La Corte dei Conti ritiene che dietro l’affare dei 28mila cassonetti noleggiati da Ama ci sia un danno erariale di poco inferiore ai 20mila euro e pertanto ha citato i vertici della ditta che gestiva i rifiuti all’epoca dei fatti, nel 2010, a risarcire la somma.
La Procura presso il giudice contabile, me riporta il Corriere della Sera, ritiene ci sia stata colpa gravissima da parte dei dirigenti della società municipalizzata, nel periodo in cui a sedere sullo scranno più alto del Campidoglio, c’era Gianni Alemanno.
L’accordo tra le due ditte sarebbe avvenuto senza gara
L’accordo tra le due ditte avviene senza gara, dagli accertamenti svolti dai giudici contabili, e prevedeva oltre al fornimento dei cassonetti, anche la loro manutenzione. Ma, nel tempo, è stato constatato che nessuno si sarebbe mai occupato della loro gestione, non sarebbero stati mani né svuotati, né puliti. Rilevato lo stato di abbandono nel quale versavano sarebbe scaturita l’indagine successiva che ha accertato che la spesa sarebbe stata notevolmente superiore ai benefici.
Il contratto con banche ha fatto levitare i passivi di Ama
Ma non si tratterebbe dell’unico accertamento dovuto ad errori dei vertici Ama, perché la municipalizzata è finita ancora una volta nel mirino della Corte dei Conti per un contratto con istituti bancari dal quale sarebbero scaturiti cospicui passivi, anche se stavolta si parla di importi assai più contenuti che si aggirano di poco oltre i 5 milioni di euro.
Le consulenze esterne affidare senza evidenza pubblica
Nel fascicolo di indagine della giustizia contabile ci sarebbe, però, anche dell’altro, stavolta relativamente agli incarichi conferiti a professionisti esterni. In questo caso si tratterebbe di consulenze affidate senza evidenza pubblica che avrebbero portato a un’ulteriore spesa di 361mila euro.