I legali di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio della 13enne di Brembate Sopra, hanno definito “folle” la sentenza della Corte di Cassazione.
Al centro della querelle giudiziaria le 54 provette contenenti tracce miste del Dna di “Ignoto 1” e della piccola Yara. Il Dna oggetto di analisi è stato rinvenuto sui leggings, sulle scarpe, sul giubbotto e sugli slip della 13enne, scomparsa il pomeriggio del 26 novembre 2010 a pochi metri da casa. Il corpo di Yara Gambirasio fu ritrovato tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, in un campo a Chignolo d’Isola, poco distante dal luogo della tragedia.
La Cassazione boccia il riesame sui reperti di Yara Gambirasio
La corte di Cassazione ha giudicato inammissibile l’istanza con cui i legali di Massimo Bossetti – il muratore di Mapello condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio – avevano chiesto un’analisi più approfondita sui reperti che inchioderebbero il loro assistito. Nello specifico, si tratta delle 54 provette contenenti il Dna di “Ignoto 1” che è stato ritrovato sugli indumenti e sulle scarpe della 13enne, trovata senza vita il 26 febbraio del 2011, in un campo di Chignolo d’Isola.
I legali di Massimo Bossetti hanno definito “folle” la sentenza della Corte di cassazione di Milano. “I poteri forti vincono sempre” ha detto uno degli avvocati del muratore di Mapello.
L’omicidio della piccola Yara e il ritrovamento del corpo
La piccola Yara scomparve la sera del 26 novembre del 2010, nel tragitto da casa alla palestra in cui si allenava, a Brembate di Sopra, piccolo comune in provincia di Bergamo. Quando il corpo della ragazzina fu ritrovato da un passante, tre mesi dopo la sua scomparsa, l’esame autoptico accertò che a uccidere Yara non furono soltanto le ferite inferte con un’arma da taglio, ma anche la condizione in cui era stata abbandonata: all’addiaccio, senza cibo né acqua.