Tre anni dopo la nostra inchiesta (iniziata nel dicembre 2012 e terminata ad agosto 2013) che dimostrava come a Pomezia e Torvaianica ci fossero delle realtà sommerse inimmaginabili – o a volte semplicemente ignorate – abbiamo deciso di rifare il “giro” per il territorio pometino per verificare se la situazione fosse cambiata e, in caso, come. Le foto che avevamo pubblicato sia sul giornale cartaceo che nell’edizione online avevano fatto scalpore tra i cittadini e smosso anche le forze dell’ordine, ma oggi la situazione che si presenta ai nostri occhi – ovviamente anche in questo caso documentata da foto e video – non è molto differente da quella del passato.
L’altra faccia di Pomezia e Torvaianica, quella delle fabbriche dismesse e dei capannoni abbandonati occupati da senzatetto e da zingari, quella degli extracomunitari che vendono di tutto – di giorno nelle spiagge affollate e la sera sui marciapiedi di Torvaianica – e che di notte trovano rifugio sotto le barche dei pescatori, dietro al campo sportivo o nelle baraccopoli improvvisate nei canneti di fronte via Zara e tra via Danimarca e via Siviglia, quella degli “invisibili” che si riforniscono di acqua alle fontanelle per potersi almeno lavare le mani è ancora tutta lì. Gli accampamenti sono ancora presenti, anzi, in alcuni punti sono addirittura diventati più “organizzati”, con tanto di orologi funzionanti appesi agli alberi, sveglie su comodini arrangiati e specchi su mobili raccolti chissà dove. A occupare queste baraccopoli persone di varie nazionalità: a Pomezia prevalentemente dell’est Europa o rom italiani, mentre a Torvaianica un mix tra nordafricani – la cui maggior parte si eclisserà al termine dell’estate – polacchi, bulgari e qualche italiano. Tutte persone i cui documenti sono spesso un optional, per i quali un lavoro “in regola” non esiste (non entriamo nel merito dei motivi) e che vivono di elemosina o di espedienti, salvo coloro che, nel periodo estivo, si arrangiano con il commercio abusivo sulle spiagge o sui marciapiedi.
Gli accampamenti più numerosi sono ancora una volta in via dei Castelli Romani, via Campobello e via Pontina per quanto riguarda Pomezia e via Zara, via Danimarca e il lungomare a Torvaianica. Tende da campeggio, materassi gettati a terra, sedie e tavolini. E ancora vecchi passeggini, montagne di abiti gettati alla rinfusa, bottiglie di birra ovunque, ma anche una solitaria bottiglia di detersivo per panni. E rifiuti, tanti, alcuni rinchiusi in sacchi, altri gettati a terra. Questa è l’immagine degli accampamenti che abbiamo fotografato a metà luglio. A breve fare una nuova ricognizione anche nelle tantissime strutture presenti a Pomezia dove gli “invisibili” vivono: vecchie fabbriche abbandonate trasformate in ricoveri per gruppi di decine di persone che vi restano qualche mese e, quando temono di essere stati scoperti dalle forze dell’’ordine, cambiano posto, lasciando però i segni del loro passaggio: rifiuti accumulati durante la permanenza, cancelli divelti, materassi ormai consunti ancora buttati per terra. Questa storia va avanti da anni. Eppure nessuno se ne accorge. E loro restano invisibili.
L’accampamento al Bivio di Pomezia
A Pomezia sono in pochi, come dimostrano le interviste che abbiamo girato sul “luogo del delitto”, a sapere che proprio al bivio principale della città, all’incrocio tra via del Mare e via dei Castelli Romani, c’è un accampamento abusivo molto ben organizzato, dove vivono diverse persone. Se le dicessimo che proprio alle sue spalle c’è un accampamento abusivo lei cosa risponderebbe? E’ stata la domanda che abbiamo rivolto ai passanti. Tra stupore e indignazione – c’è chi poi, transitando quotidianamente sulle strade adiacenti, invece li conosce eccome – queste sono state le risposte più comuni. “Direi che è ora di andare a parlare con il Sindaco, in ogni caso non me ne ero mai accorto, è incredibile“. “Sinceramente non ci avevo mai fatto caso, è un’indecenza“. “Sì, passo tutti i giorni e ormai li conosco bene. E vi dico: il Sindaco che fa? Se mi metto io con una tenda in questo parco penso che in meno di un giorno mi cacciano. A loro invece è tutto possibile”
Ma cosa si trova in questo accampamento? Senza perdere troppo tempo con le parole, lasciamo che siano le immagini a parlare. Come si fa a non accorgersi di cosa c’è a pochi metri dalla strada?
La tendopoli di Via Pontina Vecchia
Più nascosta, anche se con un occhio attento e sapendo dove guardare si vede, è la tendopoli su via Pontina Vecchia, all’altezza della Selva dei Pini, ma in direzione Roma. Per arrivarci si rischiano graffi (l’area in cui sorge è circondata sul un lato da rovi e piante che ostacolano il passaggio, mentre dal lato opposto un canneto protegge da sguardi indiscreti) e, soprattutto, di essere sorpresi dagli “abitanti”, messi in allarme dal rumore che si fa schiacciando i rami secchi che si trovano abbondanti sul terreno. Ed è qui, proprio perché è più difficile da trovare e raggiungere, che c’è uno degli accampamenti più attrezzati, una vera e propria favelas con alloggi di fortuna formati da tende, qualche materasso vecchio, sedie sbilenche, cartoni, assi di legno e teli cerati, un tavolo e qualche vecchia bicicletta.
Via Zara, Torvaianica
In via Zara, a Torvaianica, ce ne sono più di uno, sia sul lato del depuratore (proprio di fianco all’impianto c’è un “vialetto” in terra battuta che porta a un accampamento utilizzato d’estate dai venditori abusivi), sia sul lato del campo sportivo, nell’area dell’ex piscina comunale e proprio sotto l’arrampicata, dove invece i senzatetto sono ormai “stabili”, nel senso che vivono qui estate e inverno, così come quelli che “abitano” al “bridge hotel”, ovvero sotto il ponte del lungomare delle Sirene all’altezza dell’ex ostello e ormai ex delegazione. Qui la quantità di rifiuti accumulati lungo i viottoli e nell’area circostante supera il numero di materassi e tende presenti. La sporcizia è davvero tanta, così come il cattivo odore. Del resto, qui come negli altri accampamenti, non ci sono ovviamente servizi igienici, né tantomeno acqua per lavarsi. Per quello, quando capita, si usano le fontanelle pubbliche o i bagni di bar o stabilimenti balneari. Lo stesso scenario si può vedere nei campi che vanno da via Danimarca verso via Siviglia. Il casale abbandonato è ancora rifugio di numerosi extracomunitari, mentre altri preferiscono restare fuori, nelle tende o nei sacchi a pelo.
Il “tour” che abbiamo fatto in questi giorni dimostra, ancora una volta, che in questi anni è cambiato ben poco. Tre anni fa lamentavamo il fatto che – da quando le prime segnalazioni di accampamenti abusivi erano state rese pubbliche attraverso articoli sui giornali, nel 2004 – nessun sindaco fosse andato a vedere e nessuna Amministrazione avesse risolto definitivamente il problema e ci chiedevamo quanti anni, quanti sindaci e quante Amministrazioni avremmo dovuto aspettare ancora. Ora, tre anni dopo, purtroppo ci facciamo ancora le stesse domande, consapevoli che forse, ancora una volta, resteranno senza risposta.
(Il servizio è stato pubblicato sul numero di Luglio della nostra edizione cartacea)