Non si sblocca la situazione a Pomezia per il servizio della raccolta della frazione umida dei rifiuti. A fine mese l’Ente ha comunicato l’esito nuovamente infruttuoso della procedura di gara che riguarda il servizio di conferimento e trattamento della “frazione organica umida proveniente da raccolta differenziata ed identificata con il C.E.R. 20.01.08” per il quale il Comune aveva fissato inizialmente un importo a base di gara pari a Euro 150,00 a tonnellata.
Tre le gare andate deserte negli ultimi mesi (l’apertura di una nuova gara è stata comunicata lo scorso 1 settembre, ndr), così come non ha ha dato ancora gli esiti sperati il tentativo di giungere a dama attraverso la procedura negoziata. In assenza di alternative dunque l’Ente è costretto a procedere con soluzioni temporanee “d’urgenza” per scongiurare il pericolo, concreto, del blocco del servizio di raccolta dell’umido con tutte le conseguenze che è possibile immaginare specie in estate.
Da Il Corriere della Città – Settembre 2020
Le soluzioni “tampone”
Come riportatovi nello scorso numero il Comune di Pomezia, in attesa di soluzioni definitive, ha quindi conferito il proprio rifiuto organico dividendolo tra la Eco Consul di Ancarano (addirittura in Abruzzo) e un’azienda di Cisterna (la Refecta srl, ndr). Questa la sintesi economica contenuta nella Determina 967 dello scorso 4 agosto: “alla Eco Consul è andato, per il conferimento del rifiuto C.E.R. 20.01.08, nel periodo 12/06/2020 – 10/07/2020, un quantitativo di 648,12 tonnellate ed al costo di Euro 150,00 a tonnellata al netto dei costi di trasporto da parte dell’appaltatore del servizio di igiene urbana; all’Impianto Refecta Srl, sempre per l’affidamento per il conferimento del rifiuto C.E.R. 20.01.08 nel periodo 13/07/2020 – 28/07/2020, è andato un quantitativo di 450 tonnellate circa al costo di Euro 195,00 a tonnellata” (quindi di gran lunga superiore rispetto a quanto messo in conto dal Comune con la procedura di gara).
Totale parziale: 97.218 euro più altri 87,750. A tali somme vanno aggiunti ulteriori 13.500 versati ad Acea per il periodo dal 5 al 13 giugno (sempre iva esclusa): Pomezia ha infatti fatto un tentativo anche con l’azienda – che ha incorporato la Kyklos Srl di Aprilia con la quale il Comune aveva stipulato l’ultimo contratto triennale nel 2016 al costo di circa 100 euro a tonnellata – per cercare di prorogare ulteriormente il servizio per 60 giorni alle condizioni pattuite in precedenza, ma Acea ha declinato la proposta nello scorso mese di giugno offrendo solo la possibilità di conferire 90 tonnellate di organico per il periodo 05/13 giugno 2020 presso l’impianto U.L. 7 di Aprilia ed al costo di Euro 150,00 iva esclusa (ovvero i 13.500 euro di cui sopra).
Costi spropositati
Insomma soltanto in due mesi (giugno-luglio) il Comune di Pomezia ha speso quasi 200 mila euro pur di scongiurare il blocco della raccolta e gettare la città piena di vacanzieri nel caos. A fine luglio, ad ogni modo, sempre l’Azienda Refecta di Cisterna di Latina ha presentato agli Uffici un’offerta migliorativa facendo scendere il costo a 170,00 euro a tonnellata spingendo così il Comune ha proseguire il servizio di conferimento ma stavolta impegnando una somma più elevata, 150mila euro, somma che dovrebbe bastare a coprire l’intero periodo estivo considerando il fabbisogno settimanale dell’Ente (stimato da Piazza Indipendenza non più in 170 t/settimana ma in 180, ndr). Per completezza d’informazione citiamo che era emersa un’ulteriore possibilità di conferimento quale alternativa mediante un impianto nell’area di Frosinone ma i costi aggiuntivi di trasporto hanno reso comunque più conveniente conferire presso l’impianto di Cisterna.
Perché si spende così tanto
La situazione, come si capirà, è molto complessa e le responsabilità non sono certo da imputare al Comune, anzi. Dal 2015 ad oggi ci sono state numerose criticità legate al conferimento dei rifiuti biodegradabili di cucine e mense, ossia il codice “CER 20.01.08” di cui abbiamo parlato finora. Si parte dal provvedimento emesso dall’Autorità giudiziaria nei confronti della Kyklos/ACEA Ambiente nel dicembre del 2017, che portò alla conseguente sospensione dei conferimenti, alla ricerca con scarsi esiti di altre soluzioni di conferimento e a costi sempre più elevati. Per non parlare degli oneri aggiuntivi per i conferimenti fuori Regione, come è avvenuto per Pomezia con l’impianto di Ancarano in Abruzzo.
