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Tutti i temi vincitori di “Blogger per un giorno…”, il concorso letterario per le scuole

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E’ stata una festa cittadina la premiazione al concorso di scrittura creativa “Diario di Viaggio: blogger per un giorno”, tenutasi lo scorso giovedì, presso il Teatro Europa e che ha richiamato a partecipare come scrittori e come pubblico tantissimi giovani.

 

A presentare la manifestazione e i giovanissimi premiati Daniela Zeppetella, con delega alle Politiche Giovanili, e l’attore e conduttore Robert Sibu, reduce dal successo teatrale “Mare Nostro”.

Intervenuto il Sindaco Antonio Terra ha espresso la propria soddisfazione nel vedere che amministrazione pubblica e scuola lavorano in sinergia per l’educazione dei futuri uomini e donne di Aprilia. dal canto suo, l’assessore alla Pubblica Istruzione e Cultura, Francesca Barbaliscia era emozionata e orgogliosa: attraverso i lavori dei ragazzi si possono non solo conoscere essi stessi, ma anche i cambiamenti della società.

Ecco i vincitori e i loro componimenti per categorie, che si sono portati a casa ben 150 euro da spendere presso una libreria.

Per quanto riguarda la Categoria A vince l’elaborato dal titolo Figli dello stesso cielo risultante appartenere a Dezzi Christian della 5° A Istituto Comprensivo Menotti Garibaldi sede di Campoleone
Figli dello stesso cielo

Sono un bambino di 11 anni. Il mio primo viaggio l’ho fatto quando avevo 6 anni verso una destinazione per me davvero speciale: l’Italia, dove ho conosciuto i miei genitori. Sono stati proprio loro a trasmettermi il desiderio, la curiosità di scoprire posti e persone nuove. Ho viaggiato molto, viaggi brevi e lunghi, in posti vicini e lontani, visitando metropoli e borghi, scoprendo montagne e colline, pianure e deserti. È stato fantastico scoprire che le stelle che guardo la sera, prima di addormentarmi, sono le stesse che guardavo e che ancora guardano i bambini che sono rimasti ad aspettare, e che oltre quel portone dell’Istituto c’è un altro mondo fatto di cose e persone diverse. Ogni volta che viaggio, provo sensazioni ed emozioni incredibili; ricordo che non è stato facile gestire la grande gioia che ho provato nel trovarmi a bordo dell’elicottero che sorvolava il Grand Canyon. Oppure a Las Vegas, nel vedere l’acqua ballare a ritmo di musica nelle fontane del Bellagio. Così come quando ho visto la forza e la grandezza delle cascate di Iguazù. A Dubai ho capito che con i soldi e la tecnologia si può fare tanto, come per esempio la fantastica pista da sci nel deserto, i maestosi grattacieli, gli alberghi lussuosi e la torre altissima del Bury Khalifa. Come non stupirsi ammirando il ponte di San Francisco o le risaie di Bali o il fantastico mondo di Hollywood a Los Angeles! Cosa posso dire delle bellissime spiagge sulle quali ho passeggiato, giocato con i bambini del posto senza notare la differenza di lingua: esiste un linguaggio universale, fatto di gesti e di sguardi, nessuno può metterlo in dubbio! Mari e oceani, silenziosi e quieti, profondi ed arrabbiati con e senza squali, con e senza barriere coralline, tutti indimenticabili ed unici, ma che hanno come denominatore comune il bisogno di essere rispettati dall’uomo senza violarli e derubarli delle proprie bellezze. Diverso ed emozionante è stato vedere gli animali nel Bioparco, con gli occhi tristi in spazi limitati, rispetto alla libertà degli animali che ho ammirato durante il mio Safari al Kruger in Sud Africa. Come dimenticare la scena del leopardo sull’albero che stava banchettando con il suo impala morto! Mamme di elefantini che pur di difenderli minacciavano di attaccarci per non farci avvicinare, aprendo le orecchie e barrendo… che emozione! Leoni, giraffe, zebre, ippopotami, rinoceronti, leopardi, ghepardi, coccodrilli, iene, tutti liberi e felici nel loro mondo! Le nostre destinazioni di viaggio non sono state solo estere ma anche nell’Italia dalle mille meraviglie: ricca di storia, di cultura, di natura. Dalla Liguria all’Emilia Romagna, dal Lazio passando per la Toscana fino all’Umbria, dalla Campania alla Puglia dove tradizioni e cultura si mescolano fino a fondersi, dove, a volte, l’opera malvagia dell’uomo ha ferito la natura e le persone, dove di contro l’ha esaltata. Durante il mio ultimo viaggio in Sud Africa, sulle orme di Nelson Mandela, mi sono soffermato più volte a pensare come sia stato possibile offendere così tanto un popolo, schiavizzarlo ed umiliarlo al punto che ancora oggi fa fatica a risollevarsi ed a riscattarsi. Entrare in contatto con persone di cultura diversa dalla nostra è un momento di grande emozione e crescita per me. Tutti hanno qualcosa da donare, da trasmettere: il povero delle favelas di Rio de Janeiro, gli abitanti delle baraccopoli fuori dalle grandi città come Johannesburg, i bambini con i pancioni gonfi per la malnutrizione che non negano mai un sorriso a chi si trova, anche solo per un momento, a vivere la loro realtà. Da nord a sud, da oriente ad occidente, non alziamo barriere all’integrazione, non sentiamoci superiori a nessuno. Viaggiare apre la mente, allarga gli orizzonti, non porta a giudicare, ma insegna, come dice la maestra, a vivere cogliendo l’attimo!

