Sembrava un sogno, è diventato un incubo. Che sta portando migliaia di persone sull’orlo del fallimento. E tante, troppe, verso pensieri estremi. “Non vedo alternative, se non trovo una soluzione mi ammazzo”, racconta una delle tante persone che in questi giorni si sono rivolte alla nostra redazione. Loro sono gli esodati del 110%, ovvero il superbonus che ha attirato la stragrande maggioranza degli italiani. Colpevoli di aver creduto in una bella favola che si è scontrata con una triste realtà.
Cosa è successo
Tutto è iniziato nel migliore dei modi, per aiutare l’economia a ripartire visto il periodo di crisi economica. Nel 2020, a maggio, il Governo lancia il Superbonus 110%, con possibilità di sconto in fattura dell’importo da pagare per la riqualificazione energetica della propria abitazione. Parliamo di pannelli solari, cappotto termico, ma anche finestre, termosifoni, caldaie: in pratica, una ristrutturazione completa della casa, in ottica green. Ovviamente bisognava avere determinate caratteristiche per poter ottenere la facilitazione. Le persone che avevano le caratteristiche per accedere al bonus – bastava una piccola anomalia per vedersi rifiutare la pratica – hanno iniziato la procedura, mentre le imprese edili si sono fiondate: finalmente, dopo un lungo periodo di crisi, si tornava a lavorare alla grande.
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Lo sconto in fattura
Le ditte edili acquisivano il cliente con il meccanismo dello sconto in fattura. Si poteva poi decidere se cedere il credito alla banca, alla posta o alle assicurazioni oppure se utilizzare il credito d’imposta o parte dello stesso, da usare in compensazione. Hanno quindi iniziato a farsi pagare dai clienti attraverso la cessione dei crediti di imposta. All’inizio tutto è andato bene: gli istituti di credito acquistavano i crediti, guadagnando il 10%. Le ditte lavoravano tantissimo, assumendo nuovo personale. I clienti vedevano avanzare i loro lavori e tutti erano contenti. Fino a un anno fa. Ma con l’introduzione delle nuove norme, a partire dall’inizio del 2022, tendenti a limitare le frodi, il meccanismo ha prima iniziato a rallentare, poi a bloccarsi del tutto nel giro di pochi mesi. Nella primavera del 2022 era infatti tutto fermo.
Tra due fuochi
Le imprese edili si sono trovate da due fuochi: da una parte i committenti, ovvero i cittadini che si erano rivolti a loro per effettuare i lavori, insieme ai professionisti che li incalzavano per rispettare le scadenze per evitare la revoca dei contributi. Dall’altra, invece, la mancanza di liquidità, perché i crediti d’imposta presi in precedenza non li voleva comprare più nessuno e rimanevano fermi nel cassetto fiscale, praticamente senza valore, se non nominale. Ma senza poterli usare per pagare gli stipendi o il materiale per poter andare avanti con i lavori. A oggi, il valore dei crediti fiscali “in stallo” nei cassetti fiscali delle imprese ammonta a circa 5 miliardi di euro. E sono circa 50 mila le aziende in gravissima difficoltà economica per colpa del bonus. Ma gli imprenditori non sono le uniche vittime.
Cittadini vittime del superbonus, le storie
Tante le storie dei privati che, pensando di rimettere a nuovo la loro casa grazie al bonus, si ritrovano adesso pieni di debiti che non sanno come ripagare. E, spesso, senza più neanche un posto dove andare. Ecco alcune delle tantissime storie che ci hanno raccontato.
La storia di Simona. “Il mio calvario inizia nell’ottobre 2020. Come prima cosa regolarizzo la mia posizione catastale in Comune, pagando il tecnico che prepara la documentazione. Poi pago anche la sanzione al Comune (maggio 2021). Inizio a cercare le ditte che mi possono fare il lavoro. Da lì a breve scoppia tutto: per avere un preventivo 3 mesi, poi non va bene. Cerca un’altra azienda, passano altri 2 mesi. Alla fine riesco ad avere tutto, ma la scadenza del 30 giugno 2022 per fare almeno il 30% del lavoro totale si avvicina e l’impresa edile può farmi il lavoro solo in marzo/aprile. Inizio i lavori, perché altrimenti non so quale altra impresa trovare, anche se la banca non mi ha ancora accettato il credito. Si arriva a fine maggio e questa data viene posticipata al 30 settembre 2022.
