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TANGENTOPOLI POMETINA: LA SENTENZA

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PUBBLICHIAMO INTEGRALMENTE – PER LA PARTE RELATIVA ALLA VICENDA ASER – LA SENTENZA DELLA COSIDDETTA “TANGENTOPOLI POMETINA“. NEI PROSSIMI NUMERI DEL GIORNALE CARTACEO TRATTEREMO ANCHE GLI ALTRI FILONI D’INCHIESTA E, CONTEMPORANEAMENTE, TRASCRIVEREMO LE REALTIVE PARTI DELLA SENTENZA.

Nel numero di Agosto de “Il Corriere della Città” avete trovato un articolo riguardante la sentenza di I° Grado emessa dalla VIII Sezione del Tribunale Penale di Roma in merito alla nota vicenda della Tangentopoli Pometina, che nel 2001 stravolse la politica locale. Senza ripercorrere tutta la vicenda,che può comunque essere ricostruita con una semplice ricerca su Internet, noi qui pubblichiamo, come anticipato sulla versione cartacea del giornale, il testo della sentenza. Avendo deciso di dividere la vicenda in tre diversi articoli, tanti quanti sono i filoni di inchiesta, riporteremo questa volta esclusivamente la parte trattata sul cartaceo, ossia l’A.Ser. Siamo partiti da quella “di mezzo” (il primo punto riportato dalla sentenza riguarda il consorzio GFM e l’ultimo l’Arcalgas), in quanto i danni causati dalla gestione indiretta dei tributi sono tutt’ora riscontrabili e, soprattutto, hanno causato problemi forse irrisolvibili per le casse comunali e, di conseguenza, per tutti i cittadini. Si tratta di un “lungo racconto”, a volte anche un po’ noioso, che però mostra come effettivamente siano stati ricostruiti i fatti. Nei prossimi mesi riporteremo anche gli altri due filoni e la sentenza finale.

…. “Al capo D è contestato il reato di corruzione aggravata a Mauro, Antonini, Ruffini, Toce (Consiglieri comunali), Proietti Zaccaria Rodolfo, Marchetti Stefano (Assessori) e a Saggese Giuseppe, quest’ultimo socio maggioritario della soc. Publiconsult spa, per aver ottenuto – sulla base di accordo corruttivo precedentemente concluso che prevedeva la dazione di una tangente pari a L. 300.000.000 – l’adesione del Comune di Pomezia alla società mista denominata ASER, già costituita tra il Comune di Aprilia e Publiconsult, così consentendo alla società privata di gestire l’accertamento e la riscossione dei tributi comunali, ICI e TARSU per il Comune di Pomezia.

Il teste De Paolis, vicedirettore dell’ufficio della Direzione centrale per la fiscalità locale del Ministero delle Finanze, riferisce che la disciplina della gestione dei tributi comunali da parte dei privati era contenuta negli artt- 52 e 53 del D. leg.vo 15 dicembre 1997 n. 446 e che in particolare, ai sensi del V comma dell’art. 52, il servizio di riscossione dei tributi poteva essere affidato, nel rispetto delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, alle società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico di cui all’art.2 comma 3 della L. 142 del 1990 in cui i soci privati fossero scelti tra le imprese iscritte all’albo di cui al successivo art. 53, ovvero fossero costituite prima della data di entrata in vigore del decreto, quest’ultima clausola peraltro essendo stata inserita dalla L. 133 del 1999; che, a sua volta, la disciplina delle società miste, pubblico-private, era contenuta nel D. leg.vo 142 del 1990 che stabiliva che il partner privato dovesse essere scelto con procedura ad evidenza pubblica.

Ricorda il De Paolis che quando fu costituita ASER tra Publiconsulted il Comune di Aprilia, tale costituzione fu oggetto di 5 interrogazioni parlamentari: si rilevò che non era ancora stato costituito l’albo e l’ufficio al quale apparteneva il teste rilevò che ad Aprilia la gestione era stata affidata ad un raggruppamento di imprese delle quali una, ad esempio, si occupava del verde e che ciò venne ritenuto “stravagante” dall’ufficio del quale il teste faceva parte; precisa il De Paolis che ad Aprilia la gara pubblica per la scelta del partner privato era stata indetta ma era andata deserta e che poi il Comune aveva aggiudicato la gara al raggruppamento di imprese che si era presentato a trattativa privata; per Pomezia si rilevò che il soggetto era stato scelto senza gara.

Riferisce il teste che il suo ufficio rappresentò al Comune di Aprilia che la società mista non poteva costituirsi se non fosse stato costituito l’Albo e che il Comune rispose che non concordava con tale interpretazione; che quando l’ufficio venne a conoscenza dell’adesione di Pomezia alla società mista, chiese chiarimenti anche a Pomezia e che però il Comune non aveva mai risposto se non un anno dopo, cioè quando era stato commissariato. Riferisce altresì il teste che dall’1/1/98 (data di entrata in vigore del Decreto citato) molti Comuni chiesero il parere dell’ufficio in ordine alla esperibilità delle gare e che l’ufficio rispose a tutti che fino alla costituzione dell’Albo tale via non appariva praticabile.

