La Silp Cgil (rappresentata da Gianni Ciotti e Cosimo Bianchini) ha denunciato una evidente discrepanza tra i recenti dati diffusi dall’Osservatorio regionale per la sicurezza e la legalità e i crimini fronteggiati ogni giorno dalle forze di polizia nella Capitale. “Reati come l’usura o il pizzo, magari poco o per nulla denunciati alle autorità competenti, sono in realtà all’ordine del giorno, come testimoniano le migliaia di richieste di aiuto registrate da associazioni come Sos Impresa. Va inoltre fatta particolare attenzione alla presenza capillare e incontrollata di finanziarie. Recenti indagini hanno messo in evidenza che i tassi con cui prestano denaro variano moltissimo da quartiere a quartiere: a volte sono molto più bassi di quelli praticate dalle banche, altre volte sono quasi da usura. Per noi è il segnale che la malavita organizzata, che spesso gestisce questo tipo di operazioni grazie all’enorme disponibilità di contante da riciclare e investire, punta su alcune zone della città a dispetto di altre, mirando al controllo economico e politico di determinati quadranti, agevolando con tassi bassi i suo abitanti e commercianti, che non si accorgono di finire di fatto controllati dalla malavita stessa”. Per i sindacalisti Cgil è la ‘ndrangheta, attualmente, a fare la parte del leone in questo settore.
La Uil polizia (rappresentata da Antonio Costa e Roberto Mancini) ha voluto sottolineare “le risposte limitate da parte delle istituzioni, a partire dai tagli dei fondi per la sicurezza alla assenza di turnover del personale, circostanza che ha fatto salire l’età media degli agenti a 40 anni, a fronte di uno scenario criminale sempre più dinamico e in evoluzione”.
La Coisp (rappresentata da Umberto De Angelis e Roberto Giannini) ha affrontano il tema dei disagi in cui si trovano ad operare quotidianamente le forze dell’ordine: “Caserme fatiscenti o sotto sfratto, carenza di uomini e mezzi, assenza di concertazione con le istituzioni, periferie abbandonate a se stesse”.
Di disagio ha parlato pure il vice presidente della Commissione, Pino Palmieri (Lista Polverini), che ha insistito sulla necessità da parte della Regione di mettere in atto un serio programma di housing sociale in grado di garantire sicurezza abitativa ai tanti agenti che operano nel Lazio da pendolari e che quindi sommano allo stress lavorativo anche quello derivato dai continui e lunghi spostamenti. “Alloggiare più rappresentanti delle forze dell’ordine sui nostri territori – ha spiegato – significherebbe innestare anche un processo indiretto di maggiore sicurezza, grazie ad una presenza costante, radicata e ben riconoscibile”.
Le conclusioni dei lavori sono state affidate al presidente Zaratti: “In questo ultimo anno nella Capitale vi è stata una grave escalation dei delitti della criminalità organizzata omicidi, attentati e gambizzazioni. I sequestri dei beni alle mafie testimoniano inequivocabilmente la presenza nel tessuto economico sociale di ‘ndrangheta e camorra a Roma come nel resto del Lazio. Non possiamo dimenticare che la criminalità organizzata rappresenta una grave minaccia per la vita democratica della nostra regione. Basti ricordare che nel 2005 il consiglio comunale di Nettuno venne sciolto per infiltrazioni mafiose, mentre a Fondi indagini della magistratura e della prefettura in tempi molto recenti hanno sottolineato gravissime pressioni mafiose. Stiamo raccogliendo informazioni e dati per elaborare un dossier in grado di fornire il più possibile l’esatta dimensione del fenomeno mafie e criminalità organizzata nella nostra regione. Ogni istituzione deve contribuire alla crescita della cultura della legalità”.
Nelle prossime settimane, la Commissione ascolterà il direttore dell’Abecol, Michele Lauriola, per rispondere e chiarire le gravi criticità relative l’assegnazione dei beni confiscati alla mafie.
