Il ‘gioco’ del suicidio, l’ormai famigerato “Blue Whale”, ha il suo primo caso accertato in Italia, e precisamente a Fiumicino, dove una ragazzina di 15 anni ha chiamato la polizia per salvare la vita a una sua amica coetanea, che le aveva rivelato di volersi suicidare buttandosi sotto un treno, così come previsto dalla persona che la stava seguendo e le dava ordini attraverso il gioco maledetto.
“Non avete molto tempo – ha urlato spaventata la ragazzina al telefono con i poliziotti, come riporta l’agenzia di stampa Adnkronos – Dovete intervenire subito perché mi ha detto che fra poche ore si ucciderà come una delle prime vittime della Blue Whale. E mi ha anche detto che le dispiaceva essere arrivata solo a metà percorso ma che non sopportava più di vivere. E che il gioco lo avrebbe terminato suicidandosi sui binari del treno”.
Il suo ‘curatore’ aveva deciso per la 15enne di Fiumicino non l’ormai noto lancio nel vuoto da un edificio alto, ma una morte diversa che la facesse diventare, secondo l’assurdità del gioco, ancora di più una eroina: doveva infilare la testa sui binari del treno aspettando che questo passasse, mentre nelle sue orecchie suonava una macabra musica che l’avrebbe accompagnata alla morte.
“Il telefono ha squillato all’alba – ha raccontato all’agenzia di stampa Adnkronos la mamma della ragazzina – Ho risposto col cuore in gola perché ho pensato fosse successo qualcosa. Era un poliziotto, che mi informava che mia figlia era nel gioco della Blue Whale e che rispondeva alle sollecitazioni di un curatore che, di giorno in giorno, le ordinava le regole della sfida”. Una sfida che riesce a trascinare gli adolescenti in uno stato depressivo acuto che non trova altre vie d’uscita se non la morte. “Mentre aspettavo che la polizia arrivasse a sequestrare il telefonino e il computer di mia figlia – prosegue la mamma della 15enne con i giornalisti di Adnkronos – senza essere vista ho preso il suo cellulare per accertarmi che quanto mi avevano appena raccontato fosse vero. Non sapevo neanche l’esistenza di questa Balena Blu, che invece è subito apparsa sullo schermo. Insieme a lei anche quattro sue amiche facevano lo stesso gioco e avevano già superato il ventesimo giorno di sfida. Mi ha impressionato come, malgrado si fossero procurate i tagli sulla pelle, tutte e quattro si mostrassero sorridenti. Mi sono ripetuta più volte che Sara aveva paura del dolore e che mai si sarebbe ‘autolesionata’. E invece non era così. Ho dovuto ingoiare un altro boccone amaro perché quando le ho raccontato che sapevo ormai tutto e che sarebbe arrivata la polizia postale a sequestrare le chat, lei è scoppiata a piangere e mi ha fatto vedere un taglio sull’addome. Un taglio puntellato come se si fosse incisa con un oggetto appuntito. Era una delle tappe previste, mi ha poi spiegato”.
“Quello che è successo a mia figlia può accadere a chiunque. Lei è sicuramente fragile ed è quindi stata adescata in maniera più violenta. Non mi aveva mai detto nulla perché nel gioco il curatore le ordinava di far finta di niente. Credo che provasse una eccitazione mista a paura e quindi viveva nel silenzio. Così ha passato tre mesi senza uscire di casa. Andava soltanto a scuola, dove peraltro è molto brava. Io inizialmente ho pensato dipendesse dai conflitti che ci sono in famiglia e che sono rimasti inascoltati alle orecchie delle autorità informate dei fatti. Solo con i giorni mi sono accorta che invece Sara diventava triste e cupa”.
Anche le altre ragazze che avrebbero iniziato la sfida, almeno cinque, sono di Fiumicino. Quando la voce ha iniziato a circolare per il paese, i presidi hanno informato gli uomini del commissariato locale.
La mamma della 15enne che stava per suicidarsi ha lanciato un appello ai genitori degli adolescenti: “Quello che è successo a mia figlia può accadere a chiunque. Lei è sicuramente fragile ed è quindi stata adescata in maniera più violenta. Non mi aveva mai detto nulla perché nel gioco il curatore le ordinava di far finta di niente. Credo che provasse una eccitazione mista a paura e quindi viveva nel silenzio. Così ha passato tre mesi senza uscire di casa. Andava soltanto a scuola dove peraltro è molto brava. Io inizialmente ho pensato dipendesse dai conflitti che ci sono in famiglia e che sono rimasti inascoltati alle orecchie delle autorità informate dei fatti. Solo con i giorni mi sono accorta che invece mia figlia diventava triste e cupa”.
Sulla vicenda si è espresso Paolo Calicchio, assessore alla scuola del Comune di Fiumicino. “Sto cercando di mettere in piedi una macchina di ascolto e supporto che possa salvare i giovani da questo gioco estremamente pericoloso. Stiamo accertando con la polizia le storie di cui siamo a conoscenza e cercheremo di intervenire nel modo più incisivo possibile. Da padre, prima che da assessore, chiedo ai genitori di vigilare maggiormente sui loro figli che in questo momento rischiano davvero molto se nessuno li controlla. Perché esistono situazioni, come quelle raccontate in queste incredibili sfide, che il più delle volte non hanno un ritorno. E che stanno portando alla luce un substrato di patologie e malesseri profondi che si annidano nelle giovani generazioni”.