Per quanto riguarda la Categoria B vince Dubai: un paesaggio da opera d’arte risultante appartenere a Sabato Sveva Classe 3° D Istituto Comprensivo Gramsci.

Dubai: un paesaggio da opera d’arte
Avete presente quando decidete di fare un po’ di pulizia tra le cartelle del computer? Beh, se non avessi finalmente deciso di farlo non starei scrivendo questo. Ho ritrovato un vecchio video, la raccolta di tutte le foto scattate durante la crociera che feci nel 2011, quando avevo otto anni. Certe cose non me le ricordavo ma ora che le ho viste mi sono ritornati alla mente tutti i ricordi. Era la settimana prima di Natale, periodo dell’anno perfetto per un viaggio negli Emirati Arabi: altro che inverno, lì era piena primavera! Andavamo in giro a maniche corte e pantaloncini mentre in Italia bisognava vestirsi molto pesanti! Dell’intero viaggio in Medio Oriente, che comprendeva la visita delle tre città principali cioè Abu Dhabi, Muscat e Dubai, l’ultima di certo è quella che mi è rimasta di più impressa. Quindi ho deciso di scrivere il mio viaggio in quella maestosa città, lì dove al limitare del deserto sorgono i grattacieli.
22 dicembre del 2011
La prima meta del giorno è stata il deserto che si stende appena accanto alla zona abitata. Per raggiungerlo abbiamo usato le jeep per poter “navigare” tra le dune. Peggio delle montagne russe! Non vedevo l’ora di arrivare e scendere dalla macchina! Fortunatamente ci abbiamo messo poco per arrivare e… cosa dire: uno spettacolo! Qua e là tra la sabbia spuntavano dei rigogliosi cespugli che regalavano un tocco di colore al paesaggio delineato da marrone e azzurro. Inutile parlare della temperatura: esageratamente alta! Stare nel deserto significa provare quel senso di libertà assoluta, senza limite: ovunque guardi vedi sabbia e dune e poi il cielo. Il più bel passatempo? Ce ne sono molti. In questa giornata ho passato il mio tempo a scivolare nelle conche sabbiose e ad arrampicarmi per avere la migliore vista. Poi ad un certo punto abbiamo trovato degli strani frutti sepolti. Assomigliavano a delle angurie, sia per il colore che per le somiglianze delle piante, con una piccola differenza: le dimensioni. Tutti conoscono la grandezza di una comune anguria, ora provate ad immaginarla grande quanto una palla da tennis! Quegli strani frutti sono lo spuntino preferito dei dromedari, dato che la maggior parte presentavano morsi notevoli. Ci è anche stato proposto di fare un giro con i cammelli ed io subito ho accettato! La mia mente da bambina si sentiva come invincibile a cavalcare un simile animale, anche se avrei preferito una bella corsa verso l’orizzonte, piuttosto che una tranquilla passeggiata di dieci minuti circa. Verso le sette di sera il sole iniziava a scendere piano piano verso terra. Quale miglior modo di ammirare il tramonto se non sopra una duna, sopra la più alta duna nei paraggi? Alle sette e venti circa, il cielo è divenuto prima rosso, poi arancione, rosa, azzurro, mentre una sfera rossa fuoco calava lentamente, sempre più vicina alla sabbia. Tempo di voltarsi un attimo e tornare a guardare il cielo, che già la terra aveva nascosto il sole, l’orizzonte lo aveva attirato a sé, lo aveva chiamato, e alla fine era scomparso dietro alle dune. Aumentava l’azzurro, che diveniva blu per accoglie la notte. Ma a quella festa notturna non poteva presentarsi solo quel cupo colore, c’era la luna, seguita dalle stelle, diverse da quelle che si possono ammirare nel nostro cielo: altre costellazioni, che non avrei mai immaginato di vedere o che potessero esistere. A mano a mano, il tenebroso cielo veniva invaso da mille puntini bianchi che salutavano l’ultimo raggio che tardava ad andar via. Come vi ho detto, ci trovavamo su una collina sabbiosa. Troppo monotono tornare a valle a piedi, e allora ci hanno pensato le nostre guide. Qualcuno nonostante tutto scendeva a piedi, altri, come la sottoscritta, ha deciso di tentare di portare un atmosfera invernale in un luogo dove non esiste il freddo. E via a scivolare giù, solcando la sabbia con slitte e snowboard. La serata l’abbiamo trascorsa in un villaggio di beduini: erano state allestite numerose tende che riproducevano ciò che accadeva in un normale villaggio. Alcuni uomini stavano cucinando la cena: spiedini di carne e pane arabo tipico dei beduini. Molto buono! In qualche tenda venivano proposti i vestiti tipici del luogo, e in una c’era una donna che faceva i tatuaggi all’henné, un tipo di tatuaggio non permanente, in rilievo, molto carino. Inutile dire che me ne sono fatto fare uno sulla mano! Ma come il sole, anche il caldo ci aveva lasciato. Assurdo pensare che nel deserto di notte si raggiungono temperature bassissime! Dopo aver consumato la cena, una ballerina ci ha mostrato la danza del ventre, successivamente siamo tornati in città, con la neve. Prepariamoci al prossimo giorno!
23 dicembre 2011
Oggi ci aspetta il giro di Dubai. La vista dei grattacieli è molto simile a quella di New York, solo che la Grande Mela non è circondata da sabbia. Dubai si affaccia anche sul mare e gli Arabi hanno sfruttato appieno questo vantaggio, creando una serie di isole artificiali che hanno stupende forme. Tra le più conosciute troviamo la grande e piccola Palma, la Via Lattea, il mondo e molte altre. La lussuosità di questa città è così elevata che gli hotel a cinque stelle non sono nemmeno i più belli, perché alcuni arrivano anche a sette o otto stelle. Un hotel a cinque stelle è ed esempio la Vela, un edificio a forma di vela che affaccia direttamente sul mare. Ma il punto forte è un altro: il grattacielo più alto del mondo, cioè il Burj Khalifa, alto ben 829,8 metri e con 163 piani, anche se sono visitabili dai turisti solo fino al 123 perché i successivi ospitano uffici. All’inizio avevo un po’ paura a salire con l’ascensore, perché mi avevano detto che è il più veloce esistente. Appena sono salita mi sono stretta forte a mia madre in attesa che finisse, ma dopo un po’ non sentendo movimento, ho guardato il numero di piani che scorrevano: ci stavamo muovendo e anche molto velocemente, ma non me ne accorgevo! La vista dalla cima era fantastica. Si poteva ammirare l’intera città, tutte le case, le fontane, le isole. Dopo aver fatto un giro tra le illustrazioni del progetto del grattacielo, siamo tornati a terra e abbiamo visitato il centro commerciale Dubai Mall, il quale detiene il record dell’acquario più grande del mondo. Esatto: un normale centro commerciale possiede l’acquario più grande esistente! Ed è davvero meraviglioso, specialmente il tunnel di vetro dove, mentre cammini, puoi vedere i pesci tropicali che a loro volta ti osservano!
Quella è l’ultima cosa che ho visto della città. Non me ne ero resa conto, ma il giorno dopo sarebbe stata la Vigilia di Natale!
Non è da tutti riuscire a visitare questi Paesi e mi ritengo fortunata di esserci andata. Solo che alcuni luoghi sono interessati da lotte intestine, altri da guerre sanguinose. Pensiamo a volte a ciò che accade laggiù, e ci accorgiamo che il colore vivace delle città ricche e belle è oppresso dal colore della rabbia.

