È passato ormai quasi un anno dalla morte dell’attore Paolo Calissano. Il 30 dicembre dello scorso anno è stato trovato privo di vita nel suo appartamento. Ora, però, sulla vicenda interviene il fratello Roberto che vuole fare chiarezza su una vicenda che ha lasciato molti fan dell’attore e non solo, sgomenti.
Il fratello di Calissano chiarisce qual è stato motivo della morte di Paolo
“Mio fratello non è morto a causa di stupefacenti, ma per una intossicazione da farmaci antidepressivi”. Roberto Calissano ci tiene a far emergere la verità su quanto accaduto nella notte tra il 29 e il 30 dicembre dello scorso a casa di suo fratello. “Quella sera Paolo accettò il rischio di morire, molto probabilmente. È molto doloroso per me ammetterlo”. Una ricostruzione dolorosa possibile anche al termine di indagini minuziose svolte dagli investigatori dopo il rinvenimento del cadavere da parte dell’ex fidanzata dell’attore, Fabiola Palese, nell’appartamento sulla Balduina di Paolo Calissano.
Il rinvenimento di una donna trovata morta in casa dell’attore
L’attore quella sera era solo in casa. Da tanto tempo non lavorava. Il rinvenimento nel Duemila, nella sua casa di Genova di una sua amica morta per overdose ha cambiato la vita di Calissano. Decise di disintossicarsi e si ricoverò in una struttura, ma al suo ritorno non è più stato facile per lui reinserirsi nel mondo dello spettacolo. Dopo quell’episodio la vita professionale dell’attore aveva subito una battura d’arresto e non sembrava possibile ricominciare.
Roberto Calissano: ‘Paolo non è morto per la droga’
Roberto Calissano ora vuole che non sia più associato il nome di suo fratello alla droga e lo dice apertamente: “Vorrei liberare la memoria di Paolo dallo stigma della tossicodipendenza. Lo avevo sentito al telefono il 19 dicembre. Era giù. Non gli feci abbastanza domande, forse. Tutto rimase nella sfera del non detto. Aspirava al diritto all’oblio. Invece i motori di ricerca continuavano a risputare fuori quell’episodio legato al consumo di stupefacenti. Non riusciva a liberarsene. Lavorare era diventato impossibile”.