A metà giugno arriva la lettera dalla banca che annuncia che al momento è tutto fermo. Intanto la normativa cambia ogni 20 giorni. Io ho sempre cercato di fare il possibile per stare alle regole. Ho cercato di cedere il mio credito a Poste che dice di averlo accettato, anche se ad oggi non ho visto ancora un centesimo. Ma il problema c’è, perché non c’è nessuna garanzia che posso cedere a Poste anche le altre spese che dovrei sostenere per finire i lavori. E se Poste mi liquida non posso cedere i rimanenti Sal ad altri istituti di credito. Ora mi ritrovo con aver rispettato le regole dalla prima all’ultima, aver iniziato i lavori, aver speso 60.000€ – cioè il mio TFR di 20 anni di lavoro più qualche risparmio di una vita, e ad aver azzerato il mio conto. Non ho le possibilità di continuare i lavori se non sbloccano i crediti. Sicuramente questa è la beffa più grande che lo Stato italiano potesse fare. Se la data del 30 settembre non fosse stata modificata all’ultimo momento, sicuramente non avrei iniziato i lavori di fretta e adesso avrei tutti i miei risparmi lì sul mio conto”.
Pasquale: “Non so dove andare a vivere”
Pasquale racconta la sua esperienza. E manda le foto della sua casa… che praticamente non c’è più. “Sono un committente che ha avviato i lavori di efficientamento energetico e sismico della propria abitazione con un progetto ambizioso migliorando la classe energetica, riducendo drasticamente i consumi, abbandonando i combustibili fossi, autoproducendo gran parte dell’energia elettrica necessaria all’abitazione. Ora l’impresa ha dovuto fermare i lavori, perché non ha più la liquidità necessaria per completare gli interventi, pur avendo il cassetto fiscale pieno. Per quanto ho potuto ho anticipato, ma il progetto finanziario era un altro e ora ho esaurito le mie risorse. Nel frattempo sono in affitto presso un’altra abitazione che però dovrò lasciare il 31 marzo.
Andrea: “Non dormo più la notte”
La situazione di Andrea non è di certo migliore. “Ho iniziato i lavori di ristrutturazione al 50% e lavori superbonus al 110% credendo veramente di efficientare l’abitazione. Non mi aspettavo certo che fosse tutto gratis, ma di riuscire a cedere il credito sì. Per onestà ritengo che le imprese che eseguono i lavori debbano essere pagate, per cui ho stipulato un mutuo, con garanti anche i miei familiari. Abbiamo dato fondo ai nostri risparmi di una vita e stiamo procedendo finché possiamo ai lavori. Nel frattempo siamo in affitto. Adesso però a breve se non riusciremo a monetizzare i crediti dovremmo interrompere tutto. Preciso che siamo una famiglia modesta, pensionato e figlio dipendente che nella vita ha fatto tanti sacrifici.
Non possiamo detrarre direttamente per due motivi. Non abbiamo sufficiente capienza fiscale e abbiamo bisogno di rientrare perché risulterebbe difficile pagare le rate del mutuo. Tutto questo è successo per il continuo cambiamento delle leggi in corso d’opera che hanno portato le banche a bloccare le cessioni. Ultimo, il cambiamento effettuato dal nuovo governo che, anziché tutelare almeno chi aveva già iniziato i lavori, come promesso in campagna elettore, se ne è letteralmente fregato. Concludo dicendo che ormai non si dorme la notte al pensiero di non riuscire a monetizzare e che arriveremo veramente ad utilizzare il bonus psicologico che hanno istituito”.
Francesca: ‘La mia vita è compromessa per sempre’
La storia di Francesca. “La mia vita è compromessa per sempre. Ho creduto nello Stato, in una misura che fin da subito ho reputato geniale perché avrebbe consentito di rendere più efficienti le nostre abitazioni e nel contempo di creare nuovi posti di lavoro. Ho visto l’Italia ripartire dopo anni di difficoltà e nell’entusiasmo generale mi sono fidata. Sono un committente e per finanziare i lavori, che altrimenti non avrei iniziato, ho acceso un prestito ponte che incide in maniera importante sul budget mensile della mia famiglia. Sapevo di fare uno sforzo superiore alle nostre possibilità, ho anche litigato con mio marito per questo, ma credevo che durasse solo per qualche mese e che presto, grazie alla cessione del credito, sarei riuscita ad estinguere. Per un istante ho pensato che avrei potuto coronare il mio sogno: finire i lavori di ristrutturazione di casa mia, cosa che da troppo tempo avevo rimandato per mancanza di soldi.
Quando ci siamo sposati io e mio marito avevamo l’esigenza di comprare un immobile grande per portare a vivere con noi i nostri anziani genitori. Sia io e che mio marito eravamo gli ultimi figli rimasti ad abitare con i genitori, i nostri fratelli più grandi avevano lasciato la casa familiare da tempo e noi non potevamo iniziare la nostra vita lasciando i nostri genitori da soli visto che erano anziani e necessitavano di continua assistenza. Da qui l’esigenza di vendere le nostre rispettive abitazioni per acquistarne una più grande, che doveva essere collocata in centro per consentire ai vecchietti di muoversi a piedi e di mantenere le proprie abitudini.