Per quanto riguarda la Categoria C vince Siamo soli qui? di Mattia Pigliapoco classe 1° B Istituto Rosselli.

SIAMO SOLI QUI?

Mi sono sempre chiesto, anche da bambino: “Siamo soli qui? C’è qualcun altro?”.
Nonostante gli sforzi della NASA e delle altre compagnie non si trovò nulla di sostanziale – nessun indizio, nessuna traccia su cui potevamo scommettere. Sembrava essere un enigma irrisolvibile.
Poi, nel Febbraio del 2017, furono scoperti 7 esopianeti a 40 anni luce da noi, che potenzialmente possono ospitare vita.

8 giorni fa, l’8 Giugno 2027, era pronta la prima spedizione interstellare per visitare TRAPPIST-1e, l’esopianeta ritenuto il più adatto per accogliere forme di vita secondo quanto riportato dalla NASA. Fortunatamente ero stato scelto per partire nella prima spedizione del mondo! Eccitante, eh? È sorprendente pensare che sono passati così pochi anni da quando questi esopianeti sono stati scoperti nel 2017 e quanto è avanzata la tecnologia!
A quel tempo ero nello shuttle a cui ora sono stato assegnato. Mi sentivo abbastanza solo, ma c’era il mio blog a farmi compagnia! Per divertirmi mi ero portato il mio portatile, quindi non ho nulla da temere. Ah, lo shuttle è comandato da un’intelligenza artificiale – quindi non dovevo guidare io! Non avevo mai visto un’intelligenza artificiale così avanzata prima d’ora, era stupefacente. Fa anche il caffè!

