Sono sciolti per mafia i comuni di Anzio e Nettuno, che vedevano una forte collusione di dirigenti e amministratori locali con gli ambienti della ‘Ndrangheta. Se per lo stesso motivo, il Comune nettunense venne commissariato nel 2005, a 17 anni di distanza lo stesso problema tocca le famose località balneari nella provincia di Roma. Gli obbiettivi della malavita sempre i soliti: accaparrarsi affidamenti comunali con società fittizie, utili solo a ripulire i soldi sporchi.
Lo scandalo di Anzio e Nettuno
I comuni del litorale romano erano finiti nella tenaglia di diverse famiglie legate alla ‘Ndrangheta, quali i Gallace, i Perronace e i Madaffari. Infatti, tali realtà criminali non si accontentavano più di guadagni con il giro del narcotraffico e soprattutto ottimi rapporti con chi li riforniva dal Sud America. Avevano puntato la politica locale dei due comuni balneari, in cerca d’investimenti per aziende dedicate al riciclo dei rifiuti, attività edilizie e soprattutto appalti pubblici: tutti con l’obiettivo di riciclare il denaro sporco. Specie sugli appalti pubblici, il modus operandi era ben collaudato: intimidazioni verso gli amministratori locali o promesse di pacchetti di voti verso i politici del posto.
Dalle indagini portate avanti dalle Forze dell’Ordine, si parla di un sistema criminale ben oleato, dove il rapporto di affari andava anche oltre le semplici tangenti. Come viene motivato nella relazione dello scioglimento di entrambi i comuni, “in considerazione delle accertate forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata”.
L’azione della ‘Ndrangheta nei due comuni
L’azione della ‘Ndrangheta era decisa e senza tabù, come riportano numerose intercettazioni: “Noi dovemo essere quelli che quando c’è da andà al consiglio, annamo, ce guardano, vedono, poi il gruppo di fuoco noi lo potemo pure seguì..noi c’avemo la televisione, l’impicci, gli imbrogli e le ditte”. Così parlava un uomo dei Gallace, in cerca di società “pulite” per poter partecipare ai bandi pubblici per gli appalti nel comune di Nettuno.
Questi passaggi riportati nella relazione consegnata dalla commissione per l’accesso agli atti sull’amministrazione di Nettuno ed emersi già dall’indagine della procura di Roma, che lo scorso febbraio aveva arrestato di 65 persone. A rendere più palese il sodalizio tra politica e malavita, gli appalti venivano concessi su trattativa diretta e senza bando di concorso, oltretutto chiedendo il permesso per concedere le concessioni alle cosche criminali, veri capi del territorio anziese e nettunese.
La forza dei clan criminali si misurava anche sulle minacce ai dipendenti comunali, intimiditi al punto tale da dover assecondare l’azione dei clan mafiosi. Il responsabile dell’ufficio tecnico di Anzio, dopo avere fatto, alcuni rilievi sui lavori Davide Perronace, considerato uomo delle ndrine e con procedimenti penali in corso, veniva insultato e minacciato. Una situazione che faceva comandare completamente i clan in gioco, come dimostrano le intercettazioni: “Questo non lo dovemo fa’, (gli ho detto ndr) me l’ha detto l’assessore ma che c.. vuoi? Ti faccio ricordare il giorno che mi hai conosciuto, faccio in modo che non ti fai più la barba. Vuoi che ti minaccio? Se ti minaccio non dormi più”.