Cumuli di rifiuti all’esterno, un furgoncino parcheggiato pieno di immondizia. E poi alcune auto di lusso, che contrastano con l’aria di povertà e degrado che quasi ti schiaffeggia quando si arriva qui, nel comprensorio di case di proprietà dell’Ater di via dei Fenicotteri, a Tor San Lorenzo. Le case del Comune sono poco più di 40, mentre quelle dell’Ater, poco meno di 180. Del totale, circa il 70% di quelle che risultano abitate hanno inquilini abusivi. Ci sono persone che vivono qua da sempre, che ci sono nate o che ci hanno fatto nascere i loro figli. E che per loro hanno occupato le case, le poche rimaste vuote o quelle che man mano si liberavano perché qualcuno decideva di andarsene. È una sorta di città nella città, le sue leggi non scritte e con i suoi equilibri, che a volte però vengono meno, provocando fratture insanabili e faide interne. Qui i problemi sono tanti, con una costante: la poca presenza delle istituzioni.
Il Comune, a detta di chi ci abita, non si vede e non si è mai visto, così come l’Ater. Eppure, tre anni fa un intervento ci fu: il 5 marzo del 2019 furono effettuati dalla polizia locale alla presenza di un funzionario Ater, su disposizione delle Procura della Repubblica di Velletri, lo sgombero di 2 appartamenti occupati abusivamente. Gli sgomberi avvennero a seguito di controlli e censimenti effettuati dalla municipale di Ardea: le due abitazioni erano rimaste vuote a seguito della morte degli occupanti, ma successivamente erano state occupate da alcuni senzatetto che a loro volta sembra le avessero vendute agli occupanti sfrattati dalla polizia locale. Dopo lo sgombero gli appartamenti sono stati murati, ma non si sa per quanto tempo sono rimasti vuoti e se, dopo lo sgombero, sono stati occupati nuovamente.
«Siamo persone perbene, ma ho occupato una casa anche per mia figlia: non abbiamo i soldi per l’affitto»
«Non abbiamo soldi per comprarci casa o per affittarla ai prezzi di mercato – racconta una donna vive qui da 37 anni – Non li ho io come non li ha la maggior parte della gente come me. Siamo persone perbene, stiamo qui da sempre, non diamo fastidio a nessuno. Io sono entrata grazie al sindaco Antonio Gazzi: mi avevano buttato fuori da un’altra casa occupata a Pomezia e siccome avevo i bambini piccoli, il Comune di Ardea ha offerto una sistemazione per me e per altre famiglie».
Sistemazione che doveva essere temporanea, ma che invece è diventata a tempo indeterminato, facendo diventare questi inquilini tutti abusivi. «Nel tempo – prosegue la donna – ho occupato anche un altro appartamento, sfondando la porta a calci, per darlo a mia figlia. Ripeto, non abbiamo i soldi per prenderci una casa, cosa dobbiamo fare, andare in mezzo a una strada? Poi, insieme ad altre famiglie, abbiamo anche occupato quella che una volta era la scuola: ecco, guardi lei, l’abbiamo trasformata, prima era un lerciume, con tutti i bagni e mobili rotti, con la muffa, adesso è tutto pulito. Ho pure costruito i muri per dividere gli spazi e comprato un biliardino per far giocare i bambini del palazzo».
Un’altra donna spiega come vengono occupate le case. Quando qualcuno muore o va via perché stanco di stare qui e la casa si libera, già nel giro di poche ore qualcun altro prende il suo posto semplicemente aprendo la porta (o sfondando il muro in caso di casa già sgomberata e murata), senza dare tempo al Comune di avviare le procedure di avvenuta riconsegna da parte del precedente inquilino o dei suoi familiari in caso di decesso. Una volta entrati il gioco è fatto: per arrivare allo sgombero passano anni e, qualora ci si dovesse arrivare, si può sempre occupare un’altra abitazione. «Ma noi che stiamo qui da oltre 30 anni chiediamo solo di essere regolarizzati: dobbiamo pagare qualcosa per l’affitto? Va bene, lo paghiamo: io guadagno 400 euro al mese facendo le pulizie e ho anche una figlia da mantenere. Ne devo magari dare la metà per l’affitto? Sono anche disposta a darla, basta che non mi chiamino più abusiva, perché non mi sento abusiva. Ormai ho il diritto di stare qui, visto che questo posto lo curo», dichiara la donna. Ma non tutti occupano le case per abitarci. C’è pure chi le occupa per rivenderle. Da anni, come già abbiamo scritto in un nostro articolo datato 8 aprile 2017.