Dopo 7 giorni arrivai su TRAPPIST-1e che per convenienza chiamerò Eve. Era una grande sfera blu, nuvolosa con alcune placche continentali, come la Terra. Il mio punto di atterraggio era una grande foresta con alberi blu che si estendevano fino a 50 metri di altitudine. Erano molto simili agli alberi sul pianeta Terra – il panorama era spettacolare! Le acque erano colorate di un celeste leggero e nel cielo azzurro si potevano osservare le stelle e il braccio della nostra galassia.
Continuai a girare per la foresta trovando vari piccoli insetti di diverse forme che sembravano perplessi di me. Li vedevo osservarmi, ma mi chiedevo come fosse possibile. Potevano essere senzienti come noi?
A un certo punto sentii dei passi più pesanti di quelli che avevo sentivo fino ad ora. Ero preoccupato ma anche curioso, quindi mi accovacciai dietro a una roccia che era poco più grande di me. Sporsi la mia testa dall’angolo e vidi qualcosa che avrebbe cambiato il mondo: un autentico alieno.
Aveva le sembianze di un tipico alieno grigio: indossava una gonna tribale fatta di pelli di animali ed era piuttosto piccolo. Sembrava quasi un.. bambino?
Mi alzai e mi feci vedere. L’alieno si girò e mi notò, facendo un’espressione di sorpresa e sembrò tremare. Misi giù la mia fotocamera per cercare di non intimidirlo. Stetti fermo, guardandolo. Egli era così diverso da quello che ero abituato a vedere sulla Terra che era quasi innaturale.
Il tempo sembrava essere immobile. Due creature provenienti da due diversi pianeti che si incontrano per la prima volta, una scena che avrebbe sconvolto molti.
L’alieno sembrò smettere di tremare e si avvicinò. Iniziai ad avvicinarmi lentamente anche io e offrii la mia mano come gesto di amicizia. Non sapevo se avesse funzionato, non conoscevo la sua lingua, non sapevo se fosse l’unico, ma ero completamente sconvolto. Anche lui lo era, si vedeva nei suoi grandi occhi neri.
Lui mise la sua mano sopra la mia. La sua pelle era diversa dalla nostra, era ruvida e fredda. Sembrò emettere un verso simile a un gatto, ma più alto in tono.
Gli mostrai il mio telefono ed egli lo prese. Era confuso, non sapeva cosa farci, quindi gli mostrai come accenderlo premendo il pulsante di accensione. Aprì la sua bocca come gesto di sorpresa, quindi spensi il telefono e gli feci provare, ridendo. Un sorriso si formò sulla sua faccia quando accese il telefono, provando varie volte.
Gli mostrai come usare alcune app e sembrava contento. Mi divertivo anche io a dir la verità, era la prima volta che mi succedeva qualcosa come questo.
Stavo per fargli vedere qualcos’altro ma lui mi interruppe, restituendomi il telefono. Mi segnalò di seguirlo come facciamo noi, quindi andai dietro di lui.
Mentre camminavo osservavo il paesaggio e scattavo foto; gli animali si facevano vedere di più e sembravano.. felici, anche se lo nascondevano un pò. C’erano varie creature che sembravano come i nostri maiali e mucche, ma più grandi e con il pelo. La gonna dell’alieno era fatta di pelle e quella pelle sembrava provenire da questi animali, quindi di sicuro erano ad uno stadio tribale dell’evoluzione.
Dopo qualche minuto arrivammo a un villaggio che era composto da tende a forma di piramide con un totem centrale che era alto il doppio degli alberi: era maestoso e pieno di illustrazioni tribali; dalla distanza a cui ero non riuscivo a vederle bene, ma era un capolavoro di arte.
L’alieno disse qualcosa in una lingua impossibile da capire per me, chiamò tutte le persone della tribù per farle giungere dove eravamo. Erano in 50: alcuni erano più grandi, altri erano come il mio amico alieno. Mi guardavano intenti per capire non chi fossi ma cosa fossi. L’alieno che incontrai prima gli parlò per qualche minuto; non sapevo di cosa stesse parlando ma ho capito che diceva loro che non ero un nemico.
A quel punto sembravano essere fiduciosi: si avvicinavano uno a uno per scrutarmi. Sembravano curiosi di scoprire cosa fossi, ma ormai ero abituato. È strano come mi sia abituato a degli alieni così velocemente – mi fa riflettere su come sia riuscito a comunicare con qualcuno che non parla la mia stessa lingua e non proviene dalla mia stessa razza!
Feci vedere agli alieni delle foto del pianeta Terra: alcuni puntavano degli elementi come le case o gli umani, altri guardavano shoccati. Risi alle loro reazioni; non perché erano buffe, ma perché ero contento di far conoscere un altro mondo a un’altra razza. Era come la gioia di un’insegnante nell’insegnare a scuola.
Rimasi sul pianeta fino a sera. Mangiai con loro e mi mostrarono tutto il villaggio, mi fecero anche indossare una gonna che poi portai con me e che ora ho appeso al muro della mia stanza. Quello che più mi ha sorpreso è stato il totem centrale e di come gli alieni lo venerassero cercando di interpretarne le illustrazioni. Erano raffigurate storie varie di vita di quelli che presumo fossero i loro antenati: scene incredibilmente simili a quelle che si vivono sulla Terra.
Si fece buio: ormai era tardi e decisi di ripartire verso il mio pianeta. Ero ancora vicino al villaggio quando mi venne incontro l’alieno piccolo e mi.. abbracciò forte come se fossi un suo amico in partenza. È stato un abbraccio indimenticabile: in così poco tempo io e gli alieni siamo diventati subito amici, quell’abbraccio è diventato il nostro modo di comunicare, senza parole, ma con tantissime e vere emozioni. La nostra spontaneità ci ha unito al di là delle nostre diversità.
Mi scese qualche lacrima dall’occhio; ero triste di dover andare, ma dovevo.
Gli presi la mano allo stesso modo in cui fece lui all’inizio del nostro incontro e iniziai ad andare via con gli altri alieni che mi salutavano con sorrisi sulla loro faccia.

Infine per la Categoria D risulta vincitore l’elaborato Come un Frecciarossa di Chiara di Benedetto Classe 3° R Plesso B Liceo Meucci.

