Secondo i dati raccolti da Corepla, Consorzio nazionale per la raccolta, riciclo e recupero degli imballaggi in plastica, l’impegno degli italiani nella raccolta differenziata della plastica è in costante aumento, ma l’Italia resta indietro per quanto riguarda il recupero del materiale plastico differenziato. In Europa siamo infatti al primo posto, insieme alla Germania, per il recupero dei rifiuti, ma non riusciamo poi a trasformare il raccolto in nuovi oggetti o materie prime. In pratica, recuperiamo ma non ricicliamo davvero. Infatti, degli imballaggi raccolti, è appena il 41% ad essere avviato al riciclo, e solo i due terzi di questa percentuale si trasforma in un nuovo manufatto.
Concorrono alla difficoltà di recupero la mancanza di idonei impianti per il trattamento e il basso impegno dei produttori nell’impiego di materiali plastici provenienti dal riciclo. Ma ci sono anche errori da parte dei cittadini nel fare la raccolta differenziata.
Non tutte le plastiche possono essere riciclate, come si fa perciò a distinguere tra un tipo di plastica e l’altro? Un primo indicatore è il simbolo contenente la sigla industriale del materiale plastico.
Dove si trova il simbolo?
Dipende. A volte si trova stampato direttamente sulla plastica della confezione, solitamente sul fondo. In altri casi si trova sull’etichetta del prodotto, accanto alle istruzioni per lo smaltimento.
Le più diffuse sul mercato sono PE (Polietilene), PP (Polipropilene), PVC (Cloruro di Polivinile), PET (polietilene reftalato), PS (polistirene, comunemente detto polistirolo).
Sono rifiuti che possono essere riciclati i contenitori con sigla PE, PET e PVC; i contenitori per liquidi e bevande; i flaconi di prodotti per l’igiene personale e la pulizia della casa; le vaschette per l’asporto dei cibi e le confezioni per gli alimenti; il polistirolo degli imballaggi (polistirolo espanso); la pellicola in plastica; i sacchetti di nylon.
Non sono invece riciclabili le plastiche con le sigle PE, PET, PVC, oppure le plastiche con residui organici o di materiali pericolosi (colla, pittura…), la plastica dei giocattoli, le bottiglie dell’olio, i casalinghi in plastica, le stampelle, gli articoli per l’edilizia in plastica (fonte: http://gestione-rifiuti.it/smaltimento-plastica).
Molto utili a questo scopo sono le etichette intelligenti che spiegano come separare le diverse parti degli imballaggi, ad esempio quelle della Mulino Bianco che invitano a gettare il box delle merendine nella carta e la busta di imballaggio nella plastica. Purtroppo non tutti i produttori adottano questa modalità comunicativa.
I produttori dalla parte dell’ambiente
Oltre alla sensibilizzazione dei cittadini, sta diventando sempre più importante anche la responsabilizzazione dei produttori di materie prime e di manufatti in plastica. Per fortuna, nel tessuto imprenditoriale italiano non mancano gli esempi virtuosi.
Cassetta in plastica riciclata
Dal Conip (Consorzio Nazionale Imballaggi Plastica) arriva una bella notizia. È stata prodotta una cassetta per ortofrutta con plastica riciclata certificata e riciclabile al 100%. Il Conip ha iniziato oltre 20 anni fa ad applicare un’economia a circuito chiuso, un meccanismo che permette di riutilizzare la materia prima dei propri imballaggi per la produzione di nuove casse. Grazie a questo modello di economia circolare, il 2017 ha visto la produzione di oltre 85.000 tonnellate di nuovi imballaggi, con un risparmio di 148.000 tonnellate di anidride carbonica emessa e di 2,2 milioni di gigaJoule di energia (corrispondente al consumo annuale di 500 cittadini italiani). Ma non è tutto: grazie al modello Conip, nel 2017 sono stati risparmiati anche 599 milioni di litri di acqua, con i quali si potrebbero riempire 240 piscine olimpioniche.
Moda ecosostenibile
Nel campo della moda, fiore all’occhiello della manifattura Made in Italy, non mancano le innovazioni nella direzione del riciclo e dell’utilizzo di materiali provenienti da un ciclo precedente. Dalla plastica riciclata si possono infatti ottenere dei tessuti che poi possono venire impiegati per la creazione di nuovi capi d’abbigliamento.
È il caso di Quagga, azienda italiana che produce giacconi, felpe, polo e t-shirt a partire da tessuti creati dalla plastica. Tra i suoi progetti c’è Q-Bottles, per ottenere un tessuto in fibra riciclata a partire dalle bottiglie.
Il mondo dell’edilizia
Anche il mondo delle costruzioni e dell’edilizia va nella direzione di una maggiore sostenibilità. Ad esempio Legambiente, dopo aver stilato nel 2016 una lista con 100 nuovi materiali ecosostenibili per le costruzioni, ha completato l’opera lanciando nel 2018 Mainn, la libreria dei materiali innovativi.
La plastica è sotto la lente d’ingrandimento degli enti ambientalisti e delle istituzioni, perciò anche il mondo della cantieristica e dell’edilizia si sta adeguando alle pressanti richieste di utilizzare solo materiali riciclabili e di virare verso l’utilizzo di materiali riciclati.
La plastica, da un lato, ha l’indubbio vantaggio di costituire un materiale più facile da smaltire rispetto ad altri classici materiali dell’edilizia come il ferro o l’acciaio. Perché questo avvenga, però, si deve trattare di tipologie di plastica 100% riciclabile.
Gli esempi nella cantieristica di presidi e accessori in plastica 100% riciclabile non mancano: si va dalle barriere mobili (come le transenne in polipropilene coopolimero anti UV) ai tubi passacavo, dai dossi alle pedane.
Ma la vera innovazione è nell’utilizzo di plastiche già riciclate per la produzione di forniture per edilizia e cantieri, come i tubi sotto il manto stradale per il passaggio dei cavi o per le fogne. Il primo esperimento di questo tipo in Italia è iniziato a Imola e Modena e nel riminese (Bellaria e Igea Marina) con la posa di 3 chilometri di tubi in polietilene multistrato a basso impatto per l’ambiente , certificati Psv (Plastica seconda vita) e composti per almeno il 70% di materiali di recupero.
Il futuro della plastica
Oltre all’incoraggiamento all’utilizzo di materiali riciclabili o già riciclati, si va nella direzione di diminuire il consumo di materiali plastici non riciclabili.
Eliminare dal mercato la plastica non riciclabile è anche un obiettivo inserito nell’agenda UE. Per questo, nel 2018, il Parlamento europeo ha approvato una normativa che mette al bando la vendita di articoli monouso in plastica come posate, piatti, cannucce, bastoncini per palloncini e bastoncini cotonati, indicando l’anno 2021 come termine ultimo per l’adeguamento alla nuova legge.
Adesso gli Stati membri dovranno recepire la norma europea nei propri ordinamenti. La Legge di bilancio italiana ha già vietato la vendita e la produzione dei cotton fioc, che secondo dati diffusi da Legambiente rappresentano il terzo rifiuto più presente sulle spiagge italiane.