Che Roma sia legata a filo doppio con la sua tradizione culinaria non è certo una novità. Sono tanti i turisti che vengono in visita alla città Eterna e dopo aver goduto delle bellezze storiche e architettoniche non mancano di fare una capatina nelle trattorie tipiche dei quartieri storici della Capitale per assaggiare alcuni piatti tipici.
Piatti tipici della tradizione romana: Amatriciana, Gricia e Carbonara
A caratterizzare la tradizione culinaria romana ci sono soprattutto l’Amatriciana, la Gricia e la Carbonara. Tutti primi che sono accomunati da un elemento: il guanciale, anche se ciascuna con una propria storia, una propria origine e soprattutto un proprio gusto. Da non confondere quindi…
Tutti primi piatti fatti con ingredienti poveri
In fondo tutte e tre sono pietanze che richiedono ingredienti cosiddetti ‘poveri’, ma in tutti e tre i casi si tratta di cibi succulenti copiati anche all’estero dove sono state anche apportate modifiche che ne hanno snaturato la ricetta. E allora andiamo a scoprire insieme quali sono gli ingredienti fondamentali e come si preparano.
Cosa differenzia una dall’altra?
La carbonara necessita di uova, guanciale e pecorino oltre alla pasta, naturalmente. Molto simile, ma senza uova e con l’aggiunta di salsa di pomodoro l’amatriciana. La gricia, infine ha bisogno solo di pecorino e guanciale. A ben vedere il formaggio, meglio noto come il cacio, e il guanciale sono i due elementi imprescindibili per tutti e tre i primi piatti. D’altra parte Roma è nota anche per la sua Cacio e Pepe, una leccornia per i buongustai per quanto composta davvero da ingredienti semplicissimi: il pepe, il pecorino, la pasta. Una pietanza che risale ai tempi dei pastori che riuscivano a portare durante il periodo della transumanza, solo poche cose.
Tutto ha origine dalla pasta cacio e pepe
Durante gli spostamenti delle greggi da pascoli collinari o montani a quelli delle pianure, o viceversa, i pastori non dimenticavano questi pochi ingredienti: pasta, formaggio pecorino e pepe, che mescolati ad arte insieme davano vita a quello che oggi è uno dei piatti romani più ricercati. Secondo la tradizione i contadini e i pastori dell’agro romano nei lunghi periodi trascorsi all’aperto per lavorare si sfamavano cucinando questa pietanza così semplice. Una ricetta che si è diffusa velocemente ed è stata presto ‘rubata’ da locande e trattorie dove i ristoratori erano soliti riempire il piatto di cacio così da rimpinzare i commensali e indurli a consumare più vino.