Come un Frecciarossa
Amo viaggiare. Brevi o lunghi che fossero, ho amato quasi tutti i viaggi che ho compiuto. Ho sempre pensato che nella vita fosse fondamentale viaggiare, in fondo il mondo è così vasto, così bello e il tempo così poco; oggi però non ho voglia di raccontare nessuno dei viaggi a cui stavo pensando poco fa, anche perché, ahimè, non sono mai andata abbastanza lontano da potervi intrattenere con un racconto degno di tale nome. No, oggi voglio parlare di un altro viaggio, il più emozionante ma al tempo stesso il più difficile, il più lungo ma anche il più breve, il più comune ma anche il più singolare. L’immagine è così vivida nella mia mente che non posso fare a meno di descriverlo così… all’ombra del mio vagone, dal sedile in pelle rossa dove sono seduta, quello migliore, quello che dà sul finestrino, tutto sembra così luminoso: il sole gioca a nascondino tra i rami degli alberi, assomiglia ad un bambino timido che si nasconde dietro la gonna della madre ma che, troppo curioso, sbircia il mondo con l’occhio che non è nascosto, ogni sguardo una scoperta; con quello sguardo il sole mi colpisce il viso, amo la sensazione del calore sulla pelle, quel calore che sa darti solo il sole in alcuni speciali pomeriggi di primavera. Da una fessura nel finestrino (tipico degli italiani, figurati se non c’è qualcosa di rotto da qualche parte) entra un truciolo di aria fresca che mi colpisce la nuca riempiendo l’aria dell’odore della primavera. Fuori è una macchia verde, il treno va così forte! E’ come se qualcuno avesse impostato il film su “avanti veloce,” non si capisce niente di ciò che accade fuori, si vedono solo macchie sfocate, sprazzi di luce, montagne in lontananza, si hanno fugaci visioni di uccelli in un costante cielo azzurro, sembra che quel qualcuno debba premere “stop” da un momento all’altro, come se nel gioco delle sedie la musica si dovesse interrompere all’improvviso, ma non accade mai, il treno non si ferma così. Amo stare accanto al finestrino, anzi, io DEVO stare accanto al finestrino, cosa che mi crea non pochi problemi con le persone con cui viaggio… il fatto è che al mondo, secondo me, esistono due tipi di persone: il tipo “da finestrino”, e il tipo “da corridoio”. Inutile dire che è meglio non avere nulla a che fare con i tipi “da corridoio”… gente strana, alquanto triste direi. Ma tornando al mio posto sul treno veloce: il ritmo è costante, come il rumore: tum tum, tum tum, tum tum, gli sferragliamenti riempiono l’aria ma anche il silenzio. Ecco cosa c’è di strano: il silenzio. Mi guardo intorno, accanto a me c’è una signora anziana dal volto familiare, i capelli sono grigi quasi totalmente bianchi, lunghi fino al mento, gli occhi leggermente a mandorla sono buoni, gentili, mi ricordano altri occhi altrettanto buoni, di un castano chiaro, come il cioccolato al latte. Lei ha la valigia accanto, la tiene appoggiata al polpaccio sinistro, guarda dritto davanti a sé; è strano, qui nessuno riesce a guardare dritto, a non guardare fuori, a non guardare indietro, lei è l’unica che, con sguardo fiero e sicuro aspetta, aspetta che il treno si fermi. Ha l’aria un po’ emozionata ma non insicura, è come se sapesse dove sta andando, il che è strano dato che qui nessuno sa dove stiamo andando, non lo so nemmeno io. Capisco che può sembrare assurdo. Perché salire su un treno senza sapere dove è diretto? Il fatto è che per noi è così; non sappiamo quale sia la nostra destinazione, non sappiamo quale sia la nostra fermata. Ho visto solo poche persone scendere, loro lo sapevano quando, sapevano che era la loro fermata; prima se ne stanno tranquillamente seduti e guardare fuori come tutti, poi ad un certo punto, senza un segnale, senza che debba accadere nulla di particolare, si alzano e, con molta tranquillità, prendono le loro valigie e, appena il treno si ferma, scendono. Nessuno è mai più risalito, una volta che scendi non sali più. Non posso nascondere che ogni tanto mi assale un briciolo di desiderio di scendere alla prima fermata, non perché non ami il viaggio o cose del genere, ma perché è così difficile sopportare di non sapere… io sono un tipo curioso, siamo tutti curiosi, abbiamo bisogno di conoscere, siamo fatti tutti così qui, e non conoscere la nostra direzione ci spaventa, ci fa impazzire. Per questo a volte vorrei scendere, solo per sapere cosa c’è fuori, solo per avere una risposta alla mia domanda, alla mia perenne domanda, ma capisco che non è la mia fermata e che non posso rinunciare ad un viaggio tanto bello perché lo amo troppo. Come ho detto, ho visto diverse persone scendere, solitamente sono anziane, sono quelle che hanno viaggiato di più, a volte però sono giovani, a volte sono appena salite sul treno; ci chiediamo il perché, ma, se non sappiamo nemmeno dove stiamo andando, come possiamo spiegarci perché alcuni scendono e altri no, oppure perché alcuni scendono prima di altri? A volte guardo indietro e penso ai binari percorsi, lì la vista era mozzafiato, ancora più bella di come è adesso, era tutto nuovo per lo meno. Mi manca quella strada, ci ripenso sempre con un po’ di nostalgia, perché più vado avanti più i kilometri da percorrere mi fanno paura. Non fraintendete, sono felice di viaggiare, è solo che a volte mi sembra che il treno vada troppo veloce, vorrei fermarmi a respirare, vorrei godermi ogni particolare del panorama, ma non posso perché andiamo troppo forte e l’unica cosa di cui ho veramente paura è di non godermi il viaggio veramente a pieno prima che il treno arrivi al capolinea. Ma adesso basta, mi dovete scusare se mi lascio andare a questi pensieri, sarà l’età, o sarò io dato che a volte mi sembra di essere l’unica che vi si sofferma tanto. E va bene, ora mi concentro sul panorama e sto zitta, lo prometto… okay, no, è impossibile, i miei pensieri vanno più veloci del mio Frecciarossa, è più forte il loro rumore che quello del treno: tum tum, tum tum, tum tum, tum, tum aspetta, sbaglio o sta rallentando? La dolce signora accanto a me si è alzata con aria fiera ed emozionata, incredibile la stabilità con cui si muove su quelle deboli e stanche gambe, mi lancia uno sguardo colmo di uno scintillio strano, non so ben dire cosa sia, e con passo deciso si dirige verso le porte, queste si spalancano, lei tira un sospiro che dice “sono pronta” e scende dal Frecciarossa, che, come se non fosse successo niente, riparte a velocità sfrenata. Chissà come sarà la sua fermata, ho la sensazione che un giorno la rivedrò, non so bene dove o come ma la ritroverò e la ringrazierò per avermi accompagnato in questa avventura, anche se solo per poco; nel frattempo io me ne rimango qui, desiderosa solo di continuare il mio viaggio, perché, si sa, la parte migliore non è arrivare, è viaggiare… e poi questo viaggio è breve, anche se sembra lungo, lungo come una vita…

