Sandro Bersani è uno dei volti noti fra il piccolo e grande schermo. Nato sul Web, con prodotti come “Serie romanista”, arriva su Netflix.
Il telefono squilla e una risata fragorosa fa iniziare una conversazione lunga e importante. Sandro Bersani sta vivendo uno stato di grazia: non è facile arrivare ai suoi livelli. Professione: attore. Anche mentre lo dice conserva quell’emozione e incredulità dei primi giorni pur muovendosi già come un veterano.
Il merito è delle esperienze che ha fatto e avuto negli ultimi anni. Tutti – anche in diverse parti d’Europa, visto che lo fermano nei locali di Amsterdam per chiedergli selfie e abbracci – lo conoscono come “Don Sa’” di Serie Romanista. Un prodotto a firma degli Actual (alias Leonardo Bocci e Lorenzo Tiberia) che ha spopolato in Rete qualche anno fa.
Sandro Bersani, dal Web al cinema
Una traccia indelebile non solo nell’universo giallorosso. La capacità di Bersani sta tutta in una profonda mimica facciale, oltre che una spiccata dialettica, che lo rende riconoscibile e soprattutto distintivo. La sua faccia è indimenticabile: nel vero senso della parola. Non può dimenticarla nessuno, merito anche di una barba sempre più folta che lui cura in maniera quasi maniacale. Al pari di Sansone con i capelli, quasi fosse il segreto della sua forza.
Infatti è proprio grazie a questa (e un paio di espedienti attoriali imparati nei corsi e nelle masterclass) che riesce a farsi strada in alcuni prodotti importanti del piccolo e grande schermo. Lo vediamo in Maria Corleone e la prima stagione di Vita Da Carlo, con il suo idolo Verdone, poi passa con Sollima in Adagio.
Tanta tv tra Verdone, Borghi e non solo
Piccoli gradini conquistati con abnegazione, costanza e sudore. In mezzo la famiglia, i figli e un unico grande amore: la Roma. Quando può è presente allo stadio, dove abbraccia i suoi fan e i beniamini di una vita. A parte lo Scudetto in giallorosso, per lui sogna un’altra Venezia (perchè è stato sul red carpet del Lido in pieno periodo Covid) meno contingentata e con più possibilità.
Anche soltanto per godersi le luci della ribalta che arriveranno ulteriormente: presto lo vedremo su Netflix con un progetto importante. Niente spoiler, ma siamo riusciti a strappare la promessa di un secondo incontro. Oggi, invece, racconta in esclusiva al Corriere della Città com’è diventare attore partendo dal basso: soltanto con sogni e speranze. Le capacità ci sono sempre state, ma talvolta serve qualcuno che creda in te per riuscire a tirarle fuori. Lui lo ha trovato:
Tu hai fatto tante cose prima di diventare attore: cosa ti ha spinto a intraprendere un sentiero così appagante, ma al tempo stesso complicato?
“Fondamentalmente ci si approccia alle cose con diversi percorsi e modalità. Nel mio caso è partito tutto un po’ per gioco, avevo un bar, facevo tutt’altro nella vita. Cercavo di trovare in qualche maniera la strada giusta. Conobbi nel 2015 dei ragazzi che facevano Web, all’epoca era tutto un po’ diverso. Anche la Rete aveva diversi canoni e prospettive rispetto a quelle attuali. I percorsi narrativi erano diversi su tutto. Insieme agli Actual, che sono Leonardo Bocci e Lorenzo Tiberia, mi sono buttato a capofitto in questo ambito dato che loro mi avevano sempre detto di cercare uno con la “faccia” e la battuta pronta come me. Io, un po’ per curiosità, un po’ per passione, mi sono messo in gioco”.
“Questo lavoro mi ha fatto scoprire qualità di me stesso che non pensavo di avere”
Quando hai capito che poteva diventare una professione?
“Il crederci, anche in questo caso, è un concetto molto particolare. Nel senso che i video a cui partecipavo erano molto articolati: avevano delle sceneggiature alla base e una progettualità. Funzionavano, non solo per merito mio, chiaramente. Un giorno mi chiamò una produzione per un cortometraggio dove c’erano attori già più consumati. Era il 2018 e fondamentalmente mi ritrovai su questo set e mi resi conto che poteva nascere una carriera. Mi sono visto all’altezza sul set del corto “Per 30 denari”. È stata una sorta di ‘scuola’ per me. Con umiltà poi ho cominciato a cercare la strada migliore per le mie caratteristiche. Lì è partita la voglia di crederci davvero”.
