Omicidio Pamela Mastropietro. La voce stanca, concitata, tesa: “Sono molto tesa e aspetto l’udienza di domani provando ad avere fiducia nello Stato. Non dormo più, ma in realtà sono ormai 5 anni che non riesco ad avere pace: da quando è morta Pamela. Se veramente credo che sarà fatta giustizia? Ci sto provando, ma ho davvero paura che il carnefice di mia figlia possa uscire fuori”. A stento trattiene le lacrime mentre faceva le sue dichiarazioni nella giornata di ieri, Alessandra Verni, mamma di Pamela Mastropietro, la 18enne uccisa e fatta a pezzi il 30 gennaio del 2018. L’efferato omicidio era avvenuto in un appartamento a Macerata. Il suo corpo ridotto in pezzi l’avevano poi ritrovato in due valigie nelle campagne di Pollenza. La sua unica preoccupazione è che la giustizia possa essere troppo clemente con Innocent Oseghale. Alessandra teme che possa avere una riduzione della pena e dunque un giorno uscire dal carcere.
I timori della madre di Pamela Mastropietro
Ad oggi sono trascorsi ormai 5 anni da quel drammatico e triste 30 gennaio 2018, giorno tremendo in cui i resti della 18enne furono rinvenuti all’interno di due trolley a Pollenza (Macerata). Da quel giorno, la madre aspetta ancora il momento agognato in cui potrà vedere la giustizia fare il suo corso definitivo. Ma c’è un timore, e non da poco: quello che i reati imputati al 32enne possano ridursi deriva dal procedimento in Cassazione, e questo per una rivalutazione dell’aggravante della violenza sessuale. Alessandra Verni, alla notizia, non riesce ancora a capacitarsi di una decisione di tal genere. La prospettiva possibile di una riduzione della pena è un pensiero lacerante. Come ha dichiarato al Messaggero in una recente intervista: ”Mi aspetto che da questo secondo processo in appello esca una sentenza di ergastolo, e che” – si parla ovviamente dell’imputato, Innocent Oseghale ”resti in carcere a vita”. Poi ha aggiunto: ”è ciò che merita. Qualsiasi altra condanna la riterrò ingiusta”.
In aula oggi con le foto della figlia fatta a pezzi
In aula, oggi, a piazza Matteotti (Perugia) per l’avvio del processo d’appello bis che vede imputato, per la morte della 19enne, il 33enne nigeriano Innocent Oseghale, Alessandra ha scelto di indossare una maglietta bianca con su una stampa delle immagini che ritraggono la salma della figlia fatta a pezzi. Un gesto forte, fatto per rinfrescare la memoria ai giudici sulle condizioni in cui è stata ritrovata la figlia, perché forse, a distanza di 5 anni, per la giustizia il ricordo di quell’efferato omicidio, preceduto da violenza sessuale, sembra essersi raffreddato troppo.