Le fiamme avvolgono Pantelleria in una morsa mortale.
L’Isola dei Venti sta bruciando tutta da sabato pomeriggio, 28 maggio, e i due soli Canadair ancora non riescono a domare l’incendio.
Da poche ore i velivoli hanno ripreso il servizio, dopo una pausa di rifornimento carburante nell’isola della Sicilia.
Ma le fiamme divampare, nell’ora del crepuscolo con il favore del vento scirocco, già domenica mattina avevano ingoiato buona parte della Montagna Grande, Sibà, il Bagno Asciutto.
Poi, a poco a poco compromessa la Balata dei Turchi, Martingana e l’Arco dell’Elefante.
Tutto il bel verde della Perla Nera tutto in un terribile e indomo fumo. A Pantelleria esistono specie di piante che in nessuna altra parte del Mediterraneo si trovano e i suoi abitanti ne sono sempre andati orgogliosi, rappresentando esse anche un valido rifugio dalla calura africana, che investe continuamente l’isola, tranne quando il desiderato Maestrale da un paio di sferzate refrigeranti.
L’origine dolosa di questo atto sembrerebbe lapalissiana e conclamata, visto che le zone boschive erano curate in modo tale da evitare simili tragici epiloghi ed è stata anche pubblicamente annunciata dal Sindaco Salvatore Gabriele.
Il primo cittadino ha dichiarato lo stato di calamità, perché anche lo scorrimento sulla strada Perimetrale è chiuso in molte zone per crolli.
Del resto, si farebbe concreta l’ipotesi di vari focolai in modo da non potersi spegnere facilmente e con il favore del vento da sud-est, il disastro è bello che fatto.
Negli anni, spesso si sono verificati incendi anche molto imponenti, ma mai queste proporzioni che hanno lacerato una isola intera, con un territorio che andrebbe solo tutelato e salvaguardato.
Molti conoscono l’isola, ma pochi sanno cosa sta accadendo in queste ore e io che sono di lì non posso non divulgare questa sconcertante notizia, che mi attanaglia l’anima pantesca pura e mi fa sentire impotente e affranta, come se mia madre fosse stata sadicamente e lentamente uccisa, dopo ore di agonia.
Già perchè Pantelleria per i panteschi è una mamma, una ava, colei che ci ha generato amorevolmente, offrendoci l’eredità più bella del mondo, ora ridotta in un penoso cumulo di cenere nera che il vento scirocco, ignaro, spargerà per tutto l’immenso mare che la abbraccia.
Marina Cozzo