Lo scorrere del tempo è da sempre un indicatore importante. Non di meno nell’antica Roma dove, però, era utilizzato un metodo meno preciso di quello che viene usato ai nostri giorni.
A scandire il passare delle ore era principalmente il passaggio da una stagione a un’altra e, ovviamente, il sole e il buio. La luce segnava il ritmo delle giornate, al punto che le ore arrivavano a durare fino a 90 minuti d’estate e solo 45 d’inverno. Un sistema assolutamente impreciso ed estremamente approssimativo, al quale si è poi sommato quello delle clessidre e delle meridiane. Anche in questo caso si trattava di un mezzo che non indicava con precisione quale fosse l’ora.
Come era divisa la giornata per gli antichi romani
Banalmente la giornata era divista in dodici ore notturne e dodici diurne ed era il sorgere del sole che segnava l’inizio della giornata con la cosiddetta ‘hora prima’, per arrivare poi a metà giornata con l’hora sexta e terminare con il tramonto che indicava l’hora duedecima’. A seguire c’era la notte e anch’essa era suddivisa, ma in veglie, periodi di tre ore ciascuna: prima, seconda, terza e quarta veglia.
Qual era l’Horologium dei Romani?
Il vero horologium per i romani erano le meridiane. Quella realizzata in Campo Marzio, chiamata l’Horologium Augusti, era la più grande in assoluto. Questo strumento indicava la posizione del sole seguendo il quadrante e indicando pertanto le ore nelle quali era suddivisa la giornata. D’altra parte quella di posizionare uno ‘gnomone solare’ o anche un bastone verticalmente al terreno, per calcolare il passare del tempo era un metodo in voga in diverse civiltà antiche. Sembra, infatti, si tratti di uno strumento ritrovato anche tra egiziani e sumeri e non di meno in epoche preistoriche.
A Roma, in particolare, a tenere il conto delle ore che passavano era il banditore del Console della Curia Ostilia, il quale era chiamato, in particolare a segnalare quand’era mezzogiorno, per mezzo del suono di una tromba.
Utilizzavano anche un metodo appreso dagli antichi greci
Restava la difficoltà di avere un’indicazione oraria nei giorni di pioggia o nuvolosi e nelle ore notturne. Anche in questo caso i romani adottarono un metodo: l’orologio ad acqua. Si tratta di uno strumento proveniente dall’antica Grecia, un recipiente pieno d’acqua al quale veniva realizzato un foro per calcolare il tempo che l’acqua impiegava a defluire dal recipiente.