È in corso dalle prime luci dell’alba di oggi, lunedì 6 novembre, un’operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Roma nel territorio comunale di Anzio, Nettuno e Aprilia per il sequestro di oltre 3 milioni di beni nei confronti di G.M., considerato dagli investigatori nell’ambito dell’indagine Tritone il capo della ‘Ndrangheta locale con il controllo sulle cittadine del litorale romano.
Il blitz dei Carabinieri in esecuzione al decreto del Tribunale di Roma
I militari stanno dando esecuzione a un Decreto, emesso dalla III Sezione “Misure di Prevenzione” del Tribunale Penale e Civile di Roma su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, che dispone il sequestro anticipato di beni, finalizzato alla confisca (giusta gli articoli 16 e 20 del D.lgs 159/2011 “Codice Antimafia”) nei confronti del proposto alla misura di prevenzione patrimoniale.
Il patrimonio sottoposto a sequestro
Le indagini hanno condotto al sequestro di un ingente patrimonio, costituito da 10 immobili di cui 6 di categoria A/7 (ville e immobili di pregio), 6 terreni, 2 autovetture, conti correnti e una società di rivendita autoveicoli, frutto del reimpiego di denaro ritenuto provento delle attività illecite perpetrate da G.M.
L’operazione ‘Tritone’ che aveva portato a 65 arresti
Il Tribunale di Roma, già il 17 febbraio scorso, nell’ambito dell’inchiesta denominata ‘Tritone’ aveva disposto 65 arresti per mafia. Una indagine che ha portato al pronunciamento di condanna da parte del giudice per l’udienza preliminare capitolina, Roberto Saulino, a un totale di 260 anni di condanne in carcere avendo riconosciuto l’aggravante dell’associazione per delinquere di stampo mafioso. Il magistrato aveva anche comminato 20 anni ai presunti capi dell’organizzazione malavitosa e ben trenta rinvii a giudizio per quanti avevano scelto di essere giudicati con rito ordinario, invece che abbreviato, proprio come G.M.
Nel dare notizia delle attività in corso gli uomini dell’Arma sottolineano che l’indagato potrà esercitare il suo diritto di produrre atti e documenti nelle successive fasi processuali, provando l’eventuale errata presunzione di illecita derivazione dei proventi impiegati per l’acquisizione del patrimonio oggi in sequestro.