Anche oggi torniamo puntuali con il nuovo appuntamento settimanale dei racconti di Nicola Genovese, autore dei romanzi “Il figlio del prete e la zammara”, “Il nipote del prete” e “Lipari-La Rinascita”.
Questa volta il racconto trae spunto dai ricordi di gioventù, nel collegio militare, periodo indelebile per tantissimi giovani, che segnava il passaggio da adolescenti a uomini.
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Sono stato per molti anni in un collegio militare e di casi di fobie ne ho visti tanti.
Un compagno aveva paura del buio e la sera si addormentava con una lampadina tascabile accesa sotto le coperte.
Un altro aveva l’ossessione del berretto poiché, a suo dire, gli faceva cadere i capelli e giunto alla maggiore età sarebbe rimasto completamento calvo.
Per non parlare delle vaccinazioni, durante le quali c’era il fuggi fuggi.
Le punture al petto erano dolorose e molti dovevano essere immobilizzati da due robusti infermieri.
Spesso seguivano degli svenimenti.
Ma vi era un caso particolare di “fobia”: quella legata all’altezza.
Un ragazzo sardo era ossessionato dalla sua bassa statura e dal petto molto pronunziato. Giocava nella squadra nazionale di calcio del collegio e ci teneva molto al suo fisico.
Faceva molte attività ginniche, ma un giorno ci accorgemmo che aveva iniziato a praticare uno “sport” molto particolare e pericoloso.
Addosso al muro aveva segnato con una matita la sua altezza: 1,50 mt.
La sera, prima di andare a letto, indossava il pigiama, apriva la finestra alle spalle della sua branda, si aggrappava alla soglia e si lasciava penzolare. All’inizio, tutti noi che stavamo nella stessa camerata ci eravamo preoccupati.
La finestra era posta a circa sei metri dal sottostante prato che circondava la palazzina alloggi. Una caduta da quell’altezza sarebbe stata rovinosa. Fortunatamente non successe nulla.
Tutte le sere si ripeteva il “penzolamento”.
La mattina dopo si appoggiava al muro e confrontava la misura iniziale dell’altezza per vedere se fosse cresciuto di qualche centimetro.
Dopo una settimana era sconsolato!
Non era cresciuto nemmeno di un millimetro. Uno dei compagni, tra il serio e il faceto, gli disse :”Prova con dei pesi legati ai piedi e vedrai che ti allungherai”.
La sera stessa si legò intorno alle caviglie due sacchetti pieni di sabbia e iniziò il solito “penzolamento”.
Dopo una settimana si misurò aiutato da alcuni compagni, i quali nel segnare la nuova misura, l’alzarono di 1 cm.
Tutto contento saltò di gioia e abbracciò coloro che gli erano stati vicini in questo esperimento. Ma la fobia non si fermò qui.
La mattina si alzava presto e andava nel locale, dove erano ubicati i bagni.
Le pareti per tre quarti erano ricoperte di marmo, e lui a torso nudo eseguiva il “tergicristallo”.
Con le mani dietro la schiena e il petto in avanti, lo strusciava con movimenti uguali a quelli di un tergicristallo.
Era convinto che il petto si sarebbe appiattito e avrebbe eliminato così i seni sporgenti.
Dopo alcuni giorni abbandonò questa pratica, poiché si era arrossato al punto tale che non sopportava più nemmeno la canottiera.
Fortunatamente col passare del tempo il “sardo” fu completamente impegnato dal calcio, che lui adorava, e dove otteneva brillanti risultati.
Fortunatamente, lo sport aveva cancellato tutte le sue “fobie”!
Nicola Genovese
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