Alfredo Cugini 38.94% delle preferenze (7.344 voti); Mario Savarese 32.39% (6.109 voti). Questi i due nomi e i relativi “numeri” che si sfideranno il 25 giugno per ottenere la poltrona di sindaco di Ardea.
Una poltrona scomoda, se si va a guardare la situazione in cui versa la città. Una poltrona ambita, fin troppo, se si dà ascolto alle chiacchiere di corridoio e sui social, che parlano di voti comprati, di offerte di ogni tipo, di promesse al di là di ogni immaginazione.
E proprio analizzando in modo parallelo i numeri che sono usciti dalle urne e quanto invece viene commentato sui social tentiamo di capire cosa sia successo l’11 giugno all’interno delle cabine elettorali rutule.
Ormai da almeno 4 anni i cittadini di Ardea, più o meno (ma anche per nulla) schierati politicamente, esponevano le loro lamentele nei confronti della gestione amministrativa del Comune. “Paralisi” era il termine più morbido adottato: spesso, nell’illustrare le mancanze e i problemi, si arrivava anche agli insulti, passando ovviamente dalla classica frase “andate a casa!” che accompagnava l’augurio di nuove elezioni in tempi rapidi, nella speranza di far ripartire il paese e di risolvere gli annosi problemi che lo affliggono.
Tutti insoddisfatti, tutti pronti a una rivoluzione (da tastiera), tutti decisi a cambiare le cose.
Con un panorama del genere, lo schieramento proposto dal candidato sindaco Alfredo Cugini – dove sono presenti almeno 18 persone che, in qualità di consigliere o di assessore, hanno governato nell’amministrazione uscente – sembrava essere destinato allo sfacelo: erano gli stessi che fino a pochi giorni prima dovevano essere messi al rogo, accusati delle peggiori nefandezze, cacciati a calci, mandati a lavorare dal popolo del web, da quello dei bar e pure da quello delle spiagge.
Complimenti quindi ad Alfredo Cugini, che ha saputo dimostrare con i fatti che tra quello che dice attraverso uno schermo e, spesso, un nickname falso, e quello che succede nella realtà c’è un abisso. Ma si tratta solo della bravura di Cugini e della sua squadra o c’è qualcos’altro? Sono stati gli avversari – tranne Savarese – che non hanno avuto le capacità di raggiungere il cuore degli elettori?
Se si guardano i numeri degli “altri” (Cantore 7,92 %, 1.494 voti – Giordani 6,88%, 1.299 voti – Fanco 6,17, 1.164 voti – Vita 3,42%, 645 voti – Fasoli 2,54%, 480 voti e Tamanti 1,69%, 320 voti) si vede l’abisso che li separa da i contendenti che si sfideranno al ballottaggio. Cosa non ha funzionato?
Non ha avuto presa la politica urlata, ma nemmeno quella troppo pacata, così come non hanno avuto presa vari episodi del passato rispolverati in quello che doveva essere il momento giusto (ognuno faccia i collegamenti che ritiene opportuni…).
Non hanno avuto presa “gli estratti” di avvisi di garanzia, di processi, e neanche i sospetti e le accuse più o meno velate.
I voti sono arrivati lo stesso e, come si dimostrerà quando verranno ufficializzate le preferenze dei candidati consiglieri, sono voti presi specialmente dai già criticati quando erano in carica con la vecchia amministrazione.
Come è stato possibile? La risposta sta in un nome: Ardea.
Dall’altra parte, a smorzare il ciclone Cugini, c’è Mario Savarese, rappresentante di un Movimento che nel resto d’Italia ha preso moltissimi schiaffi, sgonfiandosi come un soufflé mal riuscito.