Il De Paolis riferisce che fino alla costituzione dell’Albo, a posizione di ASER era unica in Italia, e che attraverso la creazione dell’Albo il Legislatore intendeva verificare i soggetti che chiedevano l’iscrizione. Con particolare riguardo alla Publiconsult, De Paolis riferisce che la società era iscritta al precedente Albo, di cui all’art. 32 D. leg.vo 507 del 1993, normativa questa peraltro relativa alla gestione delle sole imposte di pubblicità e TOSAP; che l’Albo di cui all’art. 53 D. leg.vo 446/97 prevedeva però requisiti diversi per l’iscrizione da quelli dell’Albo di cui all’art. 32.

Afferma il teste che, quindi, per la legittima adesione del Comune di Pomezia ad ASER difettavano sia la scelta del partner privato tra i soggetti iscritti all’albo di cui all’art. 53, sia comunque la costituzione della mista prima della data di entrata in vigore del D. leg.vo 446 (1/1/98) essendo stata costituita ASER solo nel luglio 1999.

Riferisce il teste di aver segnalato tale situazione alla Procura della Corte dei Conti per profili di eventuale danno erariale; spiega il De Paolis che nell’adesione di Pomezia ad ASER era previsto un aggio del 30% per venti anni (pari a 40 miliardi e 250 milioni di lire) mentre dai dati relativi alla precedente gestione della riscossione di ICI e TARSU il compenso era di 462 milioni di lire in venti anni; è vero – dice il teste – che il precedente servizio era relativo alla sola riscossione spontanea (rendicontazione) mentre il nuovo servizio affidato prevedeva anche l’attività di accertamento, ma comunque la differenza non era giustificata, poiché si passava (e sempre con il solo riferimento alla sola riscossione spontanea che comunque rappresenta il 90% della gestione del tributo, afferma il teste) dall’1% dovuto per legge all’esattore al 30% per lo stesso servizio. Ricorda infine il teste che il Saggese chiese a lui informale parere sulla praticabilità dello strumento e che il teste espresse parere negativo; che anche successivamente il Saggese espresse a lui preoccupazione per l’iscrizione all’albo, attesa l’esistenza dell’indagine nei suoi confronti da parte della Procura di Latina; che il teste gli disse che, qualora fosse stato disposto il suo rinvio a giudizio, l’iscrizione sarebbe stata sospesa; che il ritardo nell’istituzione dell’Albo derivava da divergenti interpretazioni espresse dal Ministero e dal Consiglio di Stato.

Il teste Fortunato, all’epoca dei fatti a capo dell’ufficio del Coordinamento legislativo del Ministero delle Finanze, ha confermato che vi furono varie sollecitazioni per la istituzione dell’Albo di cui all’art. 53.

La teste Marini (difesa Saggese), fino al 2002 responsabile del dipartimento finanza e fiscalità dell’ANCI ricorda la rilevanza del D. leg.vo 446/9 che attribuiva potestà regolamentare ai Comuni in tema di gestione delle entrate e che necessitava però di una specifica normativa di attuazione con particolare riferimento all’istituzione dell’Albo; ce nelle more dell’istituzione i Comuni avevano dato attuazione alla riforma o con la gestione diretta o mediante costituzione delle società miste “che peraltro avrebbero richiesto per le società private l’iscrizione all’Albo”; che in attesa dell’istituzione si ritenne di cercare il socio privato tra quelli già iscritti all’albo…

Il teste Di Benedetto (difesa Saggese), attualmente Presidente dell’ANACAP – associazione nazionale che riunisce le imprese che effettuano servizi di accertamento e riscossione di entrate patrimoniali e tributarie – riferisce che nel 1999-2000 l’affidamento a terzi del servizio poteva essere disposto nei confronti di società scelte con procedura ad evidenza pubblica tra quelle iscritte all’Albo di cui all’art. 53, ovvero nei confronti di società mista a prevalente capitale pubblico il cui socio di minoranza fosse stato scelto a seguito di gara pubblica. Riferisce il teste che l’Albo di cui all’art. 53 divenne operativo solo nel settembre 2000 e che vi era “uno stato di necessità in cui si trovavano i Comuni,cioè i Comuni non avevano possibilità di esternalizzare il servizio pur non potendo procedere all’assunzione di personale, non avendole risorse per fare gli investimenti, perché un servizio del genere comporta investimenti consistenti anche per quanto riguarda, per esempio, l’acquisto di un sistema informatico adeguato”.

