Le due psicologhe sono state iscritte nel registro degli indagati con l’accusa di falso e favoreggiamento, nell’ambito del secondo filone d’indagine del caso Alessia Pifferi, la 38enne accusata di aver lasciato morire di stenti la piccola Diana, lasciandola sola in casa per sei giorni.
Questa seconda tranche di indagine ipotizza una “manipolazione” da parte delle professioniste indagate, per aiutare l’imputata a ottenere una perizia psichiatrica.
Le psicologhe del caso Pifferi non rispondono al pm
Hanno scelto di non rispondere alle domande del pubblico ministero le due psicologhe iscritte nel registro degli indagati con l’accusa di falso e di favoreggiamento nel secondo filone d’indagine del caso Alessia Pifferi, la 38enne milanese accusata di aver lasciato morire di stenti la figlia di 16 mesi, lasciandola da sola in casa per sei giorni.
Le due psicologhe sono indagate insieme ad altre due colleghe e all’avvocatessa della Pifferi. Questa mattina è stata ascoltata la prima professionista indagata, che però ha scelto di fare scena muta al cospetto del pm. Come lei si è mossa anche la seconda collega indagata, che – convocata per questo pomeriggio – si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Anche le altre due colleghe indagate non avevano risposto agli interrogatori tenutisi nei mesi scorsi.
Secondo chi indaga, le professioniste avrebbero manipolato Alessia Pifferi per aiutare l’imputata a ottenere una perizia psichiatrica.
La “mossa” dei legali di Alessia Pifferi
Intanto, la difesa di Alessia Pifferi ha raccolto dei documenti scolastici che dimostrerebbero che la 38enne aveva l’insegnante di sostegno quando frequentava le scuole medie. Il prossimo 12 aprile si terrà la nuova udienza del processo che vede imputata la 38enne, accusata di aver lasciato da sola in casa la figlia di 16 mesi, mentre lei si trovava a Leffe, in compagnia del suo uomo. Nella prossima udienza, il difensore della Pifferi chiederà che, la perizia che ha già stabilito che la sua assistita è capace di intendere e di volere, venga ulteriormente integrata.
Intanto, come riferisce l’Ansa, dagli accertamenti del pubblico ministero, una delle psicologhe indagate, in servizio all’ospedale San Paolo e nel carcere di San Vittore, avrebbe predisposto “i relativi protocolli con i ‘punteggi già inseriti'” nel test di Wais, da cui emerse un grave deficit cognitivo dell’imputata. Gli inquirenti avrebbero anche recuperato, pare, il documento precompilato con i punteggi.