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‘Raggirata da chi si spaccia per paladina di donne e disabili’: 54enne invalida perde 46 mila euro (VIDEO)

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Viola

Ha pensato di aver trovato un’amica che le stava regalando la speranza per una vita migliore. E invece è stata raggirata, ritrovandosi con oltre 46 mila euro in meno dal proprio conto – 33 mila dimostrabili, in quanto tracciati attraverso bonifici o pagamenti telematici, , gli altri invece no, visto erano in contanti – e con la delusione di non vedere realizzati quelli che erano i suoi sogni.

Lei, Viola, di Albano Laziale, disabile al 100% a seguito di un terribile incidente avuto 30 anni fa, all’età di 24 anni, ha creduto alle parole di quella donna che con lei si era spacciata per avvocato, presidente di un’associazione in difesa delle donne e dei più fragili, come appunto era Viola (nome di fantasia per tutelare la protagonista).

“La mia disabilità è stata proprio il motivo che ci ha fatto conoscere, nell’agosto del 2018”, spiega. In pochissimo tempo Viola entra in confidenza con la dA onna, che sembra averla presa talmente in simpatia da raccontarle anche cose personali, come il fatto che l’uomo con cui ha una relazione l’ha appena abbandonata, nonostante lei sia al terzo mese di gravidanza.  

La donna inizia a coinvolgere Viola in numerosi eventi, proponendole delle collaborazioni lavorative. A settembre, facendo leva sul travagliato passato di Viola, la invita a un evento sulla violenza di genere, poi, il mese dopo, a un altro sul bullismo, come testimonial. Viola è sempre più affascinata e soggiogata dai modi di questa persona, che sembra conoscere tutti: dai semplici cittadini bisognosi di aiuto fino ai volti più della politica italiana. Le piace il suo essere in prima linea per i diritti delle donne e dei più deboli e rivede in lei quello che avrebbe voluto essere se quel maledetto incidente non l’avesse bloccata su una sedia a rotelle, con un’emiparesi che le impedisce il corretto utilizzo del braccio destro.

I viaggi

La donna coinvolge Viola anche nei suoi viaggi in giro per l’Italia. Dai piccoli spostamenti su Roma o sul litorale, tra Ostia, Ardea e i Castelli Romani, fino a quelli a lungo percorso, come a Macerata, dove si svolge il processo per l’omicidio di Pamela Mastropietro, causa in cui si è costituita parte civile, a Milano e persino a Palermo. È sempre lei a guidare, con la sua auto “speciale”. E a mettere i soldi per il carburante e l’autostrada. E pure per le multe, numerose, che riceve, nonostante la donna le dica di non preoccuparsi, perché ci avrebbe pensato lei a contestarle.

Nonostante tutte le spese, Viola per la prima volta dopo tanto tempo si sente di nuovo viva e attiva, parte di un progetto. Suo marito, però, la mette in guardia. Passa troppo tempo con quella persona, sembra un’altra, spende tanto, troppo, senza ricevere nulla in cambio, se non vaghe promesse. Ma Viola sembra incantata e non lo ascolta, anzi, mette a rischio il matrimonio, seguendo invece le parole della sua nuova amica, che le prospetta quello che è il sogno della sua vita.

Isolata da tutti

“Per far sì che non aprissi gli occhi – racconta Viola – mi aveva fatto terra bruciata intorno. Innanzi tutto mettendomi contro mio marito, con cui litigavo praticamente ogni giorno. Poi impedendomi di parlare con le altre persone delle nostre attività. Io pendevo dalle sue labbra, soprattutto quando mi ha proposto di aprire insieme un centro cinofilo, nella primavera/estate 2019. Ero entusiasta all’idea: io amo tantissimo gli animali e in particolare i cani, sarebbe stata la realizzazione di un sogno. Era come una rivincita sulle cose brutte che la vita mi aveva riservato”.

Viola ci crede talmente tanto che non fa caso alle numerose incongruenze che la donna le propina. Per l’apertura del centro le dice infatti che avrebbero dovuto mettere, per iniziare, 30 mila euro a testa attraverso un bonifico sul conto corrente dell’associazione. Ma il conto, scoprirà in seguito Viola, è in realtà intestato alla donna. Ma i 30 mila non bastano: prima dei bonifici Viola versa, per la costituzione della Srl che avrebbe dovuto costituire con la donna che credeva sua amica, altri 2.500 euro in contanti nel giro di un mese, dal 29 dicembre 2018 al 21 gennaio 2019.

Il cambiamento

Una volta fatti i pagamenti, l’atteggiamento della donna nei confronti di Viola inizia a cambiare. Continua a farsi accompagnare ovunque – soprattutto a Milano, dove incontra anche Matteo Salvini, già visto anche a Roma – ma durante i viaggi le impone il silenzio. Della presunta gravidanza non si parla più: niente fa presupporre che ci sia un bambino in arrivo, perché non si sono mai notati cambiamenti nell’aspetto fisico della signora. Ma Viola, un po’ perché intimidita, un po’ perché soggiogata, evita di tornare sul discorso. Non ne parla anche perché la donna, sul piano personale, le ha fatto discorsi strani.

