“Nun c’è trippa per gatti” a Roma: andiamo alla scoperta del famoso detto molto utilizzato nella Città Eterna.
Come abbiamo visto in precedenti articoli sulla romanità di questo giornale, sono molteplici i detti dialettici ancora vivi all’interno di Roma. Tra i più comuni troviamo il “nun c’è trippa per gatti”, che probabilmente a livello linguistico è anche il termine più giovane degli altri detti gergali che vivono nel patrimonio linguistico, e quindi anche culturale, della Città Eterna.
Nun c’è trippa per gatti: cosa significa
Secondo la tradizione romana, l’utilizzo di “nun c’è trippa per gatti” ha un preciso ruolo lessicale. Con queste parole si indica una condizione che non può essere modificata, una condizione che non può essere alternata o migliorata in nessun modo. È anche l’espressione come, a livello di benefici, su una determinata tematica non ce ne sia per nessuna persona.
Le origini della terminologia nella cultura romana
Per tornare alle origini del “nun c’è trippa per gatti”, per una volta non dobbiamo sfogliare libri della mitologia classica e tantomeno trasformazioni epocali dalla terminologia latina. Come suggerito, la nascita del termine è recente, con la parola che cominciò a prendere piede all’inizio del ‘900, oltretutto in un ambito del tutto impensabile: la politica di Roma.
La storia del termine viene dal Campidoglio
Ma come si può coniugare questa parola alla politica di Roma? Qui dobbiamo ripescare le leggende legate alla Città Eterna e i suoi Sindaci che si sono succeduti nella storia, con ognuno che è finito ricordato per delle particolarità dell’epoca. In tal senso oggi andiamo a scoprire come il fatto sia collegato al sindaco Ernesto Nathan, che guidò la Città Eterna tra il 1907 e il 1913 con l’appoggio dell’area repubblicana.
La leggenda attorno all’ex Sindaco di Roma
Secondo la leggenda, Nathan durante la sua consiliatura boccò uno stanziamento di fondi per sfamare i gatti di Roma. Infatti all’inizio del ‘900 il mangiare dei mici veniva erogato dalle casse comunali, che utilizzavano questi animali per tenere lontano i topi dai luoghi pubblici e vissuti della Città Eterna: uffici del Comune, biblioteche, piazze dove si riunivano i cittadini.
Il taglio dei fondi al mangiare dei gatti
Per chi conosce la storia contemporanea di Roma, avrà studiato come Ernesto Nathan si rivelò come il Sindaco dei tagli al bilancio per la Città. Tra le spese che tagliò, tra l’altro, vi fu anche quella del mangiare ai gatti delle colonie cittadine.
Politicamente il taglio della spesa avvenne per gli ingenti costi, o almeno così la giustificò il Primo Cittadino repubblicano. Infatti oltre al mangiare dei felini, Roma finanziava anche una figura che gli portava il cibo: il “carnacciaro”, che potremmo definire l’antenato dell’attuale “gattaro”, ovvero colui che porta da mangiare ai gatti randagi.
Nun c’è trippa per gatti: la parola viene coniata
Ernesto Nathan utilizzò la parola “nun c’è trippa per gatti” per la prima volta dopo un taglio di bilancio, quando bocciò le spese inerenti alla voce “frattaglie per gatti”. Sui registri comunali che riportarono la manovra di economia locale, l’ex Sindaco commentò con la frase: “Non c’è trippa per gatti”.