Pochi impianti disponibili
A pesare enormemente è senza dubbio la carenza di impianti nella Regione Lazio che sembrerebbe portare ad un paradosso: perché una delle (poche) aziende del settore dovrebbe infatti presentare un’offerta al Comune ad un determinato prezzo (più basso si capisce) se poi, in assenza di alternative, comunque gli Enti locali sono “costretti” a rivolgersi a loro ‘bussando’ alla porta “in via d’urgenza” e a condizioni economiche del tutto differenti?
A Pomezia è successo proprio questo: le gare continuano ad andare deserte e per non interrompere la raccolta il Comune è costretto ad “accettare” gioco-forza le condizioni degli impianti – pochi – disponibili sul territorio o a rivolgersi perfino a strutture ubicate a centinaia di chilometri di distanza con ricadute inevitabili per le tasche dei cittadini; questo perché, malgrado il Sindaco di Pomezia abbia scongiurato imminenti aumenti della Tari, bollando peraltro tali voci come “terrorismo mediatico” per via della temporaneità della situazione, comunque questi costi maggiori, seppur in minima percentuale (per ora) ricadranno sui cittadini. E su questo non si scappa.
I rischi per il futuro
L’aumento così sproporzionato dei costi inoltre, a tutto vantaggio dei gestori degli impianti, rischia di vanificare gli sforzi fatti negli ultimi anni dai Comuni virtuosi tra cui anche Pomezia: il rischio, davvero forte, è infatti che di questo passo raccogliere una tonnellata di umido dalla raccolta differenziata costerà più che smaltire lo stesso quantitativo con il vecchio metodo del cassonetto indifferenziato. Una follia insomma.
Intervista all’ex Consigliere del M5S Gianni Ruo (ex Presidente della Commissione Ambiente)
Ma possibile che non si riesca ad uscire da questo circolo vizioso? Giovanni Ruo, Consigliere dimissionario del Movimento 5 Stelle al Comune di Pomezia ed ex Presidente della Commissione Ambiente è convinto che si possa fare. Anzi: secondo Ruo Pomezia avrebbe la soluzione a portata di mano.
Pomezia sta spendendo migliaia di euro per gestire “in via di urgenza” la raccolta della frazione organica: c’è chi sostiene che un’alternativa risolutiva sia investire sul compostaggio di comunità ma il Sindaco Zuccalà non è dello stesso parere. Che ne pensa?
«Solo una premessa per evitare polemiche e strumentalizzazioni. Penso che l’attuale Amministrazione sia quanto di meglio al momento Pomezia possa esprimere. Ciò non toglie che ci siano comunque margini di miglioramento. Veniamo alla risorsa organico, molto meglio definirla risorsa piuttosto che rifiuto. Quando il Sindaco afferma che il compostaggio di comunità non è la soluzione per la gestione dell’umido di una città come Pomezia, potrebbe anche avere ragione. Ma bisognerebbe prima analizzare i risultati di un progetto pilota e il progetto del Querceto proprio a questo serviva; ad onor del vero per Pomezia potremmo pensare maggiormente al compostaggio locale piuttosto che a quello di comunità…».
Qual è la differenza?
«Il compostaggio di comunità è un compostaggio effettuato collettivamente da più utenze domestiche e non domestiche, della frazione organica dei rifiuti urbani prodotti dalle medesime, al fine dell’utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti; quello locale riguarda un’attività di compostaggio destinata esclusivamente al riciclaggio dei rifiuti organici prodotti nel comune ove l’attività è condotta e nei comuni confinanti, con capacità di trattamento non eccedente le 250 tonnellate annue».
Tornando al progetto pilota…
«Il progetto pilota del quartiere “Il Querceto” aveva un’importanza grandissima e strategica per capire come affrontare in ottica futura la gestione dell’organico sull’intero territorio comunale: propendere per 100 compostiere elettromeccaniche da 80 tonnellate/anno? 32 da 250 tonnellate/anno o 8 da 1.000 tonnellate/anno? Tante piccole compostiere di comunità affidate ai cittadini, o associazioni (di cui come da indicazioni del M.A.T.T.M. anche il comune può far parte – vedi nota_7mar2019_MATTM_Regione_Lombardia) oppure pochi grandi impianti gestiti all’interno delle isole ecologiche o in altri siti comunali? Insomma, era il punto di partenza per far capire al Comune quale strada intraprendere. Purtroppo mi spiace ravvisare di come il progetto non sia ancora partito (vedi DetDir-1282-2019-09-23 – bando compostiere e DetDir-198-2020-02-13 – querceto gara deserta) forse a causa di qualche disattenzione di troppo».
