“Pomezia ha registrato negli ultimi anni un progressivo declino delle attività manifatturiere. Al tempo stesso c’è stata una espansione delle attività dei servizi, del trasporto e della logistica. La crisi ha colpito trasversalmente tutti i comparti produttivi, e i lavoratori coinvolti dagli ammortizzatori sociali nelle aziende di Pomezia, sono quasi 3.500. Dal 2001 al 2011 il numero di imprese manifatturiere è sceso del 26,2% con relativa perdita del 19,3% di addetti. Questi dati, riferiti ad decennio 2001/2011, non tengono conto di quanto è successo tra il 2012 e il 2013, biennio nero nel quale la crisi ha fatto sentire i suoi effetti in maniera diffusa e violenta. Dunque a Pomezia, come nel resto del Paese, c’è un problema che si chiama LAVORO. Questo lo diciamo da tanto tempo, e lo ripetiamo senza stancarci con le nostre iniziative di lotta, il nostro impegno quotidiano, e le nostre elaborazioni sul “Piano del Lavoro”. Tuttavia Pomezia, nonostante le pesanti conseguenze subite per effetto della crisi globale in atto, conserva ancora una notevole vocazione industriale per la presenza di un’importante filiera chimico-farmaceutica e la permanenza dei siti di Finmeccanica. Da non trascurare poi il fatto che la vicinanza con l’hub di Roma gli consente di mantenere una posizione privilegiata nell’ambito della Provincia di Roma e nella futura Area Metropolitana. In termini generali lo sviluppo dell’area non può non tener conto di questi punti di forza, ma occorre anche una visione e una strategia che colleghi Pomezia agli obiettivi comunitari sulla competitività dei sistemi produttivi e ai programmi regionali per la promozione della vitalità imprenditoriale. Di questo vorremmo parlare. Ma con chi? Abbiamo chiesto l’apertura di “un tavolo” sulla crisi al nuovo Sindaco di Pomezia ma, temiamo, che l’approccio sospettoso verso le organizzazioni sindacali e verso i corpi intermedi, ostacola il confronto sereno sui temi reali e urgenti. Basta guardare al metodo con il quale si affrontano i problemi più scottanti del Comune di Pomezia, dai precari a “Pomezia Servizi”. Non si capisce bene se si tratta di paura al confronto oppure dell’assoluto disconoscimento del ruolo dei sindacati. Temo entrambe le cose. Noi (cioè Cgil, Cisl e Uil) abbiamo tentato di tranquillizzare Fucci sul fatto che non intendiamo sostituirci alle istituzioni democraticamente elette. Ma senza riuscirci evidentemente. Approfitto di questo spazio per rispondere ad alcune sollecitazioni sul “Job act” proposto da Matteo Renzi, e lo faccio a partire dai problemi del nostro territorio e, soprattutto, dalla necessità di mantenere in vita l’istituto degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, mobilità, contratti di solidarietà). La previsione dell’assegno di disoccupazione per chi perde il lavoro, e quindi l’estensione a tutte le categorie di lavoratori, va bene, ma occorre mantenere lo strumento della cassa integrazione che va estesa a tutti i settori. La cosa interessante e convincente è sicuramente la definizione di politiche industriali per settori, dalla cultura alla green economy, dal nuovo welfare all’edilizia, dalla riduzione delle forme contrattuali e del cuneo fiscale alle politiche attive sul lavoro. Una cosa sulla quale non si può scherzare è l’eliminazione dell’art. 18 della Legge 300/70, non per una visione ideologica ma perché dobbiamo smettere di pensare che lo sviluppo e i posti di lavoro si creano togliendo i diritti acquisiti. Venti anni di politiche ultra-liberiste dimostrano il contrario. Gli investitori stranieri hanno già fatto sapere che la ragione che impedisce il loro impegno imprenditoriale in Italia sta nella corruzione e nella criminalità diffusa. Dunque i diritti vanno estesi, soprattutto per i giovani sui quali grava un futuro carico di precarietà e di crescente povertà
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LAVORO, LE PROPOSTE DELLA CGIL DI POMEZIA ARRIVANO A MATTEO RENZI
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