Prima o poi sarebbero risaliti a lui, il cerchio si stava per stringere (e chiudere), così Adam Ed Drissi, 21enne di origine magrebina, ha pensato bene di presentarsi in caserma e di costituirsi, di confessare. “Sono stato io a uccidere Leonardo Muratovic“. Poche parole, una confessione, poi il tentativo di ricostruire quella serata di sabato scorso quando il pugile 25enne di Aprilia è stato accoltellato a morte, fuori il locale La Bodeguita (ora sotto sequestro). Adam mercoledì sera, a pochi giorni dall’omicidio, si è presentato alla stazione Gianicolense e lì si è consegnato spontaneamente, lontano dalla cittadina del litorale romano, dove il clima che si respira continua ad essere teso. Tra la paura di ritorsioni e vendette.
Il racconto del killer di Leonardo Muratovic
“L’ho colpito io, lui non c’entra nulla”. Questo è quello che Adam, il reo confesso, avrebbe ripetuto più volte durante l’interrogatorio di mercoledì sera. Quando si riferisce a ‘lui’ parla di suo fratello Amhed Ed Drissi, di 25 anni, che si è presentato la sera stessa in caserma. Con loro l’avvocato che li difende. Amhed, il più grande, ha dichiarato di non aver ‘partecipato’ a quella rissa poi degenerata e di essersi presentato spontaneamente dai carabinieri per ‘dimostrare la sua innocenza’.
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Contrariamente da Adam, che invece ha confessato di essere stato lui il killer. “L’ho colpito con il suo coltello per difendermi. È stata una disgrazia” – ha spiegato. Secondo l’assassino, infatti, il coltello era di Leonardo Muratovic, il pugile che poi è stato colpito a morte. La coltellata, quella fatale, gli ha toccato gli organi vitali e non gli ha lasciato scampo, nonostante il tentativo disperato di salvargli la vita.
La rissa, poi la coltellata
Il reo confesso ha spiegato che tutto sarebbe partito da una lite all’interno della Bodeguita (ora sotto sequestro). Poi sia lui che il pugile di Aprilia sarebbero stati invitati fuori e lì, davanti al locale, lui e Leonardo avrebbero iniziato a discutere animatamente, mentre qualcuno tentava di fermarli. Invano. Perché Leonardo è stato ferito a morte, con quel coltello che, stando al racconto di Adam, era proprio suo.
Il racconto dei testimoni
Stando al racconto della fidanzata della vittima, riportato dal Messaggero, sarebbe stato Ahmed, il più grande dei fratelli ad afferrare Leonardo per il pizzetto e a dirgli: “Tu qui non ci devi stare”. Una frase che, in pochi minuti, ha fatto accendere la fiamma. E ha fatto scatenare la rabbia: prima la discussione e la decisione dei bodyguard di mandare fuori dal locale le due comitive, poi gli spintoni, gli insulti, le botte. E quel coltello che Adam ha spiegato di aver sottratto a Leonardo e di aver usato per difendersi. Dell’arma, però, non c’è nessuna traccia e la ricostruzione resta ancora sommaria, con tanti interrogativi senza risposta. La fidanzata dell’amico di Leonardo ha spiegato che il pugile è stato aggredito da entrambi i fratelli magrebini, prima di accasciarsi a terra e morire. Ora resta da capire cosa sia davvero successo, ricostruire quella serata e ripercorrerla avvolgendo il nastro.
I fratelli sono in carcere
Intanto, per i due fratelli Adam e Ahmed è scattato il fermo come indiziati di delitto per l’uccisione del 25enne: per il primo l’accusa è di omicidio, per l’altro invece di omicidio in concorso. Entrambi sono indiziati di delitto e si trovano nel carcere di Velletri. Lo stesso dove si trova il papà di Leonardo, che domenica mattina ha accoltellato e ferito i due buttafuori del locale davanti al Commissariato. Secondo lui, i due bodyguard non avrebbero tutelato il figlio, non avrebbero sedato la lite.
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