Cosa hai deciso di fare a quel punto?
“Nell’attorialità si vive molto di opportunità. È difficile districarsi in questo labirinto fra professionismo e dilettantismo. Io cercavo di farmi strada con le mie possibilità, cosa che faccio ancora oggi. Ho conosciuto il mio primo agente in seguito a quel corto tramite un mio amico che ho incontrato proprio su quel set. Il primo passaggio credo che sia trovare qualcuno che ti rappresenti. Ci sono tante componenti, ma avere un rapporto umano con il tuo agente è la base. Soprattutto con il tuo agente. Dopo il primo approccio con un’agenzia, ho cercato qualcosa di diverso e sono arrivato ad essere rappresentato dall’agente di oggi. Lo ritengo un amico e anche una guida”.
Come ti accorgi che la strada è quella giusta al di là di tutte le promesse che vengono fatte in questo mondo?
“Il mio mantra è ‘Credi in ciò che non è, come se fosse, finché non diviene’. Me lo ripeto sempre, soprattutto nei momenti difficili, perchè questo è un lavoro in cui la strada giusta vada costruita giorno dopo giorno. Questo è un lavoro che ti mette di fronte ai tuoi punti di forza, ma anche al cospetto dei tuoi punti deboli. Ti insegna una serie di cose di te stesso che, molto spesso, neanche conosci: l’umiltà e il sacrificio sono due caratteristiche fondamentali. Questo mestiere ti mette a nudo anche sul piano emotivo e confrontarti sempre con incognite diverse. La strada più giusta, forse, è quella di non mollare mai con una buona dose di realismo. Anche un po’ cinico, ma aiuta ad andare avanti. Fino a quando fare questo lavoro mi rende felice, io continuerò a crederci. La domanda che ti devi fare è: “Quanto quello che sto facendo mi rende la vita migliore?”.
“Ringrazio sempre il Web per quello che mi ha dato”
Quanto ti ha aiutato il Web in questa ascesa?
“Io sarò sempre grato al Web, sono uno che non rinnega niente, anzi. Quello è ciò che mi ha fatto arrivare dove sono oggi (e ancora non mi ritengo arrivato), ma la cosa divertente è proprio questa. Magari ho lavorato con Verdone, ho lavorato con Borghi, ma la gente mi ferma per strada e sono sempre ‘Don Sa” di Serie Romanista. Quindi io dirò sempre grazie a questo universo della Rete, anche se quando l’ho fatta io era completamente diversa. Ormai parliamo di una decade fa e anche l’impronta che lasciava, forse, era più netta. Oggi escono molti più contenuti. Quindi forse lasciare un segno è più difficile”.
Adesso stai studiando da qualche parte per perfezionare le tue skills o hai altri metodi di approfondimento?
“Io cerco sempre di migliorarmi e imparare più cose possibili. Anche perchè questo è un lavoro in cui devi metterti sempre in gioco, l’abbiamo detto finora. Quando posso cerco di frequentare corsi e masterclass, ma la mia dev’essere anche una rincorsa conscia al successo. Io non posso più studiare come avrei voluto per una serie di motivazioni che fanno anche i conti con la vita privata. Il tempo è quello che è, quindi se mi chiedi se mi sarebbe piaciuto studiare di più da giovane per diventare attore ti dico assolutamente sì. Io non ho mai avuto una vocazione, ma credo proprio che ora la mia strada sia questa e farò il massimo possibile per continuare a percorrerla. Alcune masterclass a cui ho partecipato mi hanno fatto scoprire emozioni e aspetti di me stesso che non pensavo di avere”.
Finora ti hanno sempre dato ruoli molto simili: qual è il ruolo che ti piacerebbe interpretare se potessi scegliere?