Il teste Gadola, che ha rivestito la qualità di Segretario Generale e Direttore Generale del Comune di Pomezia, ricorda che con la delibera 100 del 4/8/99 il Comune decise di aderire alla ASER, già costituita tra Aprilia e Publiconsult spa, delibera di indirizzo e non operativa; che nella proposta di bilancio del febbraio 2000 questa delibera non venne neppure citata, ma che poi nello stesso giorno la delibera fu portata all’esame delle Giunta; che il teste espresse la sua contrarietà e che però MAURO, RUFFINI, D’ALESSANDRI, AURELI e forse anche CERVONI risposero che il merito della questione era un’operazione politica la cui decisione non spettava al teste; che la delibera che approvava lo schema di convenzione fu emessa a fine febbraio e prima dell’approvazione del Bilancio da parte del Consiglio Comunale, ma che poi non fu inserita in Bilancio; che Gadola si rifiutò quindi di firmare il Piano Esecutivo di Gestione portato in Giunta perché attuativo di un bilancio non coerente con gli atti amministrativi esistenti, non citando appunto la convenzione esistente; la Giunta, avvalendosi dei poteri di urgenza, approvò una variazione di bilancio in ordine all’aggio da corrispondere ad ASER ed il teste sollecitò l’Amministrazione comunale a formulare una convenzione più chiara sulle problematiche relative all’aggio. Spiega il teste che la società mista era per il 51% di Aprilia e Pomezia e che per l’acquisto della quota Pomezia avrebbe dovuto corrispondere 510 milioni di lire, somma che in cassa non c’era; riferisce il Gadola che si sarebbe dovuto accendere un mutuo a tal fine, e che i tempi relativi non erano brevi; che per tali motivi lui aveva ritenuto che la mista non sarebbe stata costituita; che invece Publiconsult anticipò la somma occorrente, prestito che il Comune accettò con una delibera adottata in un giorno di sabato. Continua il teste affermando che la convenzione decorreva dal 1/4/00 e che in essa era previsto un “minimo garantito” su ICI e TARSU, indipendentemente cioè dalle somme effettivamente riscosse, l’ASER avrebbe dovuto corrispondere la somma corrispondente al minimo garantito; al di sopra dell’importo minimo e fino a 36,5 miliardi di lire, il 70% della differenza spettava al Conune ed il residuo 30% ad ASER, la quale riteneva che per il 2000 il minimo garantito dovesse essere rapportato ai soli mesi di effettiva gestione (aprile-dicembre).

Riferisce il Gadola che era necessario tener conto della determinazione degli incassi, degli incassi relativi agli anni precedenti e della gestione dei tributi da parte del Concessionario Monte dei Paschi di Siena, dovendosi riconoscere l’aggio sulle sole riscossioni eseguite da ASER: sulla scorta di tale osservazione – riferisce il teste – formulò una lunga relazione cercando riequilibrare la convenzione differenziando il compenso ad ASER a seconda che si trattasse di riscossione spontanea o di lotta all’evasione e ciò anche al fine di incentivare l’impegno dell’affidataria del servizio nella lotta all’evasione.

Nell’incontro avuto con Aureli, Mauro, Cervoni, Schiumarini e per ASER, con Faraone e Ippoliti (incontro molto teso), solo Trabocchini sostenne la posizione del Gadola il quale allora disse “il bilancio ve lo fate voi”.

Ricorda infine il teste che nel bilancio preventivo del 2001, la Giunta adottò una delibera che prevedeva atto del mancato accordo con ASER, demandava ad una Commissione di riformulare una convenzione da sottoporre alla Società mista ed in caso di mancata accettazione da parte della Società, la risoluzione della convenzione; che fu iscritta a bilancio la somma di 3 miliardi di lire quale aggio massimo da corrispondere ad ASER.

Il teste Trabocchini conferma che Gadola propose di risolvere la convenzione con ASER, ricostituendo il precedente ufficio tributi, ovvero di rinegoziare la convenzione in senso più favorevole al Comune; che furono istituite due commissioni delle quali una nominata dal Commissario straordinario, ma che entrambe non operarono poiché ASER decise di devolvere la controversia ad un Collegio arbitrale.

In ordine alla anticipazione della somma per l’acquisto della quota riferisce anche il teste Lulli, dal gennaio-febbraio 2001 dirigente del Comune di Pomezia dell’area affari generali che comprendeva il servizio contenzioso contratti; riferisce il Lulli che nel marzo del 2000 era stato investito del problema della partecipazione del Comune alla società mista ricorrendo appunto ad una anticipazione del socio privato; il problema era che non essendo ancora stato approvato il bilancio di previsione, il Comune non avrebbe potuto versare quella somma al momento della sottoscrizione della partecipazione.

Il Petrucci è stato responsabile del servizio finanziario fino a marzo 2000 e ricevette dalla Giunta nel 1999, unitamente alla Mariani, l’incarico di esaminare la possibilità di costituzione della società mista; il Petrucci espresse valutazione favorevole a condizione che il socio privato fosse scelto con gara pubblica, mentre la Giunta tutta (con esclusione del Vice sindaco) decise di aderire alla società mista già costituita con i Comuni di Aprilia e Ardea.

Sollecitavano la adesione Cervoni, Aureli, Ruffini e Mauro.

Per ciò che riguardava la somma necessaria per l’acquisto della quota, il Petrucci riferisce di aver fatto rivelare che il Comune non aveva la disponibilità della somma ( pari ad oltre 500 milioni di lire) e che poi l’aumento di capitale fu finanziato con anticipazione fattada Publiconsult; che tale somma non fu inserita in bilancio né come entrata (perché era un prestito), né come uscita (perché aumento di capitale).

Specifica ulteriormente il teste che il Comune aveva immobili da eventualmente alienare; che quindi si sarebbero dovuti preventivamente inserire in bilancio e nella relazione programmatica tali immobili al fine di venderli e con il ricavo il Comune avrebbe potuto acquistare la partecipazione.

Continuava il Petrucci riferendo che ad ASER vennero concessi gratuitamente o comunque ad un canone irrisorio rispetto al valore di mercato, i locali ove operava il precedente ufficio tributi composto dalla Mariani e da altre due persone, ufficio che al parere del teste funzionava.