«Una delle persone che vende le case popolari è mia figlia»
«Io conosco benissimo la persona che ha occupato e venduto almeno due case popolari, mentre un’altra l’ha affittata», ci racconta un uomo. «La conosco meglio di tutti, perché sono suo padre». La sua è una rivelazione choc. «Dico la verità, non ho problemi a mostrare la mia faccia e a dire il mio nome», dichiara. «In 36 anni che vivo qui non ho visto nessuno del Comune, né Sindaco o Assessori, né tanto meno i vigili». «Ad Ardea non funziona niente, per quanto riguarda le case popolari. In questa casa sono entrato grazie al sindaco Antonio Gazzi, non ho sfondato nessuna porta, non ho occupato abusivamente e non ho neanche comprato da qualcun altro, eppure risulto abusivo», racconta.
Anche lui, infatti, doveva stare qui per poco tempo, ma è rimasto con tutta la famiglia, senza mai poter prendere la residenza proprio perché non c’è mai stata una regolarizzazione. «Ho fatto richiesta di sanatoria diverse volte, nessuno l’ha mai lavorata. Sta ancora lì, in attesa di risposta».
Cos’è questa storia della vendita delle case?
«Una brutta storia. Mia figlia purtroppo si è fatta trascinare dal compagno ed è finita in brutti giri. La prima casa l’ha sottratta vent’anni fa alla zia, la sorella di mia moglie, che in quel periodo era ricoverata: lei dice di averla pagata, ma mia cognata i soldi non li ha mai visti. Fatto sta che quell’appartamento adesso è stato rivenduto per 20 mila euro e mia figlia è andata a vivere da un’altra parte. Nel frattempo ha anche occupato un’altra casa, subito rivenduta, mentre un’altra ancora l’ha affittata. Mi vergogno di essere suo padre». La vicenda è complessa. «Da qualche anno ha sempre comandato, qui, tant’è che per ‘rispetto’ la chiamano ‘la zia’».
Ardea, case popolari Via dei Fenicotteri: cosa fa il Comune?
Sulla questione compravendita delle case popolari è intervenuto anche il Sindaco di Ardea, Mario Savarese. «Va innanzitutto evidenziato che l’Ufficio Patrimonio, istituito da questa Amministrazione dopo anni di immobilismo, sta portando avanti un lavoro enorme per quanto riguarda la gestione degli alloggi ‘popolari’. Ci siamo trovati di fronte a una situazione allo sbando. Stiamo mettendo ordine per invertire la rotta: grazie a una proficua collaborazione con l’Ater Provincia di Roma è iniziato un vero e proprio censimento degli immobili e di chi si trova al loro interno, dal quale stanno emergendo diverse situazioni. Attualmente è operativa una Commissione composta anche da tecnici e avvocati, istituita per la prima volta da questa Amministrazione in oltre 50 anni di vita autonoma del Comune di Ardea, che sta lavorando per stilare una graduatoria volta all’assegnazione di eventuali alloggi Erp, sia dell’Ater che del Comune, rimasti liberi. In attesa di questa definizione, le case libere vengono assegnate con procedura d’emergenza».
In sostanza, quando un appartamento torna disponibile oppure perviene all’Ente o all’Ater – per quanto di competenza – la comunicazione relativa alla volontà di restituzione dell’alloggio stesso, si provvede a consegnare l’immobile in via del tutto temporanea a persone che si trovano in situazioni di grave disagio abitativo e sociale. Il Comune fa sapere che la valutazione dei casi avviene in modo scrupoloso, anche con il coinvolgimento dei Servizi Sociali competenti. Questo per evitare che gli immobili vengano “murati” in attesa dell’assegnazione definitiva, andando ad aggravare l’emergenza abitativa in essere. Ma il problema, a quanto viene raccontato dai residenti, sono i tempi: tra quando si libera l’immobile e quando viene fatta la comunicazione troppo spesso passa troppo tempo ed è proprio quello il momento in cui viene fatta l’occupazione che, a volte, sfocia anche in una compravendita.
Ad ammetterlo è lo stesso Sindaco. «Ardea è un Comune che, in 15 anni, ha visto raddoppiare la popolazione, ma non è mai esistita una politica della casa. Non si è mai pensato alla costruzione di case popolari e non è mai emersa una pianificazione della crescita del paese. Quando si è di fronte a ‘vuoti’ di questo genere, come accade in ogni città e paese d’Italia, purtroppo il risultato è quello di assistere all’attività di vere e proprie organizzazioni ‘parallele’ e decisamente poco istituzionali, che danno vita a un ‘commercio’ clandestino delle case popolari, generando una situazione inverosimile su cui, per quanto di nostra competenza, stiamo cercando di intervenire. E su questa cronica carenza di alloggi grava anche il problema dell’abusivismo: come noto, ad Ardea vengono occupate case destinate all’abbattimento, ma non si può sopperire a questa emergenza abitativa perché non esistono nuovi alloggi».