Gestivano una vera e propria “fabbrica” per la creazione di criptovalute ma per alimentarla, considerando l’ingente costo economico da sostenere, avevano pensato bene di allacciarsi (abusivamente) alla rete pubblica. Causando così un danno economico da mezzo milione di euro.
All’indomani della maxi operazione che ha portato al sequestro di 776 milioni di criptovalute (dal controvalore di circa 63 milioni di euro, ndr) ai Castelli Romani, si scopre che sul litorale tre persone avevano allestito un’altra fabbrica informatica per “scavare” monete digitali. Il problema è che, per alimentarla, sfruttavano allacci abusivi: e non da poco, bensì da almeno tre anni generando un “mostruoso” danno economico.
La scoperta a Mezzocammino
In particolare, i Carabinieri hanno scoperto che i tre soggetti avevano in uso due locali cantine di un complesso residenziale ubicato in largo Jacovitti, a Mezzocammino, dove avevano realizzato tre allacci abusivi alla rete elettrica “ARETI” che servivano ad alimentare alcuni dispositivi informatici utili all’attività di c.d. “mining” per la creazione di criptovalute.
Ebbene, a seguito di ulteriori verifiche è emerso che gli indagati, a decorrere dal 2019, hanno asportato indebitamente energia elettrica per un danno economico pari a 558.145 euro. Il suddetto materiale informatico è stato sequestrato mentre i tre – tutti cittadini romani, una coppia di 63 e 61 anni, e un 28enne – sono stati denunciati a piede libero. Adesso devono rispondere di furto aggravato in concorso di energia elettrica.