La Mariani, funzionario dell’ufficio tributi, a sua volta riferisce che nel periodo nel quale si discuteva della adesione ad ASER da parte di Pomezia, Publiconsult (socio privato) aveva in atto un contenzioso con il Comune, nel senso che la Società privata contestava l’ammontare dei minimi da versare in relazione ai servizi che gestiva già per il Comune di Pomezia, conferma la teste che il Vice sindaco si astenne dal votare l’adesione proprio in ragione dell’esistenza di tale contenzioso e che nella riunione alla quale partecipò anche Saggese, si decise di istituire una commissione che avrebbe dovuto risolvere la questione; la commissione no operò perché la controversia fu poi devoluta agli Arbitri che stabilirono che il Comune di Pomezia era debitore di Publiconsult.

La teste riferisce di aver redatto due relazioni sui minimi che Publiconsult avrebbe dovuto corrispondere, delle quali una sull’accertato e l’altra sul riscosso.

Il Di Carlo è stato Vice sindaco di Pomezia dal 1998 all’aprile 2000.

Spiega il teste i motivi della sua contrarietà all’adesione di Pomezia ad ASER: il socio privato, Publiconsult s.p.a. Gestiva per il Comune la riscossione delle imposte affissioni e pubblicità per il quale era prevista la corresponsione di un minimo garantito che però Publiconsult contestava e non versava, circostanza questa che il teste aveva appreso solo in un secondo momento; la costituzione di ASER gia ad Aprilia era stata contestata poiché Publiconsult non era iscritta all’albo delle società che potevano operare nella riscossione e comunque Publiconsult non era stata scelta con gara pubblica nemmeno al momento della costituzione di ASER con il comune di Aprilia, poiché in quella occasione, l’unica offerta era stata dapprima scartata per mancanza di documentazione e poi il Comune aveva chiesto proprio all’unica impresa partecipante di fare una nuova offerta al fine dell’affidamento diretto che così era stato affidato.

Ricorda il Di Carlo di aver formalizzato l’opposizione per iscritto; il sindaco (Aureli) si adirò e iniziò “un dialogo ad altissima voce” con Mauro e Ruffini i quali dissero che la decisione era stata presa e che non interessava loro l?opinione del vicesindaco, imponendo ad Aureli che era combattuto, di andare avanti.

Ricorda il teste che poco tempo dopo il sindaco gli revocò l’incarico, a ciò sollecitato dal D’Alessandri (entrambi appartenenti ai D.S così come il Di Carlo) che era invece favorevole alla delibera.

E’ stato quindi escusso il teste Farone (difesa Saggese) dirigente della S.Giorgio s.p.a. (già Publiconsult) dal 1999 al 2006 come responsabile dei contratti nelle sedi del Lazio: riferisce il teste che Publiconsult già riscuoteva per Pomezia le imposte per pubblicità, occupazione di suolo pubblico, affissioni; riferisce il teste che il Di Carlo non era in realtà contrario alla adesione di Pomezia ad ASER, ma era favorevole ad una società mista in cui il socio pubblico fosse solo il Comune di Pomezia.

Riferisce il teste, per averglielo riferito il Saggese, che vi fu un incontro a Lecco tra il socio di maggioranza della Publiconsult ed alcuni consiglieri in relazione al minimo garantito: il problema al riguardo era che il riscosso era molto inferiore al previsto e che ciò lui aveva segnalato al Saggese e l’imputato gli aveva riferito, dopo quell’incontro, che i politici erano contrari a diminuire il minimo garantito.

Publiconsult quindi valutò la possibilità di deferire la questione ad un Collegio Arbitrale ed i politici proposero di nominare una commissione presieduta da Gadola, che il teste definisce “oppositore ideologico” della privatizzazione della riscossione; la società considerò quindi tale proposta come una provocazione.

Riferisce il Faraone che nell’anno 2000 non essendo stato raggiunto il minimo garantito, non era stato corrisposto alcun aggio alla società e che lui aveva segnalato al Saggese che il riscosso era molto inferiore al preventivato e cita l’esempio dell’aeroporto di Pratica di Mare a cui venivano erroneamente inviate richieste di pagamento di imposte superiore al dovuto (duplicazione di cartelle). Ricorda infine il teste che il Mauro era la figura di grande rilievo politico e che l’imputato si propose, ciò dicendo anche al teste, di entrare in Publiconsult come dirigente: afferma il teste che per la società il Mauro, in ragione delle sue molteplici relazioni, sarebbe stata una risorsa importante. Sono state acquisite sull’accordo delle parti all’udienza del 3/4/08 le dichiarazioni rese da Scozzese Antonio che dal giugno 2001 ha rivestito la qualità di Sotto Commissario nel Comune di Pomezia, con l’incarico nel settore finanziario e contabile. Conferma lo Scozzese che ASER contestava la determinazione dei minimi garantiti poiché – spiega il teste – ad esempio la TARSU si verificano spesso contrasti con i titolari di attività commerciali ed industriali sull’esatta determinazione delle superfici sulle quali calcolare la tassa che è piuttosto elevata.

Riferisce peraltro lo Scozzese che ASER contestava il minimo sulla base di una relazione redatta dalla dottoressa Mariani, relazione che era però atto interno e non ufficiale. Affronta poi il teste il problema dei rapporti tra il precedente esattore (Monte dei Paschi di Siena) e ASER, affermando che lui aveva diffidato il precedente esattore dall’ulteriormente riscuotere, atteso che era in atto la convenzione con la società e che però il Monte dei Paschi – che continuava a riscuotere per altri Comuni – replicava di non essere in grado di distinguere da quali Comuni provenissero i pagamenti in quanto effettuati su uno stesso conto corrente.