Finalmente casa
È stata dura ma alla fine abbiamo acquistato l’immobile che era completamente da ristrutturare, abbiamo preso un mutuo gigantesco e abbiamo iniziato i lavori. Era il 2009, quando tutto era carissimo, quindi alla fine non siamo riusciti a ristrutturare una pertinenza che si trova dietro l’abitazione e abbiamo rimandato i lavori a tempi migliori. Ogni tanto avevo chiesto qualche preventivo ma poi avevamo lasciato perdere per carenza di fondi.
Quella del superbonus mi è sembrata una buona occasione per riprendere in mano l’idea, ma visto che eravamo già gravati di una rata mensile per il mutuo inizialmente abbiamo cercato un general contractor che si occupasse dei lavori senza anticipare niente. Il lavoro però non era appetibile per i general contractor, troppo piccolo, rispetto alle prospettive che c’erano in quel momento, sentivo parlare di condomini nei quali venivano investiti milioni di euro, così abbiamo deciso di finanziare i lavori con i nostri fondi.
Il prestito ponte
A marzo del 2022 era tutto pronto, progetto, ditta e la mia banca, la Carige, avrebbe acquistato il credito concedendomi un prestito ponte per finanziare i lavori. C’era però un problema. Per svolgere i lavori avrei dovuto accedere dal fondo di proprietà di un confinante che fino a poco tempo prima era stato sfitto e solo da qualche mese era stato affittato a due signore. Ho chiesto alle inquiline e al proprietario il permesso di passare facendo anche presente che il passaggio per raggiungere un fondo intercluso era previsto dalla legge, ma niente. Ho dovuto iniziare in Tribunale una causa contro le vicine, chiedendo al Giudice un provvedimento di urgenza poiché la mia era un’abitazione unifamiliare. Avevo il termine del 30 settembre per raggiungere il 30% dello stato di avanzamento dei lavori, pena la perdita del beneficio.
Pochi giorni prima dell’udienza le vicine e il proprietario si sono decisi a darmi il permesso di passare. Sono quindi andata dalla mia banca per firmare il progetto di cessione. Ma mi è stato comunicato che avevano sospeso l’acquisizione di nuove pratiche. A quel punto l’unica alternativa era Poste Italiane SPA, a condizione che finanziassi personalmente i lavori. Poste non concedeva un prestito ponte e comunque non dava alcuna garanzia che avrebbe acquistato il credito. Nel contratto di cessione è scritto chiaramente che Poste si riserva in maniera insindacabile il diritto di accettare o meno il credito. Questo vuol dire che prima paghi e generi un credito. Solo dopo Poste decide se accettare o meno.
Vivere per pagare i debiti
Inizia il calvario e le discussioni con mio marito; andiamo avanti o no? La banca ci concederà o no il presto per iniziare i lavori? Alla fine la banca ci ha concesso il prestito di Euro 75 mila (ne avrei spesi 96). Abbiamo deciso di iniziare i lavori sperando che cedendo il primo SAL poi sarebbero rientrati i soldi che consentivano di finire i lavori. Poste ha accettato il primo SAL, ma poi in data 7 novembre 2022 ha sospeso le cessioni.
Pertanto ho il capitale per finire i lavori, ma non avendo la possibilità di cedere il credito non potrò estinguere il prestito ponte. La rata del prestito ponte si somma a quella del mutuo, la prospettiva della mia famiglia è quella di vivere solo per pagare le rate e di sperare di non avere mai per i prossimi 20 anni un imprevisto o un’esigenza improvvisa. Ci fanno paura anche le bollette per le utenze, così come il rialzo dei tassi del mutuo. Io sono caduta in un profondo stato depressivo perché sento il peso di aver preso una decisione che è stata fallimentare per la mia famiglia. Ho completamente cancellato ogni prospettiva per il futuro, oggi a 47 anni mi sembra che la mia vita sia finita”.
Queste sono solo alcune delle storie che sono arrivate da tutta Italia alla nostra redazione. Ci hanno inviato foto, testimonianze di case con lavori appena iniziati, lavori a metà, abitazioni vandalizzate perché senza porte e senza finestre, quindi in balia di chiunque abbia voglia di entrare. Persone costrette a stare in affitto perché le loro case sono attualmente non agibili, quando prima lo erano. Ma non ci sono i soldi per poter proseguire con i lavori. Situazioni assurde. E, al momento, non si prospettano soluzioni. L’annunciata ripartenza nel settore edile ha quindi visto una brusca frenata. Ma, prima, ha visto anche travolgere in maniera brutale tutte le persone che si erano buttate a capofitto in questa iniziativa del Governo. E che adesso sono sono vittime di un qualcosa che mai avrebbero potuto immaginare.
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