attori!!! Vittorio Gassman perdonali, smetti di ribaltarti nella tomba, non sanno quel che fanno e soprattutto quel che dicono.
Siamo la generazione dei social che di sociale hanno solo il nome perché al loro interno raramente si fa amicizia, tutt’altro! La possibilità di imbattersi in maniaci e fuori di testa è sempre dietro l’angolo; da poco sono stata contatta da un tizio che voleva sapere a quanto mettevo le mie mutande usate. Non male, eh? Se siete più fortunati, appartenete al genere di persone che si conoscono tra di loro e spettegolano costantemente sui fatti altrui. Se siete meno fortunati trascorrete le giornate a litigare con estranei su argomenti talmente futili che pure Barbara D’Urso si rifiuterebbe di trattarli. Foto di ogni cosa che facciamo, di ogni cosa che mangiamo, geolocalizzazione di ogni posto dove ci rechiamo, e ovviamente la nostra privacy a puttane, al punto che anche gli stalker hanno deciso di cambiare professione perché gli abbiamo reso tutto troppo facile.
Siamo la generazione dei bamboccioni e immagino che chi utilizza questo termine pensi che ci si diverta a vedere una laurea da 110 e lode appesa al muro, mentre si viene pagati 3,00 € l’ora netti – quando va bene – per fare sondaggi, telefonando alla gente chiedendogli quante volte al giorno mette il deodorante o peggio ancora, cercando di vendergli un nuovo contratto telefonico che di conveniente non ha nulla. Bamboccioni, già. Provate voi a farvi una famiglia con 350,00 € al mese.
Siamo la generazione dei titoli di giornale dedicati alle notizie più stupide; il gonfiore nella mutanda di Rocco Siffredi accanto alla sua compagna di avventura dal décolleté generoso, il cambio look di Belen Rodriguez, la nuova macchina di Lapo Elkann parcheggiata in doppia fila; tutte notizie di un certo rilievo politico e sociale.
Siamo una generazione che non conosce meritocrazia, che si vede scavalcata dalla surreale incompetenza dei figli, cugini, nipoti, amici di… e nonostante questa consapevolezza, non riesce a reagire, continua a rimanere immobile dinnanzi ad ogni ingiustizia. Siamo la generazione della “nipote di Mubarak” e delle sue proprietà milionarie in Messico.
Siamo la generazione definita 1000 euro, ma che in verità non sa nemmeno quanti siano perché solo pochi riescono a guadagnarli. Siamo la generazione che non riesce più ad affrontare, quella che scappa all’estero per trovare semplicemente un futuro dignitoso, quello che il nostro Paese non vuole concederci.
Siamo una generazione disperata, che urla a bassa voce e che per questo non verrà mai ascoltata. Siamo la generazione che si ribella, ma soltanto davanti ad un pc o uno smartphone, perché è vero, ci hanno insegnato cos’è la tecnologia e come utilizzarla, ma si sono dimenticati di spiegarci come tirar fuori IL CORAGGIO.
Alessandra Crinzi