I nipoti dell’armatore dell’Achille Lauro, Achilleeugenio e Giampietro Lauro, hanno citato in giudizio il ministero per lo Sviluppo economico per essere risarciti dallo Stato di ‘2 miliardi e 300 milioni di euro’. Un giudizio intentato in sede civile, nel quale i ricorrenti evidenziano, secondo quanto riportato da La Repubblica, una gestione ‘scellerata’ della flotta, a causa della lunga serie di commissari ministeriali, ben 40 anni, che secondo gli eredi dell’armatore partenopeo ‘avrebbero affossato l’azienda’.
Il tentativo di portare la questione davanti al Tar
Gli avvocati dello Stato avevano cercando di ricondurre la vicenda a questione amministrativa da discutere davanti al giudice amministrativo, precisamente il Tar, ma il magistrato in sede civile per niente d’accordo, intende procede nell’iter giudiziario avviato. In tutto questo ci sarebbe anche la legge Prodi che aveva previsto un piano di risanamento da attuare in due anni, finito invece con ‘un cumulo di debiti’.
La vicenda giudiziaria si annuncia assai articolata, anche alla luce dei tecnici incaricati dai nipoti dell’armatore che hanno evidenziato come il passivo che si era registrato nella flotta si sarebbe potuto superare con ‘la cessione di qualche arredo’ delle navi, ed erano ben 99 le navi che facevano capo a Lauro, il comandate che viene ritenuto uno degli armatori più importanti del mondo.
La gestione commissariale avrebbe provocato ulteriori danni all’azienda
Ma la gestione commissariale che è seguita e che è andata avanti per 40 anni, non solo avrebbe accresciuto il debito, per quanto avrebbe danneggiato anche i creditori che non avrebbero avuto più alcuna possibilità di recuperare i propri soldi. I nipoti dell’armatore non hanno dubbi circa il fatto che la gestione commissariale, iniziata negli anni 80, avrebbe provocato la rovina di ‘un incommensurabile patrimonio imprenditoriale’ per questo ora chiedono alla Stato di essere risarciti di 2 miliari e 300 milioni di euro.
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