Un risultato controcorrente, quello di Savarese, rispetto a quanto successo altrove: i 5 Stelle sono rimasti fuori da quasi tutti i Comuni dove hanno presentato la loro lista. I cittadini probabilmente hanno tenuto conto dell’ “effetto Raggi”, con una Roma mal governata, sporca e più piena di problemi rispetto a un anno fa. Ma, ancora più probabilmente, si sono stancati del continuo “è colpa di quelli di prima” riferito a ogni problema, anche quello sorto solo un’ora prima, preso come “Leitmotiv” da tutti gli esponenti pentastellati, bravissimi – al contrario – a prendere i meriti delle cose positive. E, quasi certamente, i cittadini si sono stancati degli insulti, dei tentativi di mettere il bavaglio a chi la pensa diversamente, delle continue proteste a fronte di poche proposte da parte di Beppe Grillo, che proprio ieri, durante il voto a Genova, ha dimostrato la sua anti-democraticità nei confronti della stampa (non tutta, Travaglio e Il Fatto Quotidiano ovviamente sono a parte), dicendo che per avere la democrazia in Italia dovrebbero andare via tutti i giornalisti (queste le sue parole, verificabili sul sito di La Repubblica, che ha filmato tutta la scena: “Uscite da questa Repubblica – dice ai cronisti – dovete sbloccare la democrazia andando in un altro Paese”. E all’uscita dal seggio respinge anche il sondaggista dell’Istituto Piepoli, incaricato di raccogliere le indicazioni di voto anonime per gli exit poll della giornata. ‘Ma come, lei che è sempre per la trasparenza non mi risponde?’, gli dice, ma Grillo porta via il modulo senza compilarlo).
Non era questo, quello in cui avevano creduto e sperato gli italiani nel 2012 e nel 2013, quando hanno reso il Movimento 5 Stelle il partito con più preferenze nel Bel Paese. Gli “esempi pratici” sono andati troppe volte in netto contrasto con le belle parole, in cui molti di noi ancora credono, come ci credono coloro che hanno dato la fiducia a Mario Savarese e che chiedono un taglio netto con il passato, quel passato contestato ma – come dicevamo prima – nuovamente votato da quasi il 40% dei cittadini che si sono recati alle urne.
E qui si tocca un altro punto dolente: la bassissima affluenza.
19.502 votanti, con un’affluenza pari al 53,43% degli aventi diritto. Dove era l’altro 46,57%? In spiaggia dalle 7 alle 23?
Più di 17 mila persone che – ne siamo certi – si sono lamentati della vecchia amministrazione e si lamenteranno della nuova, chiunque verrà eletto.
Ultimo punto: cosa succederà adesso?
La differenza tra i due candidati è del 6,55%, pari a 1235 voti. Appena un quarto della somma di voti ricevuti dagli altri candidati sindaco. Da che parte si schiereranno adesso gli sconfitti?
Già corre la voce “tutti contro Cugini”, ma come sappiamo i fatti smentiscono le parole, anche se ora lo stesso Cugini – che forse pensava/sperava/voleva? chiudere la partita nei 90′, ben consapevole dei rischi di un eventuale “tempo supplementare” e per di più contro un grillino – dovrà compiere l’impresa di difendere i voti conquistati fin qui: ci riuscirà? Quali carte potrà ancora giocare dopo quanto fatto fin qui?
E Savarese? Otterrà il tanto sospirato sorpasso? Almeno in teoria potrebbe avere qualche cartuccia in più ancora da ‘sparare’ rispetto al rivale (soprattutto in termini di taglio con un passato senza dubbio ingombrante), ma basterà?
E gli astenuti del primo turno, che faranno adesso? Passeranno un’altra giornata sotto il sole e poi a casa per riprendersi dalla stanchezza di una giornata di mare, oppure decideranno di prendere in mano quella matita che dà loro il potere di esprimere la propria opinione?
Al di là del risultato finale, che farà gioire qualcuno e disperare qualcun altro, il punto su cui bisogna maggiormente riflettere è proprio questo: sul numero incredibilmente alto di cittadini che ormai alle promesse elettorali non crede più.
Saranno pure dei contestatori da tastiera, ma sono soprattutto dei disillusi della politica.