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Omicidio di Roberto Franceschi, lo studente assassinato durante un’assemblea

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roberto Franceschi

L’omicidio di Roberto Franceschi risale al 23 gennaio del 1973, quando il giovane studente universitario fu colpito da un proiettile durante uno scontro tra Polizia e studenti alla Bocconi di Milano. 

giardino franceschi
Omicidio di Roberto Franceschi – Ilcorrieredellacittà.com (Immagine tratta dalla pagina Facebook Fondazione Roberto Franceschi Onlus)

 

Ricoverato in gravissime condizioni, Roberto Franceschi morì dopo una settimana di coma. 

Chi era Roberto Franceschi

Roberto Franceschi, nato a Milano il 23 luglio 1952, era il figlio di Mario e dell’insegnante Lydia Buticchi, nota ex staffetta partigiana, e fratello di Cristina. Già durante il Liceo Scientifico Vittorio Veneto, Roberto sviluppò un forte interesse per la politica e la società, legandosi al Movimento Studentesco, una delle organizzazioni politiche della sinistra extraparlamentare.

All’Università Bocconi, dove studiava economia politica, Roberto divenne uno dei leader del Movimento Studentesco. Si impegnò per contrastare la tendenza a privilegiare l’attività politica quotidiana e militante rispetto all’approfondimento culturale e scientifico. Secondo un compagno di studi, Roberto era rigoroso contro la superficialità e il disprezzo per la cultura e la scienza. Credeva che l’attività politica dovesse essere supportata da un’analisi seria e continua della situazione, e che politica e studio dovessero essere complementari. La sua ferrea volontà, onestà intellettuale e costante ricerca della verità hanno ispirato molti compagni a superare le difficoltà e a progredire.

L’omicidio

Il 23 gennaio del 1973 fu indetto uno sciopero nazionale da parte di alcuni gruppi della sinistra extraparlamentare. In serata era in programma un’assemblea del Movimento Studentesco alla Bocconi. Quella che era stata la prassi fino ad allora diventò un’eccezione, perché il Rettore decise che all’assemblea avrebbero potuto prendere parte solo gli iscritti all’Università, previa presentazione del libretto. 

Il Rettore avvertì la polizia, che schierò un centinaio di agenti all’esterno della struttura universitaria. Molti giovani, anche fra gli iscritti, furono allontanati bruscamente dagli agenti e ne seguirono aspre contestazioni. I poliziotti spararono diversi colpi di pistola ad altezza uomo. Un proiettile raggiunse l’operaio Roberto Vicentini alla schiena, un altro lo studente Roberto Franceschi alla nuca. 

Piacentini venne trasferito d’urgenza al Policlinino e riuscì a salvarsi. Molto più gravi le condizioni di Franceschi, che fu inizialmente soccorso nell’atrio della facoltà, poi portato in ospedale, dove morì dopo una settimana di coma, il 30 gennaio alle ore 15.25. Ai funerali prese parte una grande folla di persone, tra cui il sindaco di Milano, Aldo Aniasi, e diversi rappresentanti delle istituzioni. Il Presidente Pertini inviò una corona di alloro

I processi e le condanne

La prima versione della Questura fu che il giovane studente universitario era stato colpito da un sasso lanciato dai contestatori, ma la ferita alla testa raccontava ben altro. Le indagini si rivolsero quindi verso gli agenti presenti la sera delle contestazioni. La Questura avanzò l’ipotesi di un agente che aveva agito in preda a un raptus.

Si celebrarono diversi processi per l’omicidio di Roberto Franceschi, che andarono avanti per oltre vent’anni. Nel primo processo, che prese il via il 10 maggio del 1979, gli imputati erano cinque. Roberto Piacentini e Sergio Cusani per oltraggio a pubblico ufficiale e lesioni, Gaetano Savarese, capitano della Pubblica Sicurezza, per falso, e i due agenti Agatino Puglisi e Gianni Gallo per omicidio preterintenzionale. Agatino Puglisi e Gianni Gallo furono assolti per non aver commesso il fatto in riferimento all’accusa di omicidio preterintenzionale. 

La sentenza fu confermata negli altri due gradi di giudizio. Il secondo processo penale, che vedeva imputato il vicequestore Tommaso Paolella per omicidio volontario, iniziò e si concluse nel 1984 con l’assoluzione del militare per insufficienza di prove. Sentenza confermata anche dalla Corte d’Assise d’Appello. 

La famiglia del giovane studente decise quindi di muoversi in sede civile. Fu dimostrato che il colpo che aveva ucciso Roberto era partito da un’arma in dotazione alle forze di polizia. I processi civili fissarono un risarcimento per i familiari della vittima in 600 milioni di lire, con i quali è stata finanziata la fondazione intitolata al giovane Franceschi, già fondata nel 1996. 

(IMMAGINE IN EVIDENZA CREDITS WIKIPEDIA)

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