Ieri il rapporto, messo a punto dall’Osservatorio regionale per la Legalità, era stato illustrato nel corso di una conferenza, presso la Sala Tevere della Giunta regionale, dalla presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, con gli interventi dell’assessore regionale ai Rapporti con gli Enti Locali e Politiche per la sicurezza, Giuseppe Cangemi, e del presidente dell’Osservatorio regionale per la Legalità, Rosario Vitarelli. Si tratta di un lavoro complesso e dettagliato, unico nel panorama nazionale: per la prima volta si effettua una analisi comparata e approfondita dei reati relativi a cinque anni, dal 2006 al 2010. Il rapporto, un volume di 450 pagine, analizza il dato su base regionale e successivamente prende in considerazione le cinque province del territorio laziale riportando i dati su ciascuno dei 378 Comuni del Lazio, mettendo in questo modo a disposizione di tutte le amministrazioni locali della regione uno strumento efficace per comprendere meglio la propria realtà e consentendo loro di poter opportunamente interagire con le forze dell’ordine per arginare situazioni di degrado sociale, culturale ed urbano che costituiscono l’humus entro cui prolifica la piaga dell’illegalità. Il Rapporto è consultabile sul sito regione.lazio.it/osservatoriosicurezza. Il lavoro calcola l’‘indice di delittuosità’ o ‘tasso di criminalità’ delle singole realtà comunali dividendo il territorio in sei classi di rischio. Tale quoziente è il frutto del rapporto fra il numero dei delitti e l’ammontare della popolazione media degli abitanti e consente di rilevare il numero di reati commessi in un anno ogni 10mila abitanti. Roma, dove nel 2010 c’è stato un aumento di delitti rispetto all’anno precedente del 4,9% anche se rispetto al 2006 il totale dei reati è comunque in calo del 19,3%, è nella classe di rischio più alta, come anche molti centri del litorale fra i quali Ardea e Pomezia. Solo il territorio del Comune di Fiumicino registra un indice addirittura superiore a quello romano, a causa del ‘peso’ della presenza dell’aeroporto internazionale. Su base regionale, nell’ambito dei delitti contro la persona, si registra un calo degli omicidi volontari consumati nella nostra regione dal 2006 al 2010. Si passa, infatti, da un tasso di 0,09 omicidi ogni 10.000 abitanti allo 0,06. Gli altri tipici reati contro la persona – quali le lesioni dolose, le percosse, le ingiurie e le minacce – evidenziano un progressivo lieve aumento, nel quinquennio 2006-2010, a conferma di una tendenziale recrudescenza delle tensioni sociali e dei conflitti interpersonali. Più marcato risulta, invece, l’incremento delle denunce per violenza sessuale (0,83 casi ogni 10.000 abitanti nell’ultimo anno, a fronte dello 0,67 del 2006), con un dato in linea con una generalizzata tendenza nazionale, particolarmente rilevante nelle regioni del centro-nord Italia. Fra i delitti contro il patrimonio, si segnala, rispetto al dato iniziale del 2006, una drastica diminuzione dei furti che rimangono, comunque, la fattispecie di reato più ricorrente. Il dato è, in questa prospettiva, quanto mai eloquente: nel 2006 si sono registrate nel Lazio 217.946 denunce di furto (più di 403 ogni 10.000 abitanti) mentre nel 2010 le segnalazioni di questo reato sono state 165.764, con un vistoso calo di circa il 24%. Le denunce di furto nel 2010 hanno avuto un incremento in termini assoluti, rispetto al 2009, di circa il 9% (152.784 nel 2009 contro le 169.764 nel 2010); proprio l’aumento di questa specifica tipologia di reato determina, praticamente da solo, l’incremento dell’ammontare complessivo dei reati nel Lazio fra il 2009 e il 2010 (284.511 reati denunciati nel 2010 a fronte dei 274.384 reati complessivamente denunciati nel 2009). Per quanto riguarda le rapine, si registra un calo progressivo che, dal picco del 2007 (con 5.552 segnalazioni di reato in un anno, per una media di più di 15 casi ogni giorno nel Lazio), scendono a 3.450 denunce nel 2010. Inversione di tendenza nel dato relativo alle truffe e frodi informatiche che costituiscono, comunque, una fattispecie di grande incidenza nei nuovi orizzonti tecnologici della criminalità grazie all’intensa ed ancor più raffinata attività di prevenzione operata dalle forze dell’ordine (dalle quasi 10mila del 2009 a poco più di 8mila nel 2010). Per quanto riguarda il traffico di sostanze stupefacenti, nel 2010 si è registrato un calo nel quantitativo di droga sequestrato (pari a circa il 51% rispetto all’anno precedente), anche se l’ammontare di stupefacenti rinvenuti nel Lazio permane comunque notevole: nell’ultimo anno è stato sequestrato il 18,73% della cocaina sequestrata a livello nazionale, l’1,81% dell’eroina, il 3,18% dell’hashish, il 6,93% della marijuana e il 3,10% delle droghe sintetiche. Per quel che concerne infine le denunce per associazione a delinquere di stampo mafioso, di cui all’art. 416 bis c.p., rimane elevato per le organizzazioni mafiose il rischio infiltrazione nel Lazio e soprattutto a Roma, in particolare nel settore dell’edilizia, delle società finanziarie, del commercio, della ristorazione, dell’abbigliamento, dello smaltimento dei rifiuti, delle concessionarie di auto. Molteplici riscontri, d’altronde, portano a ravvisare, come è stato rilevato anche da altri autorevoli organismi istituzionali, un progressivo spostamento delle pratiche e degli interessi mafiosi ben oltre i confini del Mezzogiorno, con un coinvolgimento diretto anche del Lazio e di altre regioni del centro-nord Italia (in particolare Emilia Romagna, Lombardia, Liguria e Piemonte).