Dopo la tempesta esce sempre il sole. E Paola Aceti, che per anni ha dovuto fare i conti con i suoi ‘mostri’ e con la tossicodipendenza, lo sa bene. Cresciuta in un ambiente ‘severo’, dove le regole impartite dal padre erano all’ordine del giorno, a suon di ‘non devi’ e ‘non puoi’. In quelle quattro mura dove non si respirava fiducia, complicità, dove l’educazione era rigida e i divieti forse troppi. A Paola sono state ‘tarpate’ le ali e quando si guardava allo specchio vedeva una ragazzina impaurita. Troppo fragile, sensibile, per affrontare una realtà che è spesso più dura di quelle regole del padre. Lei che già di suo incassava i ‘no’ e che vedeva il mondo in bianco e in nero. Un tunnel dove la luce sembrava non esistere: lei, le sue fragilità. E i suoi genitori che la amavano a modo loro, convinti forse che educandola così l’avrebbero fatta diventare forte e coraggiosa.
Ma più la severità dilagava, più Paola aveva paura. Ogni parola la feriva, ogni silenzio e ogni ‘non detto’ la facevano quasi sentire in colpa. Come se ci fosse qualcosa di sbagliato in lei, come se quella sensibilità non fosse un pregio. Un’adolescenza difficile, poi l’incontro con il marito (ora ex), che faceva uso di droghe, il tentativo di riuscire a salvarlo. E il ‘fallimento’ di quella ‘crocerossina’, che voleva aiutarlo, reindirizzarlo su una strada giusta. Lontano dalla dipendenza. Il matrimonio che finisce e lei che cade nella ‘trappola’ prima dell’alcol, poi della cocaina. E quella lucidità che giorno dopo giorno svanisce, ‘annebbiata’ dalla droga che sembra cancellare ogni male. Quella droga che, però, ha finito per cancellare Paola, i suoi sogni, i suoi desideri. Li ha spazzati via: c’erano solo Paola e la droga. Non esisteva più nessuno.
Il crollo emotivo e la fine del matrimonio
“Ho avuto un crollo emotivo dopo la fine del matrimonio e ho iniziato a conoscere e a frequentare persone sbagliate, che facevano uso di alcol e droga. Mi sono ritrovata sola, con la cocaina. Io, la mia fragilità e una famiglia che mi ha dato un’educazione rigida e severa” – ci racconta Paola, che è di Ardea e che oggi è una donna che se si guarda indietro vede il buio. Il dolore, il senso di annientamento, di ‘nullità’. Lei che ha cercato di nasconderlo a tutti, di farsi vedere agli occhi degli altri forte. Come se dentro, nella sua anima e nel suo corpo, non stesse accadendo nulla. “Io amavo i miei genitori, che ora purtroppo sono morti. Ho cercato di nascondere tutto, non volevo far soffrire mia madre”. Ma i genitori sanno quando qualcosa non va, se ne accorgono. E lo hanno fatto anche con Paola: “Dopo due anni hanno scoperto tutto, sapevano della droga, della mia dipendenza e mi hanno convinto ad entrare in una comunità di recupero” – ci spiega.
La comunità e il baratro
Paola pensava di farcela, ma quel percorso durato più di due anni non è bastato. Paola, ancora troppo fragile, è ricascata di nuovo nel baratro. E si è ritrovata faccia a faccia, ancora una volta, con la cocaina, che proprio non voleva lasciare. Come se quella, ai suoi occhi, fosse l’unica ancora di salvezza, come se la facesse allontanare dal mondo e dalla sua ‘sensibilità’, da quella realtà difficile. Come se dietro alla ‘polvere bianca’ si nascondesse un ‘rifugio’. “Non avevo fatto un lavoro su me stessa, il problema era dentro di me. Avevo paura del mondo” – ci dice Paola, che una volta uscita dalla comunità ha incontrato un nuovo ragazzo. “Anche lui, purtroppo, faceva uso di droga, di eroina, ho attraversato un periodo buio, ho avuto una vita travagliata”.
Il carcere e la sua rinascita
Ma non piove per sempre. Esce l’arcobaleno, poi torna il sereno. E a Paola è servito uno ‘sbaglio’, un errore, a capire che qualcosa non andava, che doveva reagire, rimboccarsi le maniche, rialzarsi e prendere a ‘pugni’ le sue paure. “Il mio ragazzo dell’epoca un giorno fece una rapina, a mia insaputa. Entrò in un supermercato, io ero in macchina ad aspettarlo, sotto effetto di sostanze stupefacenti. Tutto è successo in pochi istanti, non ero lucida“. – prosegue nel suo racconto Paola, che alterna pause e voce rotta. “Ci hanno arrestato e sono finita in carcere”.
Ed è proprio lì, dietro le sbarre, che è arrivata la ‘svolta’. La sua ‘svolta’. “In cella ho dovuto scegliere. E io ho scelto di vivere, di ricominciare. Il carcere non sempre, come dicono tutti, rovina o peggiora le persone”. Lì sei solo con te stesso, con persone che soffrono, hai tutto il tempo per guardarti dentro, per capire che migliorare si può. E che la vita, a colori, è più bella. “Bisogna essere chiari con se stessi, capire cosa cambiare, si deve individuare la strada giusta. Solo così – ribadisce Paola con fierezza e orgoglio – si può uscire dal tunnel. In carcere non puoi essere debole, devi reagire, affrontare la paura”. E lei, di paure ne aveva tante. Forse troppe. Ora, però, le ha sconfitte: si guarda indietro e vede una ragazza fragile, sensibile, senza stimoli. E si guarda ora rinata, forte, coraggiosa, sensibile sì, ma consapevole che ogni ostacolo, anche quello più insormontabile, si può valicare. Tutto dipende da noi, dalla nostra volontà perché la vita va vissuta. E farsi del male da soli, annientarsi, ridursi a sopravvivere non è (e non deve) essere possibile.
“Quando sono uscita dal carcere non ho fatto più uso di sostanze stupefacenti. E sono certa che non ricadrò più nel baratro” – ci ha spiegato Paola, che ha deciso anche di scrivere un libro e di raccontare la sua storia. Lei ce l’ha fatta e ce la possono fare tutti perché la ‘droga non è invincibile‘. “L’importante è lavorare su se stessi, non smettere mai. Bisogna conoscersi, avere obiettivi, tutti i muri si possono abbattere e si può uscire dalla tossicodipendenza”. Il suo è un messaggio di speranza e di forza, è un appello ai genitori che devono sì educare, ma avere anche fiducia nei figli, ascoltarli, capirli, stargli vicino. Senza giudicarli e farli sentire ‘sbagliati’.
Dalla tossicodipendenza si può uscire
Paola oggi è una donna nuova, diversa, è una chef. È partita dal suo passato, dagli errori, dalle sue paure e ha fatto un ‘salto’ in un presente diverso, più ‘colorato’, lontano dalle dipendenze. Ha superato le difficoltà, è uscita dal tunnel e ha visto la luce. Ma ha imparato anche a danzare sotto la pioggia perché la vita, come a tutti noi, continuerà a metterla di fronte a delle sfide, a degli ostacoli. A delle prove, che lei riuscirà a superare. Con coraggio. Ora che si è ‘riappropriata’ di se stessa, dei suoi sogni e dei suoi desideri. ‘Uscire dalla tossicodipendenza si può’. E si deve.