La Corte d’Assise d’Appello di Roma, nel ricalcolare la pena inflitta agli imputati in primo grado, ha spiegato che la figlia di Carlo Urbani poteva essere salvata. Ciò ricalcolando la condanna da 14 a 4 anni per Abdulaziz Rajab e da due a tre anni di reclusione per Kaoula El Haouzi, amica di Maddalena. Se i due avessero chiamato i soccorsi, secondo i togati, Maddalena Urbani si sarebbe potuta salvare.
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Così la Corte d’Assise: “Gli imputati hanno agito in modo maldestro e superficiale”
Questo si legge nelle motivazioni della sentenza d’appello. Dopo l’overdose di metadone Maddalena Urbani poteva essere salvata. L’allora 21enne era la figlia di Carlo Urbani, che isolò il virus della Sars evitando una pandemia, ma pagando con la sua vita. Abdulaziz Rajab e Kaoula El Haouzi dovevano chiamare i soccorsi. “Deve ritenersi che gli imputati, nel non richiedere tempestivamente l’intervento del 118, pur rappresentandosi una situazione di pericolo per la vita di Maddalena Urbani, abbiano agito il Rajab in modo maldestro e la El Haouzi in modo superficiale, ed entrambi in modo colpevolmente inadeguato, ma senza aderire psicologicamente all’evento (morte), nella convinzione, o nella ‘ragionevole speranza’, dettata dallo stato di agitazione e confusione, dalla mancanza delle necessarie conoscenze mediche, dall’inesperienza e dall’affidamento riposto in altri“, dicono i giudici. Contestualmente sono state ridefinite le pene. Per il cittadino siriano si passa dai 14 anni inflitti in primo grado, ai quattro decisi in appello. Per l’amica di Maddalena Urbani, invece, si passa da due a tre anni, riqualificando l’accusa in omissione di soccorso.
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I demoni legati al trauma della perdita del padre
Aveva scelto di vivere a Perugia. Ma i demoni che si portava dentro a seguito della morte del padre l’accompagnavano specialmente quando si recava a Roma a causa delle sue dipendenze. Fin da subito gli agenti del commissariato Flaminio avevano ipotizzato un’overdose. Quando i soccorsi erano arrivati presso l’appartamento in zona Cassia per Maddalena già non c’era nulla da fare. Il suo pusher era ai domiciliari per spaccio. Le risposte, legate all’autopsia sul corpo della ragazza, erano arrivate subito.