“Nonostante avesse iniziato una relazione con un altro uomo e pur sapendo che ero sposata, mi aveva soggiogata al punto da convincermi che io mi fossi infatuata di lei. E ha coltivato questa cosa dicendo che saremmo andate a vivere insieme, proponendomi addirittura un’unione civile e dicendo che saremmo state insieme per sempre, come una bella famiglia. Avrei però dovuto vendere la mia casa per comprarne un’altra per noi due, anzi, per noi tre, visto che sarebbe venuta anche sua figlia. Anche lei avrebbe venduto la sua abitazione, ma poi ho scoperto che non ha nessuna casa intestata: cosa avrebbe venduto? Se avessi fatto quello che mi diceva, mi sarei ritrovata senza la mia casa e con una persona con una figlia minorenne dentro una nuova abitazione”.

La co-housing

Nonostante i rapporti poco chiari, con la donna che in alcuni momenti attira e in altri respinge Viola, gli spostamenti proseguono, sempre con Viola che si accolla le spese di viaggio, mentre la signora quelli di vitto e alloggio. “Mangiavamo nei fast food o nei ristoranti cinesi, al risparmio. Le spese non potevano di certo equipararsi”. E non sempre gli spostamenti prevedevano gli alberghi. Spesso, infatti, la donna si faceva accompagnare sul litorale, dove gestiva come economa una silver co-housing.

“Mi ha spiegato che i ‘nonnini’ vivevano lì, in quella casa di tre piani. E, proprio perché c’era chi stava sopra e chi stava sotto e alcuni anziani avevano problemi di deambulazione, aveva chiesto a mio marito, ex ascensorista, se poteva occuparsi lui di mettere un ascensore. Gli aveva quindi parlato di un lavoro come manutentore, per sbrigare i vari lavori che c’erano da fare di volta in volta nella casa. Devo dire che in quell’occasione c’è cascato anche lui. Si è licenziato dal posto di lavoro dove stava, credendo alle sue parole, e adesso è disoccupato: non c’è mai stato alcun lavoro, né per fare l’ascensore, perché avrebbero dovuto pagarlo i nonnini, né per altro”.

Il conto corrente

Ma il velo dagli occhi di Viola cade dopo che, nel luglio 2019, si rifiuta di andare a Palermo. “La signora mi dice che, se non vado, tra noi due non ci sarebbe più stato alcun rapporto”. “Grazie al supporto di amici, familiari e professionisti, ho iniziato a capire di essere stata raggirata. Sono andata a controllare il conto della Unicredit e ho scoperto che le uniche entrate erano i miei bonifici. La signora, invece, utilizzava i soldi per le sue spese personali e anche per quelle di viaggio, quindi anche quei pranzi che erano la sua parte nel patto che avevamo. In pratica pagavo tutto io, visto che per pagare lei usava i soldi miei”.

Ma non c’erano solo i soldi di Viola. Su quel conto risultano anche quelli due anziane ospiti della co-housing, due sorelle, e dei parenti di un altro vecchietto. Il denaro veniva utilizzato per fare la spesa in vari supermercati, per acquistare carburante, per andare dal parrucchiere o dall’estetista, ma anche per prelevamenti di varia natura.

La denuncia

Viola scopre anche che la società per avviare il centro cinofilo (che – si scoprirà – in realtà avrebbe dovuto avere una doppia veste di silver co-housing e centro cinofilo) non è mai stata costituita. A dire della donna perché, essendo una start-up innovativa, non serviva nessuna firma dal notaio. Ma nessun documento testimonia l’esistenza di questa società: nessuna partita iva, nessun codice fiscale, nessun numero di registrazione alla camera di commercio. Niente da nessuna parte. Viola allora si rivolge a un avvocato.

E la donna fa lo stesso. Il suo legale, nel rivolgersi al Tribunale (sezione specializzata in materie d’impresa) nell’atto di citazione, presenta la donna con l’appellativo di “dottoressa” e Viola come “signora”. Chiede che venga riconosciuto il fatto che tra le due donne si sia costituita una “Start-up innovativa”. E che, di conseguenza, le somme corrisposte da Viola vengano riconosciuti come versamenti “in conto capitale” e, per l’effetto, di “dichiararne l’acquisizione a patrimonio sociale”. E, per concludere, chiede il risarcimento del danno per il mancato proseguimento della società, calcolato proprio in 30 mila euro. O l’equivalente che stabilisce il giudice.

Il rinvio a giudizio

Ma lo stesso giorno in cui a Viola viene notificata la richiesta del Tribunale Civile di Roma, nel novembre 2021, per la donna è fissata la prima udienza dal Gup: è stata rinviata a giudizio. La denuncia è infatti stata presentata anche da Viola, in modo molto dettagliato. Non finisce qui. Il Gup decide che ci sono abbastanza elementi per andare avanti. Si sentono i testimoni, si cercano le prove. Ma soprattutto si analizza il conto corrente, di cui Viola è riuscita a fare un estratto dei mesi in cui ha eseguito i versamenti. A novembre ci sarà la prossima udienza. Su questa brutta storia adesso saranno i giudici a dover fare chiarezza.

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