I premi speciali conferiti dagli agenti di viaggio vengono vinti:

Per quanto riguarda la Categoria C l’elaborato La Parigi dell’Est di Maria Pia Servadio classe II K Liceo Meucci. Per la Categoria D risulta vincitore del premio speciale l’elaborato Diario di viaggio – Viaggio in Giappone di Riccardo Capezza classe III AT Istituto Rosselli.

DIARIO DI VIAGGIO

Ciao, mi chiamo Riccardo ho 17 anni e oggi sono qui in questo blog per raccontarvi il mio viaggio in Giappone.
Principalmente ho visitato la capitale cioè Tokyo e per tutto il viaggio sono stato accompagnato dal mio amico di origini giapponesi Eisuke. L’idea del viaggio a Tokyo è nata insieme alla nostra amicizia tra i banchi di scuola.
Tutto è iniziato il 7 settembre quando è ricominciata la scuola e più precisamente quando in classe è arrivato un nuovo compagno, Eisuke appunto.
All’inizio non riuscivo a parlare con Eisuke: il suo italiano era comico e il mio giapponese inesistente…per non parlare del mio inglese maccheronico! Lui è più grande di me di un anno, un ragazzo dai capelli neri e gli occhi lucidi, pieni di vita. Mi ha incuriosito il suo essere discreto ma sempre attento a ciò che accadeva in classe. Per caso siamo capitati vicini di banco e poco a poco abbiamo iniziato a conoscerci. Sono sempre stato attratto dalla cultura giapponese e, vincendo la mia timidezza, ho chiesto a lui di disegnarmi qualcosa che potesse raccontarmi il suo paese e le sue origini.
Ho capito che Eisuke non vedeva i suoi nonni da molti anni e non aveva nessuno con cui tornare a Tokyo: mi sono subito proposto come accompagnatore. Non avevo la benché minima idea di cosa volesse dire organizzare un viaggio in Giappone con un giapponese….Ho delegato a lui la scelta del periodo e tutta la fase organizzativa. Io mi sono preoccupato solo di mettere in valigia la mia macchina fotografica. Siamo partiti in primavera. La sera prima della partenza Eisuke si è fermato a casa mia, non siamo riusciti a chiudere occhio: per lui il Giappone significava un ritorno alle origini, per me un sogno che si avverava.
Dopo molte ore di volo, trascorse tra l’impazienza e la curiosità di atterrare per scoprire un mondo per me sconosciuto, siamo finalmente arrivati. I cugini di Eisuke erano già in aeroporto al nostro arrivo. Siamo andati a casa dei nonni. Ero frastornato dal viaggio, ma incredibilmente felice. La casa dei nonni era esattamente come la immaginavo: avete presente la case di legno dei cartoni animati con le porte a vetri scorrevoli? Ecco la casa dei nonno di Eisuke era così. Mi sentivo come un personaggio di un cartone giapponese!!!
La mattina dopo ho accusato la mancanza del mio latte e caffè: ho dovuto prendere confidenza con il cibo giapponese e rinunciare alla mia dose di caffeina non è stato facile. L’entusiasmo di scoprire cose nuove era la mia dose di adrenalina per non crollare: zainetto e macchina fotografica e si va. Ho esplorato i dintorni, un quartiere molto antico di Tokyo e un parco giochi nelle vicinanze. Abbiamo percorso strade costeggiata da ciliegi in fiore, uno spettacolo che la natura mi ha regalato e che non ho potuto fare a meno di immortalare in una splendida fotografia che ora è diventato un quadro che Eisuke ha appeso nella sua stanza. Dopo un’intera giornata fuori casa siamo tornati a cena dai nonni: avrei divorato una pizza, ma sapevo che a tavola avrei trovato qualcosa di misterioso ed ignoto…ma anche questo fa parte della scoperta e della conoscenza. Vivere un luogo significa anche assaporarne colori, abitudini e sapori…e sui sapori ho avuto qualche difficoltà! Ovviamente non capivo una sola parola dei nonni di Eisuke, mi limitavo a scrutare le espressioni del loro volto e dai loro occhi lucidi, come quelli di Eisuke, traspariva la gioia e un senso, per me inaspettato, di famiglia. Ebbene sì…era lontanissimo da casa, ma mi sentivo a casa.