Significativa è la circostanza riferita dal teste che non sa se ASER avesse mai richiesto l’elenco dei contribuenti e ne fosse in possesso. Non sono necessari al riguardo ulteriori commenti se si considera che ASER ha sempre contestato l’ammontare del minimo garantito: non si può formulare una (seria) previsione sulle somme da riscuotere se non si conosce nemmeno il numero esatto dei contribuenti.

La necessarietà dell’iscrizione all’Albo è stata sostenuta non solo dai testi del PM, ma anche dalla teste Marini, indotta dalla difesa Saggese; così come il teste Di Benedetto, pure indotto dalla Difesa Saggese, spiega che all’epoca dei fatti, l’affidamento a terzi dei servizi indicati nel decreto ora citato a società mista richiedeva che il partner provato fosse scelto con gara pubblica. Nella specie – ed anche a prescindere da ulteriori rilievi – nessuna delle due condizioni è stata rispettata dal Comune di Pomezia e quindi dai suoi amministratori nell’esternalizzazione del servizio di riscossione: attraverso l’adesione alla società già costituita tra Publiconsult ed il Comune di Aprilia, l’amministrazione di Pomezia, per favorire il soggetto privato sulla base di accordo corruttivo, ha deliberato l’adesione alla già costituita società mista, nella quale peraltro il socio privato non era iscritto all’albo e non era stato scelto attraverso una gara pubblica come hanno specificatamente confermato i testi Di Carlo e De Paolis. Nè è invocabile

nella specie l’espressione “oppure siano già costituite prima della data di entrata in vigore del presente decreto”, che era quella del 1/1/98, poiché ASER era stata costituita nel mese di Luglio 1999. E’ invece necessario riportare l’ultimo periodo del III comma dell’art. 53: “per i soggetti affidatari di servizi di liquidazione, accertamento e riscossione di tributi ed altre entrate degli Enti Locali, che svolgano i predetti servizi almeno dal 1/1/97, può essere stabilito un periodo transitorio, non superiore a due anni, per l’adeguamento alle condizioni ed ai requisiti per l’iscrizione all’albo suddetto”.

La disposizione citata esprime infatti chiaramente la necessarietà anche per i soggetti che avessero svolto in precedenza servizi di riscossione, dell’iscrizione all’albo di cui all’art. 53 e ciò anche a prescindere dal caso di specie e cioè dalla tipologia di servizi svolti dalla Publiconsult per il Comune di Pomezia prima dell’adesione all’ASER.

Nessun termine era stabilito dal legislatore per la costituzione dell’albo e per tale motivo non potrebbe parlarsi di “ritardo” nell’emanazione del relativo decreto; né è utile soffermarsi sull’assoluta rilevanza per gli Enti Locali delle attività di riscossione, accertamento e liquidazione dei Tributi, assoluta rilevanza che comporta evidente complessità nell’esame e nella determinazione delle condizioni e requisiti per l’iscrizione all’albo, “tenuto conto delle esigenze di trasparenza e di tutela del pubblico interesse”.

Del pari di tutta evidenza emerge l’interesse (in astratto, legittimo) di Publiconsult (unico socio privato) all’adesione del Comune di Pomezia (ma anche di altri Comuni) ad ASER, poiché tanti più sono gli enti locali per i quali svolgere la riscossione e l’accertamento, tanto maggiore è l’aggio percepito. Il profilo che interessa il processo è però che Publiconsult aveva interesse alla rapida adesione del maggior numero di Comuni alla società già costituita con Aprilia (in quel momento ASER era l’unico esempio di società mista sul territorio nazionale) perché in quel momento, per la prima volta, era stata affidata agli Enti Locali la potestà regolamentare sulle entrate tributarie, perché quello era un momento di transizione derivante dalla novità legislativa e dalle incertezze interpretative conseguenti ed era un momento in cui, infine e soprattutto, non molti erano i soggetti privati che potessero concorrere alla Publiconsult nella scelta del soggetto privato al quale affidare la riscossione.

Correlativamente, assume rilievo osservare che non vi era per il Comune di Pomezia alcun motivo di urgenza – nulla al riguardo è infatti emerso dall’istruttoria dibattimentale – nell’affidare a terzi il servizio di riscossione e accertamento senza attendere la creazione dell’Albo e senza esperire procedura ad evidenza pubblica per la scelta del partner privato, potendo provvedere con le strutture preesistenti all’espletamento del servizio fino alla realizzazione delle condizioni previste dalla legge. L’interesse della società p stato perseguito attraverso la conclusione di accordi illeciti tra il Saggese e gli imputati, accordi che alla luce delle considerazioni sopra esposte e di quelle di seguito esplicitate, debbonoritenersi raggiunti in epoca precedente o coeva all’adozione della delibera 100 del 4/8/99.

Deve peraltro ritenersi che anche qualora fossero stati raggiunti in epoca successiva, il fatto integrerebbe comunque gli estremi del reato contestato, perché come precisato anche dal teste Gadola, la delibera 100 era di indirizzo e non operativa e richiedeva quindi ulteriori, successive e complesse attività per la sua attuazione.

