Lunedì 29 maggio, presso la Regione Lazio, si svolgerà la Conferenza dei Servizi che potrebbe dare il definitivo via libera all’impianto da 60.000 tonnellate annue di rifiuti umidi e fanghi di depurazione previsto a Pomezia Santa Palomba, in Località Torre Maggiore.
Dal 2012 sono tantissimi i cittadini, soprattutto quelli residenti nelle zone limitrofe al punto in cui dovrebbe sorgere la struttura, ma anche associazioni ambientaliste e comitati di quartiere, che sostengono che l’impianto sia troppo vicino alle case e troppo vicino a impianti RIR. Questo, fanno notare tecnici e ambientalisti, “condannerà Torre Maggiore e un pezzo di campagna romana al declino”.
L’impianto, poi, è sicuramente troppo grande rispetto alle esigenze di Pomezia e si inserisce in un contesto già fortemente compromesso sul piano ambientale.
“La Regione Lazio e il Comune di Pomezia – spiegano dal Comitato No Biogas Pomezia – hanno ignorato le nostre istanze.
Questo impianto è fortemente voluto da chi comanda”.
Per questo domattina si svolgerà un incontro, organizzato per aggiornare i cittadini sugli ultimi sviluppi della vicenda Cogea.
“Il nostro gruppo, No Biogas Pomezia, vive ormai la consapevolezza di essere rimasto solo a contrastare l’impianto e quindi spinge fortemente per la raccolta fondi finalizzata al ricorso al TAR – spiegano gli organizzatori – Le nostre preoccupazioni rimangono sempre le stesse: vicinanza alle abitazioni, vicinanza agli stabilimenti a rischio rilevante incidente, l’inesorabile condanna all’abbandono del complesso medievale di Torre Maggiore, la non sostenibilità di altri impianti insalubri in un contesto, quello di Santa Palomba, già gravemente sofferente sotto il piano ambientale”.
“Del resto – proseguono – sono le stesse perplessità espresse dal Consiglio Comunale di Pomezia con due delibere votate all’unanimità, ma che poi hanno portato solamente alla “trattativa” tra il Sindaco Fucci e la Cogea. Lo stesso Sindaco che ha manifestato con noi il 7 novembre 2015, in prima fila, contro l’impianto, si è poi seduto al tavolo con i proponenti. Nessuno sa chi ci fosse a quel tavolo e quali accordi siano stati presi, nessuno si è sentito in dovere di invitare noi cittadini a sederci e dire la nostra e ora sono quasi meravigliati del nostro disappunto. Certo, la coerenza desta stupore, anche nel mondo delle associazioni: tutti firmarono un comunicato stampa in occasione della manifestazione del 2015, tutti auspicarono politiche “a vantaggio del trattamento aerobico tramite piccoli siti di compostaggio, compostiere domiciliari e di comunità”, ma nessuno ha poi chiesto conto di questa istanza”.
“Noi – spiegano dal Comitato No Biogas Pomezia – rimaniamo della stessa opinione, vogliamo sul territorio la “miglior tecnologia disponibile” nel trattamento dei rifiuti organici, che non è certo un impianto industriale da 60.000 tonnellate annue di rifiuti umidi e fanghi di depurazione, assolutamente sovradimensionato rispetto alle esigenze di Pomezia. In molti ci deridono, ci etichettano come affetti da “sindrome da nimby”, ma noi andiamo avanti e vogliamo stimolare un dibattito su cosa stia succedendo a Pomezia, dove sta passando la logica che ogni capannone in disuso può diventare un impianto per il trattamento di rifiuti.
In un periodo di forte crisi economica, infatti, e con il superamento della logica delle discariche, il nuovo business dei rifiuti, lasciato totalmente all’iniziativa privata, sta travolgendo la nostra Città, tra impianti già in esercizio e progetti in via di approvazione. Pomezia sta diventando in maniera graduale ma decisa un “distretto del rifiuto”.
Nemmeno il recente incendio alla Eco X è riuscita a far capire a chi vive e governa questa città che non esistono “back yard”, ma un unico territorio da difendere, perché le emissioni, l’inquinamento o i fumi in caso di incidente vanno ben oltre i confini dei “giardinetti” e riguardano tutti”.