Il 22 marzo si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992.
L’edizione di quest’anno ha come tema la questione delle acque reflue, ovvero quelle contaminate da attività domestiche, industriali e agricole, che vanno ridotte, depurate e riutilizzate.
Secondo quanto prescrive l’obiettivo sostenibile 6.3 dell’Onu dovremmo: “migliorare entro il 2030 la qualità dell’acqua eliminando le discariche, riducendo l’inquinamento e il rilascio di prodotti chimici e scorie pericolose, dimezzando la quantità di acque reflue non trattate e aumentando considerevolmente il riciclaggio e il reimpiego sicuro a livello globale”.
Considerando che sul nostro pianeta siano presenti circa 1,4 miliardi di chilometri cubi d’acqua. Di questi il 97,5% è composto da acqua salata. Il 70% del rimanente si trova allo stato solido e costituisce i ghiacci polari.
Quindi all’incirca sono solo 10 milioni di chilometri cubi di acqua dolce presenti nelle falde sotterranee di tutto il mondo. Essi, letti così potrebbero sembrare tanti, ma invece tra gli sprechi e la mancanza o inadeguatezza delle infrastrutture per il recupero e riutilizzo delle acque di scarico, non sono affatto bastevoli.
Si fanno necessari una riorganizzazione dei sistemi di gestione e un riammodernamento o la creazione, laddove necessario, di reti idriche efficienti.
Solo così potremo, entro il 2030, rientrare negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile redatti dalle stesse Nazioni Unite nel 2015.
Ma dal 1997, ogni tre anni il World Water Council, l’organismo non governativo internazionale fondato l’anno prima come piattaforma specialista nel settore dell’acqua, convoca un World Water Forum (Forum sull’acqua) per discutere i problemi locali, regionali e globali.
Se vi è una magia su questo pianeta, è contenuta nell’acqua.
(Loren Eiseley).
Marina Cozzo