Sul tavolo c’erano i piatti tipici in segno di accoglienza ed ospitalità: Ramen,Takoyaki,Taiyaki: il prmo consiste in una zuppa a base pesce o carne, il secondo sono delle polpette a base di polpo ed il terzo è un dolce che ricorda il pancake americano ripieno. Il dolce era squisito!!!!
Dopo cena i nonni di Eisuke hanno acceso una candela molto grande: il mio amico mi ha spiegato che è una tradizione quella di accendere una candela quando ci sono ospiti. È legata alla loro religiosità: forme liturgiche che fanno parte della loro cultura. Prima di andare a dormire Eisuke ha acceso un ramoscello di incenso: mi ha spiegato che serve per purificare l’anima durante la notte.
Salutati i nonni siamo saliti nella nostra stanza al piano di sopra: la camera era priva di porte, c’era una parete scorrevole di carta che faceva passare la luce delle candele che si trovavano sulle scale e questo creava un atmosfera rilassante. Nella camera c’erano sacchi a pelo o almeno pensavo fossero sacchi a pelo… Eisuke mi ha spiegato che erano i letti tipici giapponesi chiamati Futon, letti interamente di fibra di cotone e molto sottili poggiati direttamente a terra.
Purtroppo il fuso orario aveva disturbato le nostre abitudini, il sonno tardava ad arrivare…quindi Eisuke mi ha proposto una partita a Shogi, un gioco da tavolo trovato dentro una scatola impolverata in fondo all’armadio. Mi ricordava molto i nostri scacchi: l’obiettivo era “mangiare” il re avversario. Abbiamo giocato per un paio d’ore, poi siamo crollati senza aver mangiato il re!
Il giorno seguente Eisuke mi ha portato nel centro di Tokyo: le vetrine dei negozi, le insegne luminose, i palazzi nuovi, tutto mi incuriosiva e mi attraeva. Poi finalmente siamo andati al mercatino dei Manga giapponesi.
Ovviamente non potevo non prendere qualche fumetto che mancava alla mia collezione, comprai ben 15 pezzi, spesi ben 3000 Yen…
Poi mi ha portato al tempio di Kotoku-in, che è il più conosciuto di Tokyo con la statua di Bhudda più grande del Giappone, alta ben 13 metri per 92 tonnellate, completamente in bronzo e anche visitabile.
Potrei raccontare nei dettagli tutti i luoghi visitati, potrei postare e condividere tutte le foto scattate durante il viaggio, ma non riuscirei comunque a descrivere le emozioni provate. I nonni di Eisuke, il mio amico…tutto è stato straordinariamente affascinante e unico. La verità è che le parole non rendono la bellezza di quello che ho vissuto. È proprio vero: il viaggio è una ricchezza, una possibilità di crescita e di vero confronto con l’altro. Il profumo dei fiori di loto continua ad inebriare i miei pensieri e ancora continuo ad emozionarmi. Il Giappone non è stato solo un viaggio, per me è diventata una componente fondamentale della mia vita.
Che sia il Giappone o qualsiasi altra meta, l’importante è sempre viaggiare….in fondo anche la vita è un incredibile viaggio.

Riccardo.

La giuria decide comunque di conferire una menzione speciale all’elaborato Un viaggio nella storia risultato appartenente a Capuano Sofia, Classe 3° E Istituto Garibaldi.

UN VIAGGIO NELLA STORIA”