Il D’Alessandri aggiunge anzi che la delibera stentava a trovare attuazione e che in tale situazione si inserì il discorso a lui fatto da Mauro e Ruffini circa la proposta corruttiva espressa dal Saggese e della quale si dirà in seguito. Del tutto sintomatica – a tacer d’altro – èl’anticipazione del socio privato (di minoranza) della somma necessaria per l’acquisto della partecipazione ad ASER, anticipazione che il Comune di Pomezia accetta con una delibera adottata di sabato; non risulta che fossero stati pattuiti interessi per il prestito concesso, che non fu nemmeno inserito in bilancio. Del tutto sintomatico è altresì il rilievo che ad ASER furono concessi i locali prima occupati dall’ufficio tributi senza previsione di canoni o comunque a canone irrisorio rispetto a quello di mercato.

Per non richiamare poi il profilo concernente la contestazione di Publiconsult in ordine al minimo garantito, basata sulle risultanze delle relazioni della Mariani costituenti atti interni (e quindi non nella disponibilità di terzi), intervenuta dopo la stipulazione della convenzione con il Comune di Pomezia e formulata dal soggetto che dopo due anni dall’inizio dell’attività non aveva chiesto nemmeno l’elenco dei contribuenti.

La sussistenza di accordi corruttivi è altresì confermata dalle circostanze riferite da D’Alessandri, Aureli e Cervoni (in sede di incidente probatorio), dalle risultanze dell’interrogatorio reso dal Mauro, da Proietti Zaccaria, da Marchetti, dagli esiti delle intercettazioni ambientali e telefoniche eseguite. Antonini, Ruffini e Toce negano invece ogni addebito in sede di esame.

D’Alessandri, in sede di incidente probatorio, afferma di essere stato favorevole alla costituzione fi società mista, da attuare però solo tra il Comune di Pomezia ed il socio privato; apprende che è necessario “troppo tempo” per la costituzione di una società così composta e allora, in data 4/8/99 il Comune emana una delibera di indirizzo per l’adesione ad ASER; poiché detta adesione non trovava concreta attuazione, Ruffini e Mauro gli dissero, alla presenza di Mambelli e Santini Muratori, che ci sarebbe stato un contributo per i partiti se l’adesione fosse andata in porto. Ricorda il D’Alessandri di aver ricevuto a casa di Ruffini e da Ruffini, nel giugno-luglio 2000, una busta contenente 65 milioni di lire alla presenza di Manzi, Valentini e Mauro; di aver dato 10 milioni ciascuno a Antonini, Toce, Nobili, Calzetta, De Lorenzi e Iacuaniello, trattenendo per sé 5 milioni di lire e senza riferire ai coimputati da chi provenisse il denaro.

Ricorda ancora il D’Alessandri di essersi recato con Mauro all’hotel Antonella dove vi era il Saggese che dette una busta a Mauro dicendogli “questo è quello che ti dovevo” ed afferma il dichiarante di non sapere se la busta contenesse denaro. Pochi giorni dopo, Mauro, a bordo della sua auto, consegna a D’Alessandri complessivamente 20 milioni di lire – in 2 distinte occasioni – dicendogli che la somma costituiva altra parte del “contributo” da parte di Publiconsult, o meglio di Saggese.

Afferma il dichiarante che questo denaro fu utilizzato solo per spese politiche e che regalò a Marchetti per il suo compleanno 5 milioni di lire. Deve subito osservarsi a questo punto che il D’Alessandri non ha però risposto alla domanda del PM; se il denaro era stato dato ai consiglieri come contributo politico e cioè per far fronte alle spese politiche, non è chiaro per quale motivo allora denaro sia stato dato anche al Marchetti che era Assessore, carica questa non politica. Aureli, all’epoca dei fatti Sindaco di Pomezia, afferma in incidente probatorio che la costituzione di società miste in materia di ambiente e tributi rientrava nel programma elettorale del suo gruppo; che a seguito della delibera di indirizzo contenente la previsione dell’adesione di Pomezia ad ASER, l’attuazione del progetto andava a rilento poiché vi erano resistenze da parte degli uffici tecnici (Gadola, ad esempio, ricorda il dichiarante che era contrario), mentre i capogruppo (Ruffini, D’Alessandri, Mauro e Busti) caldeggiarono l’adesione ad ASER anche per stabilizzare i LSU.

Ricorda Aureli l’incontro a Lecco tra lui, Mauro e Cervoni ed il Saggese per parlare di ASER; il Saggese, in quell’occasione, aveva regalato loro delle torte e quando si erano trovati alla frontiera, Mauro aveva aperto il cofano estraendo denaro e dando a Cervoni ed Aureli 10 milioni ciascuno dicendo loro “vi è stato fatto un regalo”; Mauro non aveva esplicitamente detto che il denaro proveniva da Saggese, ma aveva detto che la persona, oltre alle torte, aveva dato anche il denaro. Poiché il dichiarante afferma che le torte le aveva consegnate loro il Saggese, è di tutta evidenza che pure il denaro fosse stato dato dall’imputato da ultimo citato.