“Inevitabilmente se hai una determinata impostazione e una certa fisicità, vieni un po’ catalogato in certi settori. Credo sia anche normale: nel mio caso, se non fai la guardia, fai il ladro, se non fai il buttafuori, fai il cravattaro (strozzino ndr) e così via. (Ride ndr). Sicuramente ti aiuta inizialmente, però non nascondo che vorrei trovare un progetto che metta al centro anche peculiarità diverse di me stesso, non mi sto lamentando, ben venga tutto quello che ho fatto e che farò da qui in avanti. Certo sarebbe una bella sfida cimentarsi anche in qualcosa che è altro da sé”.
Sei più comico o drammatico?
“Io credo sempre che far ridere sia molto più difficile. Inevitabilmente mi piacerebbe cimentarmi con qualcosa di più leggero, ma quando ti arriva un copione capisci bene che far ridere davvero è molto più difficile. Siamo in un periodo in cui rimaniamo tutti un po’ orfani della risata di cuore. Io so’ antico in questo, ma credo che oggi strappare un sorriso verace – sul set, ma anche su un palco – sia davvero complicato perchè, purtroppo, si ride meno”.
Quindi possiamo dire che Leonardo Bocci non ti fa ridere?
“No, assolutamente (ride ndr), Leonardo è un amico. Fa bene a fare quello che gli riesce, abbiamo condiviso e condividiamo cose importanti insieme. Lo ritengo molto bravo nel suo ambito, ma mi fa più ridere nella vita (ride ndr). Io sono molto schietto anche con lui. Se c’è qualcosa che non mi piace, glielo dico senza problemi”.
“Sogno un altro red carpet a Venezia”
Com’è stato lavorare con i tuoi idoli?
“Sicuramente è stata un’esperienza bellissima. Sono molto legato a Verdone, ma anche a Borghi. Quando li vedi lavorare impari moltissimo. Anche semplicemente quando si muovono sul set, sono davvero dei fuoriclasse. Ti tramandano cose che ti porterai dietro sempre, come la costruzione di una scena e la gestione delle inquadrature. Ricordi bellissimi che ho avuto e ancora ho perchè di recente abbiamo lavorato a un progetto con Marco (Giallini ndr) e anche lui mi ha dato tanto. Non posso dire ancora nulla, ma sto avendo belle soddisfazioni“.
A proposito di soddisfazioni: arrivare a Venezia com’è stato?
“Me lo ricordo con molta umiltà e incredulità. Una sensazione bella, ma allo stesso tempo parziale. Era una Venezia contingentata, c’erano tante limitazioni per via del Covid. Mi sento come se avessi vissuto una storia a metà, spero di ritornarci con altri progetti ugualmente importanti per vivere appieno un ambiente bellissimo come quello”.
Magari con un remake dei Soprano: la tua serie preferita…
“Io mi taglierei un braccio per partecipare a un remake simile (ride ndr). Tu sei molto attento a quello che metto sui social, ma Gandolfini (che purtroppo non c’è più) per me è uno degli attori più completi e quella serie resta un capolavoro assoluto sotto molti punti di vista. Se qualcuno volesse farne una versione italiana, ci sono in qualsiasi ruolo”.
“Non soffro di ‘fenomenite’ da social”
Restando in tema di ruoli: quanto conta il racconto social?
“Io credo che chi si espone debba fare anche i conti con l’universo online. Questo ti regala anche qualche critica, ma fa parte del gioco. Personalmente il mio racconto social non è volto esclusivamente a promuovermi. Preferisco sempre mostrarmi per come sono: questo significa anche aprirsi al proprio pubblico. Non faccio, né mi sento, il fenomeno. Questo vuol dire che, fin quando arrivano critiche costruttive, ben vengano. Altrimenti rispondo pan per focaccia. Soprattutto quando noto la maleducazione o l’odio da tastiera più becero. Sui social mi piace espormi in maniera goliardica e genuina, senza prendermi troppo sul serio”.
Quindi riusciamo a strapparti un incontro prossimamente?
“Nella maniera più assoluta. È stato un piacere raccontarmi a voi del Corriere della Città. Essere associato a questa città anche attraverso un giornale di riferimento come il vostro è solo un onore. Oltretutto anche per una questione di colori, non penso che la gente potesse aspettarsi che tifassi Atalanta, diciamo (ride ndr). In special modo per quello che pubblico sui social, per tornare al discorso di prima. Grazie mille e ci risentiamo appena possibile per raccontarvi nuovi progetti in streaming e non solo”.