Seabin Project e’ sbarcato a Ostia, il cestino mangia rifiuti inizia da oggi il suo lavoro per ripulire le acque portuali di Roma. Il progetto portato in Italia da LifeGate, nell’ambito del LifeGate PlasticLess e sponsorizzato da doValue si pone l’obiettivo di raccogliere un chilo e mezzo di rifiuti al giorno, circa 500 chili all’anno, dalla micro plastica fino a 2 millimetri alle micro fibre da 0,3 millimetri.
Pomezia, anche la festa di Santa Procula è interamente eco-sostenibile: solo rifiuti compostabili
«Siamo felici di iniziare questa collaborazione con doValu,
già nostro partner da anni, valido alleato alla prima sfida
italiana rivolta alla pulizia dei mari dai rifiuti plastici – ha
spiegato Enea Roveda, Ceo di LifeGate – Dopo il successo del primo anno di attività, l’obiettivo e’ quello di continuare questo
percorso per diffondere la presenza di Seabin di LifeGate
PlasticLess in tutto il territorio nazionale e nel resto
d’Europa, ridurre i rifiuti plastici presenti nelle acque dei
mari, laghi e fiumi e creare maggiore consapevolezza su questa
problematica ambientale oggi cosi’ importante».
Ostia: come funziona il cestino mangia rifiuti
Le unita’ Seabin, inventate nel 2014 dagli australiani Pete
Ceglinski e Andrew Turton, sono dei ‘cestini galleggianti’ che
fissati a pontili flottanti in punti strategici chiamati
‘accumulation points’ riducono la quantita’ di plastica che entra
in mare aperto. Dall’ingresso sul mercato, nel 2017, la Seabin
Project ha ricevuto una richiesta di piu’ di 6 mila unita’ da 77
Paesi differenti, in Italia, per adesso, sono 35 contando quello
installato questa mattina presso il porto di Ostia.
«Abbiamo accolto con entusiasmo la proposta del progetto
LifeGate Plasticless e siamo orgogliosi che il primo dispositivo
Seabin del Lazio porti la nostra firma- ha sottolineato il
presidente di doValue l’ambasciatore Giovanni Castellaneta–
Questo progetto riflette l’attenzione di doValue ai temi di
Corporate Social Responsability, certi che con il contributo di
tutti si possa fare la differenza e generare valore per il
territorio». L’Unione europea ha fissato al 2030 il termine ultimo per rendere riciclabili tutti gli imballaggi di plastica sul mercato, mentre l’Italia, a partire dal primo gennaio 2019, ha vietato la produzione e la messa in commercio di cottonfioc di plastica, tra i rifiuti maggiormente gettati nel wc, e dal 2020 anche dei cosmetici contenenti micro plastiche, le cosiddette microsfere presenti in scrub e dentifrici che, una volta finiti in mare, vengono ingeriti dalla fauna ittica.
Quanta plastica
Un primo passo nel tentativo di arginare il problema
dell’inquinamento balneare. Il Mediterraneo, casa del 7,5% delle
specie marine conosciute, ogni anno accoglie ogni giorno 731
tonnellate di rifiuti in plastica che, secondo le stime,
potrebbero raddoppiare entro il 2025. Secondo l’Unep, il
programma delle Nazioni Unite, sui suoi fondali si troverebbero
fino a 100 mila frammenti di varie dimensioni per un’estensione
di chilometri quadrati. Piu’ in generale si stima che entro il
2050 il peso complessivo della plastica nei mari superera’ quello
dei pesci. Tra queste quelle che preoccupano di piu’ sono le
micro plastiche, ossia quei frammenti inferiori ai 5 millimetri,
sempre piu’ diffuse che si attaccano alle alghe e vengono
ingerite dai pesci che le scambiano per cibo.
«E’ con soddisfazione che constatiamo di essere il primo porto
turistico del Lazio ad aver aderito al progetto LifeGate
PlasticLess installando il Seabin- ha evidenziato Donato Pezzuto,
amministratore della societa’ Porto turistico di Roma ad Ostia – La nostra struttura portuale da qualche anno ha avviato la raccolta differenziata con Ama e ha organizzato diverse iniziative per sensibilizzare gli utenti del porto e la cittadinanza sul tema
della tutela dell’ambiente marino. E’ un tema che ci sta
particolarmente a cuore e l’installazione del Seabin ci permette
di rafforzare la nostra azione quotidiana tesa a salvaguardare il
mare».
I dati ISPRA
Un pericolo non solo per l’ecosistema
marino, ma anche per l’uomo visto che secondo uno studio
dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale, svolto su 121 campioni di specie ad alto valore
commerciale, come tonno e pesce spada, ha dimostrato come nel
18,2% dei casi si troverebbero micro plastiche.
Tra i motivi di questo inquinamento ci sono una cattiva
raccolta e gestione dei rifiuti, le attivita’ produttive, il
turismo balneare, le attivita’ portuali e piu’ in generale la
mancanza di una cultura ecologista da parte di tutti noi.
Ecco perche’ la risoluzione del problema non puo’ passare solo
dall’installazione dei Seabin, ma anche e soprattutto dalla
consapevolezza che tutti i nostri comportamenti hanno delle
conseguenze, per questo motivo LifeGate ha deciso di dare ampia
copertura giornalistica ai temi dell’economia circolare
focalizzandosi sul grave fenomeno della presenza di plastica nei
fiumi, nei mari e negli oceani del mondo.
L’obiettivo del progetto e’ anche quello di suggerire quali sono le pratiche quotidiani piu’ sostenibili, come ad esempio, le riduzioni degli imballaggi, il riutilizzo di materie riciclate e la corretta
differenziazione dei rifiuti.