28-01-2017

Questo viaggio sta giungendo al termine e mancano esattamente tre giorni alla mia partenza verso casa. Ci sono esperienze che per quanto possano essere belle, vengono dimenticate, gettate nell’oblio, ma questo viaggio rimarrà per sempre nel mio cuore. Ciò che non dimenticherò mai, sarà di sicuro la visita al campo di concentramento di Auschwitz e Birkenau. Nel campo di Birkenau, regna un silenzio raro, indescrivibile, dietro al quale si celano le grida di tutte le vittime della crudeltà e della malvagità della mente umana. Non posso credere di essere stata lì. Lì dove milioni di persone sono state private di tutto, compresa la loro dignità e identità e poi uccise. Alcune, venivano uccise appena arrivate al campo di sterminio, altre invece, morivano dopo una “vita” di stenti. Camminare su quel terreno, dove sono sparse le ceneri di tutte le vittime, è una sensazione indescrivibile; un misto tra grande turbamento e incredulità. Mi sembrava, inoltre, di profanare quel luogo considerato ormai “sacro”. Birkenau è stato uno dei campi di sterminio principali in Polonia. Ancora non riesco a capire, come l’uomo, se si può considerare tale, è potuto arrivare a questo punto: uccidere i propri fratelli, che avevano l’unica colpa di essere di religione e culture diverse. A mio parere, essere diversi non è né una colpa, né tantomeno un aspetto negativo, anzi è un’opportunità per l’altro di apprendere nuove culture e tradizioni. Oggi, siamo nel bel mezzo della globalizzazione, le città di qualsiasi paese sono multietniche e lo straniero è una ricchezza per lo Stato che lo accoglie o almeno così dovrebbe essere. Ad avere assunto un significato importante, è stata la lunga galleria di foto dei deportati. In quel momento mi sono sentita impotente e addirittura in colpa. Negli occhi di quelle persone, non ho visto emozioni, sogni, ambizioni: “NULLA”. Avevano uno sguardo vacuo ed un’espressione completamente alterata dal dolore. In antitesi a questo luogo tragico e drammatico, vi era però un paesaggio stupendo. Un leggerissimo velo di candida neve, copriva come una calda coperta gli alberi. Verso la sera, alzando la testa, si poteva vedere un meraviglioso cielo rosa trapunto di stelle. Amavo sentire il vento sfiorarmi il viso e muovermi leggermente i capelli. Era come se, con le sue mani gelide, il vento volesse rallegrarmi, dopo tutto ciò che avevo visto; purtroppo non riuscì nel suo intento.

Vi starete chiedendo cosa potrebbe esserci di bello in un luogo così freddo, vero? Beh, risponderò sinceramente. E’ vero, la sciarpa che avevo per coprirmi, a volte non mi permetteva di respirare come sono abituata e perciò alcune volte l’abbassavo, pentendomene subito, perché l’aria ghiacciata che inalavo si tramutava in una lama tagliente per i miei polmoni; inoltre era molto scomodo indossare abiti pesanti, anche perché era più difficile muoversi. Il luogo, però, era stupendamente suggestivo e in un certo modo “natalizio”, anche se Natale è passato da un po’. Camminare per i sentieri innevati, mi rilassava ed in un certo modo, “mi piaceva”. Le emozioni che ho avvertito in questi luoghi, non sono le stesse che si possono provare vedendo un film, un documentario o leggendo un libro; la realtà è diversa e fa veramente male. Solo adesso ho capito e toccato con mano, quanto possa essere crudele la mente umana. Per non dimenticare… Tutti dovrebbero visitare questi luoghi, avvicinarsi alla sofferenza, perché solo così ognuno di noi potrà evitare che in futuro si ripetano tali atrocità. Indelebile nella mente ho la frase di Francesco Goya “Il sonno della ragione genera mostri”.

Ora però, vorrei parlarvi anche degli altri luoghi che abbiamo visitato tra cui: Vienna, Cracovia.. Vienna, la prima città visitata è molto più bella di come l’immaginavo e passeggiando per le sue strade, ho notato che l’eleganza dell’architettura è il suo punto forte. Nella città ci sono esempi di architettura barocca e molti spazi verdi, come ad esempio parchi e giardini. Posso dire molto poco a proposito di questa città, poiché ne abbiamo visitato solo una piccola parte. A Cracovia, invece, ci siamo recati più di una volta, poiché il nostro albergo era situato a circa 5 minuti di distanza dalla Piazza principale chiamata “Rynek Główny”, la quale è la più grande d’Europa! Sorge nel centro storico di Cracovia ed ha una dimensione quadrangolare. Qui si affacciano i maggiori monumenti d’interesse della città, è divisa a metà dal Palazzo del tessuto ed in un angolo vi è anche la Basilica di Santa Maria. Camminando per le vie della città, si potevano scorgere piccoli carrettini che vendevano le tipiche ciambelle di pane di Cracovia. Erano appostati in ogni angolo, quasi a creare una cornice alla Piazza, divulgando nell’aria un intenso profumo di pane fresco. Non potevi passeggiare e non fermarti ad assaporare le deliziose ciambelle che logicamente ho comprato e portato a casa! Prima di partire, mi ero promessa di prendere appunti, per non dimenticare nemmeno una singola parola della guida su questo viaggio e mi sono portata persino l’occorrente, ma quando per la prima volta a Vienna ho provato a scrivere degli appunti, ho capito che era impossibile, poiché dopo nemmeno cinque minuti, la mia mano aveva perso la sensibilità; infatti fino ad adesso quel quaderno è ancora in bianco … bianco come la neve che ricopre questi luoghi, bianco come l’innocenza delle persone che in queste terre hanno sofferto molto…

La giuria decide comunque di menzionare tra gli elaborati meritevoli La metà del mio cuore di Mario Angelo Necula, Istituto Toscanini classe 3° B, Verso Rio … di Pezzella Giada 2° G Istituto Pascoli e l’Expo di Milano di Flavia Maraldi 4° A Istituto Matteotti.

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