Pensione in ritardo rispetto ai coetanei e più rischi a livello di contributi. La situazione per chi si affaccia oggi al mondo del lavoro.
Le pensioni sono il tema attuale, ma a livello politico lo saranno ancora per molto tempo. Il problema è strettamente legato alla dinamica di accesso nel mondo del lavoro. L’Italia punta ad arrivare a quello che, a conti fatti, è un sistema contributivo puro. Significa che chi arriva oggi nel mondo del lavoro, intorno a una media di 22 anni, rischia di andare in pensione a 71 anni.
L’aspettativa di vita si è alzata, ma 49 anni di servizio – per molti – restano un traguardo utopistico. Le controindicazioni, oggi, sembrerebbero essere molteplici. In primis, rispetto a una media dei Paesi europei, l’Italia è quella con lo scalone più alto sul piano della fuoriuscita dal lavoro. Il punto è proprio legato al collocamento: pochissimi sono coloro che riescono a trovare un lavoro sicuro a 22 anni, con impiego stabile s’intende un’occupazione che garantisca un contratto regolare. In grado di maturare contributi.
Pensione a 71 anni, il mondo del lavoro cambia: cosa rischiano i giovani impiegati
Gli assegni mensili, attualmente, sono troppo bassi. Questo implica uno squilibrio notevole con cui fare i conti. Restando in tema di numeri che non tornano, occorre prendere in esame anche il fatto che le politiche del lavoro stanno cambiando. La digitalizzazione dello Stivale impone – fra le altre cose – l’ingresso dello smartworking e una serie di riferimenti a cui serve una contestualizzazione normativa. Anche per questo le pensioni restano all’ordine del giorno e vanno ripensate, semplicemente perchè contributi e servizi non possono essere più calcolati nello stesso modo.
Una consapevolezza che porterà numerose diatribe, non solo a livello istituzionale. Questo trend, che vede il congedo a 71 anni, è soltanto frutto dei conteggi più recenti. Nei prossimi anni, magari, la situazione potrebbe cambiare: ogni stagione politica mette al centro lavoro e pensioni. Arriverà il momento in cui certi impegni non potranno più essere procrastinati, per adesso si ragiona sulle minime. Pensando a chi in pensione c’è già. Il vero rebus, però, resta chi ci dovrà andare e soprattutto quando.