E veniamo alla domanda principale: il compostaggio, che sia di comunità o “locale”, potrebbe risolvere i problemi di Pomezia?
«Il compostaggio di comunità o il compostaggio locale possono essere la soluzione per la gestione dell’organico di Pomezia, ne sono assolutamente convinto. Servono però convinzione e determinazione. Ricordo quando si facevano discorsi analoghi in fase di introduzione del “porta a porta”: sembra una vita fa eppure appena dieci anni fa l’Amministrazione dell’epoca (De Fusco, ndr) sposava l’idea della raccolta multimateriale stradale definendo il porta a porta, nonostante qualche esperimento di “prova”, impossibile da realizzare per Pomezia e soprattutto più costoso. Poi sappiamo tutti come è andata a finire…Non dico che sia facile, ma bisogna credere in quella che potrebbe essere una nuova rivoluzione nella gestione dei rifiuti di Pomezia. Tanti sono gli aspetti di cui tenere conto: ovviamente è necessaria una attenta lettura del territorio; è necessario che il conduttore delle compostiere (comune o associazione o cittadini) sia motivato; è necessario che le utenze siano motivate; è necessario che la progettazione sia quanto più possibile partecipata. Ma, ancor prima, è la politica a dover essere motivata».
Come si tradurrebbe in termini economici il vantaggio per le casse pubbliche?
«I vantaggi economici, derivanti dai minori costi di trasporto e di conferimento, sarebbero notevoli e a questi si unirebbero i vantaggi di disporre del compost sul territorio con ulteriore risparmio e garanzia di qualità del prodotto. Fornisco qualche numero: una ricerca dell’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ndr) ha calcolato che una compostiera elettromeccanica ha un costo stimato di: 743 euro per numero Ton./anno + altri €21.088. Qualche esempio: 60 Ton./anno 743×60 + 21088 = € 65.668; 80 Ton./anno 743×80 + 21088 = € 80.528; 130 Ton./anno 743×130 + 21088 = €117.678 e così via. Analizzando i costi relativi ad una singola compostiera da 80 tonnellate/anno sempre ENEA prevede un costo totale decennale di acquisto e gestione di €121.270 e quindi un ammortamento decennale pari a € 12.127 per anno. Ipotizzando di acquisire 100 compostiere da 80 tonnellate/anno, il Comune spenderebbe annualmente €1.212.000 che è poco meno di quanto ne spenderebbe conferendo 8.000 tonnellate di organico a €155/tonnellata ma sappiamo che il prezzo di mercato attuale del conferimento è notevolmente più alto come dimostra quanto sta succedendo a Pomezia in questi mesi. Il punto di pareggio si ha quando il costo per tonnellata dell’organico è intorno a € 12.127 euro/(80 ton) ovvero € 152 /ton. Chiaramente salendo con il tonnellaggio delle apparecchiature i costi di gestione sarebbero inferiori ma aumenterebbero però le incombenze burocratiche necessarie all’avvio. A tal proposito è bene però ricordare che il Ministero dell’Ambiente sta lavorando ad una revisione del decreto 29 dicembre 2016, n. 266 finalizzata a rendere possibile la partecipazione diretta del comune nonché a migliorare l’operatività del decreto stesso».
Lei sostiene quindi che Pomezia, in pratica, potrebbe “staccarsi” dalle logiche attuali e divenire indipendente per ciò che riguarda la gestione della frazione umida?
«Sì, esatto. L’Ente eviterebbe di incorrere nelle “classiche” criticità estive dovute alla chiusura dei siti di conferimento, e alla loro scarsità (è difficile per vari motivi – la cosiddetta sindrome N.I.M.B.Y. per esempio – che nuovi impianti vengano autorizzati mentre cresce sempre più, grazie alla raccolta differenziata, la quantità di organico sottratto alle discariche e che necessita di essere conferito e gestito). Pomezia sarebbe così autonoma nella gestione e nel trattamento dell’organico prodotto dai suoi cittadini. Enormi anche i benefici ambientali, oltre alla produzione di compost di qualità pensiamo anche alla riduzione degli inutili “viaggi dell’acqua” per trasportare l’organico – composto principalmente di acqua – ai centri di conferimento. Inoltre, è ormai chiaro che la gestione locale dei rifiuti sarà sempre più un obbligo per tutte le amministrazioni comunali. Pomezia può arrivarci fin da ora. Sono tante le cose che si possono ancora fare per l’ambiente di Pomezia. In commissione ambiente giacciono da mesi, già pronti ed in attesa del via libera da parte dell’assessorato all’ambiente, il nuovo Regolamento tutela del verde, il nuovo Regolamento di tutela degli animali, il regolamento di tutela delle dune…ma di questo parleremo in una prossima intervista».