Allarme Trichinellosi in Puglia: cos’è, sintomi, come si cura. Si tratta di una infezione da Trichinella, una larva che si trova nelle carni crude o poco cotte di suini, cinghiali ed equini.
L’allarme Trichinellosi in Pugli
È allarme Trichinellosi, una malattia causata da un parassita trasmesso dagli animali all’uomo. In particolare, l’infezione insorge mangiando carne cruda o poco cotta di suini, cinghiali o equini che contiene larve di Trichinella. Succede soprattutto per le carni e i loro derivati (ad esempio le salsicce fresche) provenienti da animali non sottoposti a controlli veterinari. Inizialmente la Trichinellosi, non presentando sintomi caratteristici, può essere scambiata per influenza, anche perché la maggior parte delle infezioni si verifica in inverno, in concomitanza con il periodo di attività dell’influenza appunto.
Le larve di Trichinella, lunghe circa un millimetro, dopo essere state ingerite passano all’intestino tenue e nell’epitelio intestinale dove si sviluppano fino allo stadio di adulto e, al quarto giorno dopo l’infezione, si riproducono. Le larve neonate migrano nei muscoli striati, dove penetrano modificando la cellula in cellula nutrice. All’interno di queste ultime, le larve possono sopravvivere anche per anni, in attesa di essere ingerite da un nuovo ospite. La gravità dell’infezione è legata principalmente alla quantità di larve ingerite ed è molto variabile. Può presentarsi in forma benigna mentre nei casi gravi può portare a complicazioni cardiocircolatorie, respiratorie o neurologiche e anche al decesso.
In generale, si ha un caso probabile di Trichinellosi quando sono presenti almeno tre di questi sintomi: febbre, dolore muscolare, diarrea, edema facciale, eosinofilia (un aumento del numero di eosinofili nel sangue periferico), emorragia sottocongiuntivale, sottoungueale e/o retinica dopo un’esposizione a carne infetta o a una fonte comune. La diagnosi viene poi confermata attraverso esami specifici. In Europa sono presenti quattro specie di Trichinella, tra cui la T. Spiralis ovvero la più patogena per l’uomo e anche quella meglio adattata ai suini domestici e selvatici.