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Ardea, ricoverato per frattura, muore di polmonite: il caso di malasanità su Rai Uno

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Ho portato mio padre, 64 anni, all’ospedale perché era caduto: nelle mani della sanità italiana per un mese e mezzo è morto di polmonite. E’ stato fatto il massimo per salvarlo? Si può morire per infezione in una struttura ospedaliera?”.

Sono alcune delle impellenti domande che da quasi due mesi si pongono la moglie e i figli dell’ardeatino Aldo Scione, deceduto il 21 gennaio dopo un’autentica odissea ospedaliera della quale hanno interessato anche la magistratura, con un esposto. Interrogativi che saranno riproposti martedì 14 marzo nel servizio che la trasmissione dalla parte del cittadino “Tempo & Denaro”, in onda ogni giorno su Rai Uno dalle 11.05, ha deciso di dedicare a quello che si prefigura come un altro caso di mala sanità: in diretta dalla piazza di Grottaferrata, di fronte al municipio, interverranno il figlio della vittima, Nicola Scione, e Riccardo Vizzi, consulente personale di Studio 3A, la società di patrocinatori stragiudiziali specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, che assiste la famiglia delle vittima.

A dicembre la caduta e l’inizio del calvario

Il calvario di Aldo Scione che, a parte un ictus, ben superato già da tre anni, gode di buona salute, inizia il 3 dicembre 2016 da una brutta caduta e una doppia, errata diagnosi. Il 64enne lamenta forti dolori alla gamba sinistra e il figlio lo conduce prima, il 4 dicembre, al Pronto Soccorso del nosocomio di Anzio, poi, il 6 dicembre, in quello della Casa di Cura Sant’Anna di Pomezia: in entrambe le circostanze, però, secondo i sanitari le radiografie sono negative, nessuna frattura alla gamba: il paziente viene dimesso con la prescrizione di una semplice Tachipirina. Perdurando tuttavia i dolori, i familiari si rivolgono a una fisioterapista e poi ad un fisiatra, che notano subito la posizione scorretta del bacino dovuta al femore completamente fuori asse. Nuova chiamata al 118 e questa volta, finalmente, all’ospedale di Anzio, con le lastre viene effettivamente individuata una frattura del femore sinistro, ma sono passati 18 giorni: è il 21 dicembre.

I medici decidono di intervenire chirurgicamente, ma anche qui l’iter è tutt’altro che liscio: la prima operazione, il 23 dicembre, non riesce a causa di un “errore umano”, come avrebbe ammesso uno degli ortopedici, e quindi, la vigilia di Natale, il paziente deve tornare in sala operatoria. Questa volta sembra tutto a posto e il 30 dicembre il signor Aldo viene trasferito presso la casa di cura Villa dei Pini, sempre ad Anzio, per la riabilitazione: al suo ingresso tutti gli esami risultano a norma.

Dopo l’operazione il lento peggioramento

Qui, tuttavia, il paziente va incontro a un progressivo e misterioso deterioramento delle sue condizioni di salute generale: non ha appetito, respira affannosamente e denota anche stati confusionali. Tutte problematiche ripetutamente segnalate dai familiari ai sanitari, che però minimizzano sempre, ascrivendole alla stanchezza o all’inappetenza. Finalmente, l’11 gennaio, a fronte delle proteste della famiglia, Aldo Scione viene sottoposto ad una Tac toracica che evidenzia una bronchite, trattata con con una flebo di fisiologica ed una cura antibiotica per il manifestarsi di un’infezione alla gamba in sede di intervento.

Ma il 15 gennaio, nonostante un iniziale miglioramento, la situazione precipita all’improvviso: i medici sono costretti a somministrargli diversi farmaci dopo averlo trovato incosciente, in coma diabetico, sul proprio letto. I parametri vitali si riprendono, ma a causa della grave e persistente infezione alla gamba, dalla Casa di cura il 17 gennaio decidono di riportarlo al pronto soccorso di Anzio, dove Scione palesa problemi respiratori sempre più seri e un anomalo gonfiore all’addome. Anche in questo caso, solo dopo le rimostranze dei suoi congiunti i medici decidono di sottoporlo a una nuova radiografia toracica grazie alla quale viene diagnosticata una polmonite bilaterale massiva. Inizia la cura antibiotica, e il paziente sembra potersi riprendere, ma improvvisamente giunge il nuovo e definitivo tracollo: la sera del 21 gennaio i familiari, richiamati d’urgenza all’ospedale, fanno appena a tempo a raggiungerlo che questi spira.

Familiari chiedono di fare chiarezza

Superato lo choc per una perdita così pesante, inaspettata e inspiegabile, i familiari si sono attivati con lo scopo di fare piena luce sull’accaduto. Si sono rivolti a Studio 3A e nei giorni scorsi è stato presentato un esposto presso la Procura di Velletri, per chiedere all’autorità giudiziaria di “disporre gli opportuni accertamenti onde verificare eventuali profili di responsabilità penale in capo ai medici che hanno preso in cura Aldo Scione, ovvero le strutture ospedaliere di pertinenza, disponendo, se del caso, l’acquisizione della cartelle cliniche integrali nonché un esame autoptico sulla salma, incaricando all’uopo un perito”. Nella speranza di ottenere presto una risposta da parte della magistratura.

 

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