L’inverno sta per finire e già si pensa – Covid permettendo – alla prossima estate. Ma guardando al litorale nostrano la situazione non è proprio rosea. Facendo una perlustrazione da Marina di Ardea fino a Lavinio le cose che non vanno sono parecchie, a partire dalla spiaggia, resa impraticabile per colpa delle canne trasportate dalle acque dei canali e poi depositate lungo la riva. Ci sono centinaia di metri di canne, ammucchiate dal vento e dall’acqua.
Ogni volta che vengono tagliate dai canneti lungo le rive dei canali per opera del Consorzio di Bonifica, invece di essere portate via vengono lasciate perlopiù a terra. Il vento e il maltempo le trascinano in acqua, portandole fino al mare, dove si depositano sul bagnasciuga. La pulizia dell’arenile, a questo punto, diventa a carico del Comune, quindi dei cittadini. Ci si chiede quindi perché non si obblighi il Consorzio a smaltire le canne ogni volta che vengono tagliate, per evitare che queste vengano trasportate dall’acqua fino al mare e poi depositate lungo l’arenile.
Sempre sulla spiaggia, oltre ai rifiuti “comuni” ci sono dei misteriosi fusti blu, portati dalle mareggiate: nessuno ha il coraggio di aprirli per vedere cosa contengano (né tantomeno qualcuno li porta via). Il timore è che possano contenere rifiuti tossici, altamente inquinanti. Cosa potrebbe succedere se ci fosse una fuoriuscita? Ma questi non sono di certo gli unici problemi che abbiamo riscontrato: procedendo verso sud si nota che ci sono delle spiagge libere attrezzate trasformate in veri e propri stabilimenti balneari. Luoghi dove in cui si dovrebbe semplicemente noleggiare l’ombrellone, il lettino o la sdraio, posizionando l’attrezzatura nel momento dell’arrivo del cliente e togliendola quando va via, in realtà viene lasciata “fissa”, con preposizionamento per tutta la stagione (comportamento vietato, perché si tratta di spiaggia libera in cui chiunque deve poter andare anche con propria attrezzatura).
Ma la cosa peggiore è che quelli che dovrebbero essere dei semplici chioschetti (e qualcuno si chiede come sia possibile che chioschi fatti con i pannelli ad infilare possano avere l’abitabilità e l’agibilità tecnica), magari con licenza di bar, nel giro di qualche mese abbiano ampliato le loro superfici, creando parcheggi esterni, ristoranti vista mare, chiudendo parti di spiaggia libera, cementando parti di arenile e lavorando come stabilimento, visto che c’è il preposizionamento. Si trovano anche container e una veranda mattonata e chiusa, utilizzata come ristorante da circa tre anni.
Tutto qui? Ovviamente no. C’è un’altra chicca. C’è un noto stabilimento, a Marina di Ardea, sul quale pende un’ordinanza di sgombero datata 25 luglio 2019 a causa del decadimento, sin dal 22 agosto del 2018, della concessione demaniale. Un po’ come la situazione dei 9 stabilimenti di Torvaianica, che, al contrario, non hanno invece più potuto lavorare sin da quando è stata notificata la decadenza, nonostante i vari ricorsi. Questo stabilimento, invece, è sempre rimasto aperto, malgrado l’ordinanza di sgombero: la polizia locale, infatti, non è mai andata sul posto a notificare l’atto. Come mai? Quale causa “ostativa” ha impedito agli agenti di andare sul posto e almeno tentare di far rispettare le regole?
Da Il Corriere della Città – APRILE 2021
Ma la situazione degli stabilimenti balneari ad Ardea è molto più ampia e complicata: andiamo a vedere la situazione delle concessioni demaniali. Al momento risultano esserci 4 concessioni decadute, che saranno rimesse a bando insieme a 2 che non hanno presentato richiesta di proroga. Sono invece 8 le concessioni in regola, alle quali il Comune potrà concedere sicuramente la proroga. Per le restanti, 28 in totale, gli uffici tecnici comunali, da noi interpellati in merito, dovranno fare delle verifiche per motivi vari: mancati pagamenti di canoni, canoni contestati per presunto calcolo errato, abusi edilizi, richieste di ampliamenti in fase di valutazione e altro.
Facendo un riassunto, sul litorale rutulo il 14% delle concessioni demaniali sarà rimesso a bando (anche se al momento non si ha una data certa di quando questo avverrà), mentre – come riferisce il Comune stesso alla nostra domanda – al momento solo il 19% degli stabilimenti è regola per la proroga. Ma, numeri a parte, le nostre domande sono queste: come mai non si è intervenuti prima di oggi, impedendo quella che appare essere una concorrenza sleale? La decadenza delle concessioni, infatti, è avvenuta perché non sono stati pagati i canoni concessori, nella loro totalità o in modo parziale. Questo ha creato una oggettiva disparità con chi, invece, ha sempre corrisposto allo Stato ogni centesimo richiesto.
Ovvio dunque che lo stabilimento che non pagava i canoni poteva permettersi di tenere bassi i prezzi al cliente finale, facendo offerte concorrenziali che il gestore fiscalmente onesto non poteva permettersi di offrire. Torniamo quindi all’esempio dello stabilimento su cui grava l’ordinanza di sgombero dal luglio del 2019: perché nessuno ha avuto il coraggio di provare ad eseguirla? Magari ci sarebbe stata un’opposizione, probabilmente anche a ragione, ma – da quanto ci risulta – nessuno si è mai recato a notificare l’atto, sul quale vi è comunque scritto che la notifica sarebbe stata disposta anche a mezzo Pec. Ma è stato realmente fatto? In ogni caso, il gestore continua a lavorare (ormai da quasi due anni) senza averne il diritto semplicemente perché nessuno del Comune è andato sul posto a dirgli di andare via.