Afferma ancora il dichiarante che Mauro gli dette altri 3 o 4 milioni di lire in relazione ad ASER e che gli disse che anche Proietti Zaccaria aveva ricevuto denaro in relazione ad ASER. In incidente probatorio è infine stato sentito Cervoni, all’epoca dei fatti assessore al Bilancio dal novembre 1999; afferma il dichiarante di essere stato favorevole all’adesione di Pomezia ad ASER, mentre erano contrari il Sindaco (Aureli) ed il Vice Sindaco (Di Carlo), il quale – sostiene Cervoni – era però favorevole ad una società mista in cui Pomezia fosse l’unico soggetto pubblico. Caldeggiavano l’adesione ad ASER Celori, D’Alessandri, Ruffini e Mauro.

Ricorda Cervoni che era stata sottoscritta la convenzione con ASER e che però erano sorti problemi derivanti dalle contestazioni di Publiconsult in ordine al minimo garantito. Ricorda altresì Cervoni che mauro – con il quale aveva avuto contatti dal settembre 2000 – gli disse che “il Consiglio aveva trovato un accordo con il Saggese”: ciò significa “che Saggese era disposto a versare dei soldi?” chiede allora il PM, ed il Cervoni dice “penso di sì”.

Esclude espressamente il Cervoni dall’accordo illecito i consiglieri Nardi e Valle.

Conferma il Cervoni l’incontro a Lecco, nel febbraio 2001, tra lui, Mauro, Aureli ed il Saggese “per parlare della convenzione”, sapendo il Mauro che Cervoni ed Aureli non concordavano sul contenuto della convenzione; nell’incontro, Cervoni e Aureli ipotizzarono il ricorso all’arbitrato e persino il recesso della convenzione; Saggese e Mauro si allontanano per pochi minuti e Mauro tornò con le torte che ripose in auto; al confine l’imputato aprì il bagagliaio e tirò fuori del denaro, consegnò 10 milioni ciascuno ad Aureli e Cervoni dicendo che non erano per loro, di portarli a Roma e che se a Roma lui avesse richiesto loro i soldi, i coimputati glieli avrebbero dovuti restituire. Afferma Cervoni che Mauro non richiese più il denaro.

A seguito di contestazione, conferma invece che Mauro era tornato con 30 milioni dicendo che erano per il Consiglio e aggiungendo: “però visto che al Consiglio ci penso io perché faccio questo, diamone 10 per uno perché se me li chiedono me li ridate, se non ve li chiedo non me li ridate” ed il Cervoni ammette, “E’ chiaro che sapevamo che erano del Saggese”.

Afferma Cervoni di aver ricevuto altri 5 milioni e poi altri 3 o 5 milioni sempre dal Mauro, ma dice di non sapere se fossero riferiti alla vicenda ASER o alla vicenda GFM-

Mauro, in sede di interrogatorio reso in data 2/7/01, afferma che dopo la delibera di adesione pattuì con il Saggese una tangente di 300 milioni di lire alla presenza di D’Alessandri e che poi il Saggese dette solo 240 milioni; che ricevette una prima parte (tra 30 e 60 milioni) e la consegnò al D’Alessandri nella cui abitazione il giorno successivo parlarono delle percentuali di ciascuno e che la consegna al coimputato era motivata dal fatto che Mauro doveva recarsi a Roma e non voleva portare con sé il denaro contante; afferma Mauro che successivamente a Firenze il Saggese gli dette da 30 a 50 milioni di lire e lui li distribuì a Aureli, Cervoni, Proietti Zaccaria, Antonini (il quale doveva consegnarli a Marchetti), D’Alessandri.

Spiega il PM a Mauro che Marchetti aveva ammesso di aver ricevuto denaro, ma da D’Alessandri e Mauro afferma che probabilmente Antonini li aveva dati a D’Alessandri che a sua volta li aveva dati a Marchetti. Conclude Mauro affermando di non ricordare bene in quante tranches, ma di aver distribuito per la vicenda ASER 240 milioni di lire e conferma l’incontro di Lecco. Con riguardo all’incontro di Firenze tra Mauro e Saggese – incontro peraltro confermato perfino dal Saggese in sede di esame – risulta dalle intercettazioni ambientali che in data 17/2/01 Mauro telefona dal cellulare di tale Peppe (il nome di battesimo del Saggese è appunto Giuseppe) con il quale prende appuntamento per quel giorno; che il Mauro è in viaggio con una donna e che con questa ragiunge Firenze; che della stessa data è la conversazione ascoltata della quale è necessario riportare alcuni brani, dopo aver dato atto che il Mauro parlando con l’interlocutore telefonico gli dice che forse passerà da lui, ma non è certo, perché “ho un impiccio qui adesso con Zaccaria, con mio cognato, con questi qua, capito?”; poco dopo l’auto si ferma e Mauro parla con un Rodolfo (nome di battesimo di Proietti Zaccaria) e gli dà evidentemente denaro poiché il tenore della conversazione è il seguente:

…………………………….

