Pupi Avati incontra gli studenti dell’Istituto Giulio Cesare a Sabaudia. La presentazione dell’Alta Fantasia ha colpito nel segno.
L’importanza di essere Pupi. Il regista Pupi Avati incontra gli studenti dell’Istituto Giulio Cesare a Sabaudia in occasione della presentazione del libro l’Alta Fantasia che rappresenta uno spaccato di vita e tempi che non ci sono più: Avati, cinema e non solo. In questa biografia racconta in maniera intima e toccante gli aspetti principali della propria carriera, estro e sublimazione con la voglia di fare la differenza.
La settima arte, come insegna anche Sorrentino, può essere maestra di vita e sostituire momenti non proprio impeccabili. Al pari di una sorta di lenitivo che serve a mettere in mostra il modo in cui si può guarire dalle avversità della vita: superare i momenti peggiori aiuta a crescere, deve però esserci la volontà di guardare avanti.
Pupi Avati a Sabaudia: incontro con gli studenti
O guardare Avati, dipende dalla percezione. Gli studenti dell’Istituto hanno recepito ogni aspetto nel migliore dei modi e forse si portano a casa un bagaglio di esperienza non indifferente, plauso anche del noto regista che dichiara: “È stata un’occasione unica, esperienza che rifarei subito. Dalle nuove generazioni mi sento capito”.
La comprensione come valore aggiunto e benzina per un regista che, dopo aver detto tanto, ha ancora voglia di esprimersi. Non solo dietro la macchina da presa. Per questo avere una visione d’insieme è fondamentale. Arrivare a dialogare amabilmente con le nuove generazioni assicura uno sguardo sul futuro che molti non hanno, i motivi vanno dall’intensità alla prospettiva del mondo che cambia.
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La scommessa sul futuro
Avati resta nel suo universo, ma per vedere cosa c’è dopo preferisce farsi accompagnare dalla freschezza e lo stupore dei fanciulli. Dopo “Il figlio più piccolo” si riscopre il valore dell’amore, anche attraverso un paio d’occhi sognanti che immaginano e comprendono un’epoca che, purtroppo o per fortuna, non tornerà più