Sabato 6 ottobre, presso la sede di via Turati a Pomezia, si è svolta la riunione informativa per la difesa del vincolo ministeriale apposto, com’è noto, su una porzione di territorio, circa 2.000 ettari, nei comuni di Ardea e Pomezia.
L’incontro, organizzato dall’Associazione Culturale Tyrrhenum in collaborazione con l’Associazione Latium Vetus, è stata l’occasione per avere informazioni dettagliate sul vincolo paesaggistico denominato “Ambito delle tenute storiche di Torre Maggiore, Valle Caia e altre della Campagna Romana” che è stato ratificato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali a novembre del 2017.
Tale vincolo pone un freno alla costruzione di diversi impianti per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti (tra cui Cogea) in una zona che, dal punto di vista geografico, storico e paesaggistico è considerata dal MiBact un “unicum”, mentre, dal punto di vista amministrativo, è divisa tra quattro Comuni, Pomezia, Ardea, Roma e Albano.
Il Ministero ha deciso (per la sesta volta, dopo i vincoli del 1914, 1917, 1920, 1940, 1995) che questa parte della Campagna Romana è degna di tutela in quanto ultima testimonianza del sistema di torri di avvistamento e di vedetta che, comunicando tra loro, permetteva il controllo dell’antico tracciato della via Ardeatina, e quindi la sorveglianza della zona a sud di Roma.
Il sorgere di nuovi capannoni industriali toglierebbe luce alle torri che, non essendo più in contatto visivo tra loro, verrebbero isolate e perderebbero la loro ragione d’essere, senza contare i più che legittimi dubbi legati ad un ulteriore congestionamento della viabilità, alla salute pubblica nonché alla qualità della vita dei quartieri già esistenti.
L’assemblea è terminata ricordando il prossimo appuntamento che è previsto per il 16 ottobre: proprio in questo giorno, infatti, ci sarà l’udienza della II Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio in merito ai primi tre ricorsi presentati dai privati – che avranno al fianco il Comune di Pomezia – avverso il Vincolo paesaggistico. Per l’occasione, le due Associazioni, unitamente al gruppo No Biogas Pomezia, stanno organizzando una manifestazione pacifica davanti agli uffici del TAR.
Il ricorso gerarchico del Comune di Pomezia dichiarato “inammissibile”: pronto un esposto alla Corte dei Conti. Ma il Sindaco minimizza
Un altro tema toccato nella riunione del 6 ottobre è stato quello del ricorso gerarchico presentato dal Comune di Pomezia avverso il vincolo, che è stato recentemente dichiarato “inammissibile” dal Ministero dei Beni Culturali.
Un atto, voluto dall’allora Sindaco Fabio Fucci e inoltrato attraverso l’Avvocato Leoncilli, che si è rivelato a posteriori del tutto inutile e illogico dal punto di vista tecnico-giuridico e che però è costato alle pubbliche casse ben 12.500 euro.
I cittadini, nel corso dell’incontro, hanno manifestato dunque la volontà di presentare un esposto alla Corte dei Conti: il dubbio, più che legittimo, è che si sia trattato di uno sperpero di denaro pubblico considerando che la legge indica altre strade (Tar o Presidente della Repubblica, ndr) per quel tipo di ricorso e non certo quella intrapresa – non si capisce ancora perché – da Piazza Indipendenza.
La domanda, diretta, noi l’avevamo rivolta anche al Sindaco di Pomezia Adriano Zuccalà che ci ha risposto sulle pagine dell’edizione cartacea del nostro mensile.
L’iniziativa legale del ricorso gerarchico presentato al Ministero può considerarsi uno spreco di soldi pubblici?
“Il ricorso gerarchico è uno strumento che offre la possibilità di interloquire tecnicamente con l’Ente sopra ordinato per richiedere una valutazione più approfondita delle osservazioni tecniche formulate appunto per rivedere la geometria/perimetro del vincolo per come ideato. Non vedo lo spreco di soldi pubblici, anzi era stata intrapresa questa iniziativa proprio per evitare gli ulteriori contenziosi che invece hanno proceduto per la loro strada. Il dialogo tra Enti dovrebbe essere sempre perseguito laddove possibile e l’Amministrazione comunale ha inteso appunto riproporre le proprie ragioni, che ribadisco non sono come quelle dei privati, cercando un puntuale confronto tecnico sull’estensione del perimetro del vincolo, che potesse far comprendere le aspettative di sviluppo del Comune di Pomezia, il quale non deve, e non può, essere ritenuto meno importante di altri Enti”.
Zuccalà ha poi parlato del futuro dell’area sottoposta a vincolo.
Qualora il vincolo dovesse rimanere così come è stato concepito quali saranno le prossime mosse del Comune?
“Proprio sulla scia di tutte le attività intraprese, abbiamo avuto un primo contatto sia con la Soprintendenza che con il Ministero per far comprendere e far valutare le necessità della zona industriale e studiare quindi possibili soluzioni di integrazione e valorizzazione dell’area a patrimonio paesaggistico con l’attuale contesto, ipotesi che si ritiene praticabile, potendo far conciliare i due profili, anche alla luce dell’attuale assetto dell’area territoriale in discussione”.
Il Comune di Pomezia, sin dall’inizio della vicenda, ha chiesto delle modifiche all’area sottoposta a vincolo. Ma è possibile pensare anche ad un piano “B”? Ovvero: se il territorio dovesse rimanere ‘blindato’, come si augurano cittadini e associazioni, perché non ipotizzare un futuro, anche economico, di tipo diverso? Pensiamo al turismo enogastronomico, all’espansione dell’agricoltura oppure alla valorizzazione delle vie culturali: cosa ne pensa?
“Chiaramente si, e non lo definirei un piano B perché la valorizzazione della vocazione agricola della nostra campagna, così come lo sviluppo del turismo culturale, paesaggistico, archeologico, storico ed enogastronomico è tra i nostri obiettivi. Come ho dichiarato più volte, considero il vincolo un’opportunità, a prescindere da come si concluderà la vicenda”.