Z. ……………………….oh, ti ringrazio

M. sono questi qua, erano questi.

Z. quant’è?

M. nove… erano questi

Z. eh

M. due assessori, 5 a testa

Z. eh

M. ho levato uno…te, mio cognato… a Maurizio (e Cervone) per me..

Z. hai fatto bene

M. (incomp) che c’hanno problemi Maurì… forse deve dare qualche altra cosa… non per voi… per qualche consigliere comunale… fra un paio… (incomp)… due, tre mesi

Z. (incomp)

M. c’è un problema (incomp) questo qua hai dato

Z. aho, Vincè

M. per cinque persone… per cinque persone… poi…una cos.. c’è un problema..

Z. uh..

M. anche se gli dai una cosa.. questi poi chiacchierano…

Z. sì

M. poi gli altri in consiglio intervengono… succederà un casino qui intorno

Z. eh

M. allora… mò non sa niente nessuno… se dovesse nascere il problema… poi dopo ci vediamo un attimo e parliamo

Z. eh

M. ma anche Maurizio qua… ha detto: guarda che se nasce un’altra cosa così…

Z. che nasce…

M. che noi abbiamo preso… una tomba…io so… però

Z. lo sai come son fatto

M. ecco… se dovesse succedere qualcosa, poi alla fine…ci vediamo un attimo e facciamo il punto della situazione.

Z. è certo… ma che mi devono dire quelli che m’hanno fatto (nero)… ma magari mi venissero a dire qualcosa!…poi… ma te lo dico ma non per polemica… su questo lo sai tu…

M. e Maurizio appunto

Z. no… quello che m’hanno fatto a me prima

M.Ah!

Z. sull’ASER m’hanno fatto nero… sulla …cosa (incomp)

M. eh

Z. vabbè…io ho fatto tutto quel lavoro sulle (incomp)… nono c’hanno capito un cazzo…a me chi m’ha deluso… a me guarda (sinceramente) se era per …per (Valentini)

………………………………………………………………..

Proietti Zaccaria (SIT rese in data 28/6/01, confermate in interrogatorio reso in data 2/7/01) ammette che Mauro gli aveva dato 9 milioni decendogli che era un “regalo” e che lui aveva immaginato provenissero da Publiconsult; aggiunge che la vicenda ASER però destava sempre preoccupazioni e che lui, successivamente, aveva allora deciso di restituire 5 milioni e non 9 perché non aveva tutta la somma.

Marchetti Stefano, in sede dibattimentale, afferma che D’Alessandri gli aveva dato 5 milioni di lire come compenso per consigli lavorativi; afferma che le circostanze riferite nel precedente interrogatorio (nel quale aveva ammesso che i 5 milioni erano un regalo per ASER) non erano vere e che aveva detto ciò perché era “provato”.

Nega, invece, il Saggese di aver mai dato denaro o di aver mai promesso denaro per l’adesione di Pomezia ad ASER; spiega che gli incontri con i coimputati (a Lecco, a Pomezia, a Firenze) avvenivano in albergo e nelle varie città da lui citate perché lui lì si trovava per lavoro e che l’unico incontro da lui richiesto era quello avvenuto a Lecco poiché il 31/1/01 avrebbe dovuto versare il minimo garantito, ma aveva accertato che il riscosso era molto inferiore a tale minimo.

Passando ora all’esame delle posizioni dei singoli imputati, le affermazioni del Saggese sono palesemente smentite dalle dichiarazioni rese dal Mauro in sede di interrogatorio; dalle dichiarazioni rese non solo da D’Alessandri, ma anche da Aureli e Cervoni; dall’ammissione di Proietti Zaccaria; dalle contrastanti affermazioni rese dal Marchetti, contrasto dal quale pure possono trarsi argomenti di prova; dagli esiti delle conversazioni intercettate e delle quali si è dato conto.

Mauro e Proietti Zaccaria hanno reso confessione e comunque per gli imputati valgono tutte le considerazioni già espresse per il Saggese.

Per il Marchetti è sufficiente rilevare tra quanto riferito nel primo interrogatorio reso e le circostanze riferite in sede di esame dibattimentale e la giustificazione fornita in ordine al contrasto; rilevare altresì che il D’Alessandri (forse per alleviare la posizione del coimputato) riferisce di aver dato 5 milioni a marchetti come regalo per il suo compleanno, mentre il Marchetti in dibattimento ha affermato che la somma era un compenso per i consigli relativi al lavoro.

E tra l’altro, la circostanza che la tangente sia stata corrisposta anche al Marchetti, che non era consigliere comunale, ma appunto assessore, conferma che non si trattava di un contributo politico per sostenere le spese elettorali.

In ordine alla posizione di Ruffini, deve osservarsi che i testi Petrucci e Gadola, ma anche Aureli e Cervoni, hanno riferito che l’imputato sostenne fortemente l’adesione di Pomezia ad Aser e, in particolare, il Gadola ricorda anche che il Ruffini gli rispose che il merito dell’operazione era politico e che la decisione non spettava al teste; che il D’Alessandri ha riferito di aver ricevuto a casa di Ruffini e da Ruffini la busta contenente 65 milioni di lire provenienti da Publiconsult e che fu Ruffini (oltre a mauro) a comunicare a D’Alessandri che ci sarebbe stato un contributo per i partiti se Pomezia avesse aderito ad ASER. D’Alessandri afferma di aver dato 10 milioni di lire ciascuno, tra gli altri, ad Antonini e Toce, della tangente ricevuta a casa del Ruffini.

Al riguardo davvero scarsamente credibile appare il D’Alessandri quando afferma di non aver rivelato la provenienza della somma, sia perché non ha senso alcuno erogare denaro senza rappresentare al beneficiario la provenienza, sia perché le modalità descritte dal D’Alessandri denotano – inequivocabilmente – la spartizione di una tangente, sia infine perché il corruttore, che non è un benefattore, ha necessità che i destinatari siano a conoscenza che la somma da lui proviene.

 

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