Davvero difficile dire quanto fosse grande l’antica Roma. Seppure si trattava di una domanda ricorrente, al punto che Settimio Severo, tra il 203 e il 211, ha fatto realizzare una pianta di marmo che ricostruiva nel dettaglio l’antica Roma. Un’opera utile a cercare di definire il territorio e tracciarne i confini. Fu definita: ‘Forma Urbis Romae’ e i suoi resti si trovano ora collocati all’interno dell’ex Palestra della Gioventù Italiana del Littorio, il Museo della Forma Urbis .
Si tratta di un’opera imponente di circa 43 per 61 piedi romani, ossia 13 metri di altezza per 18 di larghezza di centocinquanta lastre di marmo. Era stata allestita su una parete del Tempio della Pace. ma quello stesso muro è stato poi utilizzato per erigere la Basilica dei Santi Cosma e Damiano.
Una ricostruzione precisa di edifici, colonnati e scale di Roma
Prodotta in una scala 1:240 riportava precisamente edifici, colonnati e scale della Capitale. Seppure si ritiene che non fosse la prima ricostruzione di Roma, si attribuisce, infatti, a Vespasiano la realizzazione di un’altra mappa marmorea, antecedente che sarebbe, in seguito, stata sostituita da quella di Settimio Severo.
La datazione della Forma Urbis
Gli storici hanno cercato di datare la Forma Urbis e con certezza hanno ritenuto che fosse antecedente al 211, anno nel quale morì Settimio Severo, capostipite dei Severi e papà di Caracalla che risultano riportati proprio sulla maestosa opera come regnanti all’epoca della realizzazione.
Un’imponente opera che aveva anche la funzione di documentazione catastale
Sembra che questa pianta in marmo della città, fungesse anche da documentazione catastale, visto che oltre alla precisa riproduzione degli immobili situati a Roma, con tanto di dimensioni, sembra ci fossero indicati anche i proprietari. La fantastica scoperta di questa piantina risale alla seconda metà del 500 quando furono effettuati lavori di ristrutturazione della chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Un intervento che era stato commissionato da Pio IV all’architetto Giovanni Antonio Dosio.
Fu scoperta nel corso dei lavori di ristrutturazione della chiesa dei Santi Cosma e Damiano
In quell’occasione sembrerebbe che alcune delle lastre che componevano la Forma Urbis siano state trovare ancora affisse sulla parete che l’aveva ospitata in origine. Purtroppo non tutta la pianta è arrivata fino ai nostri giorni perché una parte di essa sarebbe andata persa nell’allestimento del museo che ora ospita la mappa severiana e dove sono ancora visibili i resti.